COSENZA Sfuggito all’inchiesta denominata “Athena“, questa mattina è finita la latitanza di Leonardo Nino Abbruzzese alias “Castellino”. Il 38enne cassanese, al termine di complesse indagini, è stato arrestato dai carabinieri del comando provinciale di Cosenza (qui la notizia).
Da quanto emerso nell’inchiesta denominata “Athena”, Leonardo Abbruzzese è ritenuto «partecipe» del sodalizio criminale degli “Zingari” che opera nella Sibaritide, col compito di veicolare «le disposizioni del capo Nicola Abbruzzese e, più in generale, di favorire la circolarità delle informazioni tra il suddetto e alcuni membri dell’associazione». Per chi indaga, l’ex latitante è un portatore di ‘mbasciate per conto del clan: un messaggero di comunicazioni tra i membri del sodalizio e il reggente della cosca alias “Semiasse”. Quest’ultimo avrebbe affidato il compito a “Castellino” di «veicolare informazioni agli altri compartecipi, spesso chiedendogli di convocare soggetti che bisognava incontrare, anche per sbrigare questioni legate agli stupefacenti».
La droga è solo uno degli asset principali del corposo core business del clan degli “Zingari” di Lauropoli. Gli uomini del gruppo criminale non avrebbero effettuato «chiamate estorsive di tipo tradizionale», preferendo una linea decisamente meno aggressiva ma altrettanto utile a raggiungere l’obiettivo: lucrare sulle spalle di commercianti e imprenditori. Gli imprenditori a cui estorcere la merce – come si apprende dall’inchiesta “Athena” – sono tutti conosciuti personalmente dagli Zingari e, nello specifico, da Leonardo Abbruzzese «deputato a contattarli per sondarne la disponibilità a concedere i prodotti delle loro aziende». Emblematica, in ordine al modus operandi dei membri della cosca Abbruzzese, è una conversazione dalla quale emergerebbe il ruolo – da una parte – di Leonardo Abbruzzese «quale broker preposto a formulare le richieste ai vari imprenditori» e dall’altra di Rocco Abbruzzese «che, oltre a prelevare materialmente i bins di merce ottenuta presso le varie aziende agricole, si faceva anche carico di venderla a diversi commercianti. La vicenda riguarda una delle diverse estorsioni perpetrate dagli Zingari di Lauropoli nei confronti di imprenditori agricoli e, dalle numerose attività di intercettazione in atti, emerge come l’attività estorsiva si concretizzava nella consegna di frutta.
Nelle carte dell’inchiesta denominata “Athena“, coordinata della Dda di Catanzaro, compare anche una conversazione ambientale captata dagli investigatori che cristallizza la presenza all’interno di un locale di Leonardo Abbruzzese in compagnia di altri due soggetti (leggi qui). I tre chiacchierano di argomenti apparentemente futili quando all’improvviso Abbruzzese abbassa la voce e, rivolgendosi ad uno degli interlocutori, chiede di trovare un luogo idoneo a nascondere dei «pezzi». Secondo chi indaga, si tratta di armi. «Dobbiamo conservare un poco di pezzi puliti», ribadisce Abbruzzese. (f.b.)
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