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Mangiardi: «La ‘Ndrangheta investe nel resto d’Italia perché non può farlo in Calabria»

L’imprenditore e testimone di giustizia è stato ospite di Libera a Sanremo. «Sappiamo chi sono, dobbiamo contrastarli con tutti i mezzi»

Pubblicato il: 07/11/2023 – 12:18
Mangiardi: «La ‘Ndrangheta investe nel resto d’Italia perché non può farlo in Calabria»

SANREMO «Da qualche anno vengo a parlare con i giovani di questa regione, ci vengo con piacere, cerchiamo di seminare speranza. Diciamo loro che la ’ndrangheta non esiste solo in Calabria, dove stiamo cercando di contrastarla con tutti i mezzi». Le parole che Rocco Mangiardi, imprenditore e testimone di giustizia lametino, ha rivolto ieri alla Federazione operaia Sanremo e ai ragazzi del Presidio “Libera” Rosario Livatino e degli Amici del Liceo Cassini, sono state calde, potenti. A riportare il suo incontro in terra ligure è sanremonews.it. «C’è in corso in Calabria – ha detto Mangiardi – il processo “Rinascita Scott”, uno dei più grandi dopo quello di Palermo, la magistratura sta facendo un buon lavoro”, si tratta del maxi-processo in cui il procuratore Gratteri e i suoi sostituti hanno chiesto condanne per 322 imputati, fino a 4.744 anni di carcere. In Calabria le cose sono cambiate, ogni giorno ci sono confische, arresti, noi ormai li conosciamo, sappiamo chi sono, ma sono pieni di soldi e non potendo investire da noi lo fanno nel resto d’Italia. Andiamo in queste regioni per dare consapevolezza di questo fatto».

La storia dei Rocco Mangiardi

La vita di Rocco Mangiardi è cambiata nel 2006 quando due uomini si sono presentati nel suo negozio di autoricambi a Lamezia pretendendo 1.200 euro per continuare a svolgere tranquillamente il suo lavoro. «1.200 euro – ha detto l’uomo a Sanremo – era lo stipendio di un mio dipendente, non era giusto dare quei soldi a un uomo che li avrebbe usati per ammazzare qualcuno». È così quegli uomini Rocco li ha denunciati e successivamente è diventato testimone di giustizia. Gli è stata affidata la scorta e la vita della sua famiglia è cambiata. «Io e la mia famiglia – ha detto – siamo persone libere, non sarebbe lo stesso se avessimo ceduto alle loro richieste». La sua testimonianza ha portato alla condanna del boss Pasquale Giampà. «Si è presentato nella aula del tribunale “imbruttito” – ha ricordato Mangiardi – un consiglio dell’avvocato per non farsi riconoscere, ma una persona cattiva la si riconosce anche al buio. Gli ho puntato il dito contro, non sapeva come nascondersi, hanno paura che un uomo “piccolo piccolo”, un cittadino qualsiasi dica “sei stato tu”. Era sorpreso, dicono che sia stata la prima volta che in Calabria un imprenditore abbia preso posizione in tribunale».

Foto di copertina tratta da sanremonews.it

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