CATANZARO Condannato, poi assolto. Condannato e ancora assolto. Assomiglia ad un giro sulle montagne russe la storia giudiziaria di Michele Fiorillo alias “’U Zarrillo”. Figlio di Pino (ferito in un agguato avvenuto nel ’95 a Briatico insieme a Saverio Razionale) il classe ‘86 è considerato un esponente di vertice del locale di ‘ndrangheta di Piscopio, unico del Vibonese ad essere riconosciuto dal “Crimine” di Polsi. Un nome di peso e di spessore, dunque, quello di Michele Fiorillo nell’ambito della criminalità organizzata, ricorrente da diversi anni in numerosi procedimenti scaturiti dalle inchieste condotte dalla Distrettuale antimafia di Catanzaro, ma non solo.
Negli anni “’U Zarrillo”, difeso dall’avvocato Diego Brancia, è riuscito in molte occasioni a ribaltare le sentenze e a collezionare assoluzioni. L’ultima, solo in ordine di tempo, quella incassata al termine dell’appello del troncone dell’abbreviato di “Rinascita-Scott”. La lettura del dispositivo da parte della presidente Caterina Capitò ha cristallizzato il nuovo “ribaltone” per Fiorillo. Assolto «per non aver commesso il fatto». In primo grado, invece, era stato condannato a 5 anni di reclusione. Il reato contestato a “’U Zarrillo” in Rinascita-Scott, nel frattempo scarcerato dal Tribunale della Libertà ritenendo il fatto insussistente, è legato essenzialmente ad un’estorsione aggravata in concorso con Paolo Lo Bianco e Orazio Lo Bianco, per l’acquisizione di alcuni biglietti omaggio per gli spettacoli di un circo. La difesa di Michele Fiorillo, attraverso una propria consulenza, è riuscita a far emergere alcune importanti incongruenze in riferimento ad una conversazione dei tre, risalente al 6 luglio del 2018, intercettata attraverso un trojan inserito nel telefono di Orazio Lo Bianco e trascritta. «(…) i bijetti i chi?» ha chiesto Fiorillo ad Orazio Lo Bianco che risponde: «del circo». «Ma stai cujunijandu? Che cazzo» risponde ancora Fiorillo, frasi assenti nella trascrizione della polizia giudiziaria. E poi un altro passaggio chiave, l’espressione di Fiorillo: «(…) no, no no… se ci sono… altrimenti vanno e pagano» che, secondo la memoria difensiva, lascia intendere il non coinvolgimento di Fiorillo. Una frase che, per ammissione dello stesso gup Paris, dunque, non era mai stata pronunciata da “‘U Zarrillo”.
Agli atti della maxinchiesta “Rinascita-Scott” ci sono, poi, le dichiarazioni dei pentiti, tra cui Raffaele Moscato. «Ho fatto parte del gruppo dei Piscopisani insieme a Nazzareno Fiorillo che ne era il capo» ha detto Moscato «Giuseppe Galati era il Capo-Società, Michele Fiorillo era il contabile, Rosario Battaglia era il mastro di giornata, Rosario Fiorillo ed io. Tutti quelli che ho menzionato, me compreso, avevamo la dote del “Vangelo”. Tutti quelli che ho indicato fanno parte della Società Maggiore nell’ambito del locale. Sono stati battezzati in carcere Antonio Franzè e Salvatore Mazzotta, anch’essi appartenenti alla “Maggiore”. Ci sono poi tutti quelli che appartengono alla Società minore». Significative poi, le dichiarazioni di Andrea Mantella. «Quanto al gruppo dei Piscopisani, il cui locale è stato aperto recentemente, come ho già riferito, grazie a Franco D’Onofrio e ai Commisso, posso affermare che ne facevano parte in passato, il capo che era il suocero di Pino D’Amico che ha la DM Petroli, credo si chiami D’Angelo detto “Cicciu a maculata”, Fiore Giamborino, padre di Giovanni e zio di Pietro, l’ex consigliere regionale. Mario Fiorillo, quello che è stato ucciso, Piperno detto “Ruzzu Tanguni “, un tale che noi chiamavamo “Micu Revolver”, Pino Fiorillo, padre di Michele detto “Zarrillo” che è stato sparato nella casa assieme a Saverio Razionale. Questa era la vecchia guardia dei Piscopisani».
Una prima condanna Michele Fiorillo l’aveva incassata al termine del processo nato dall’operazione “Crimine”: 8 anni per il reato di associazione mafiosa. In quella occasione “’U Zarrillo” era stato considerato un «partecipe attivo» del locale di ‘ndrangheta di Piscopio, con la presenza a riunioni di mafia, l’esecuzione delle direttive dei vertici della “Società” reggina, «riconoscendo e rispettando le gerarchie e le regole interne al sodalizio». Era stato poi scarcerato per decorrenza dei termini a luglio del 2016 su disposizione della prima sezione penale della Corte d’Appello di Reggio Calabria. In quell’occasione dall’inchiesta erano emersi alcuni elementi significativi circa il “peso” di Michele Fiorillo nel locale di Piscopio e i legami con le più importanti famiglie di ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria come i Commisso di Siderno, gli Aquino di Gioiosa Jonica ed i Pelle di San Luca. In particolare, Giuseppe Commisso avrebbe preso parte il 6 settembre 2009 ai festeggiamenti per il matrimonio di Michele Fiorillo che si sarebbero tenuti il giorno seguente al ristorante “Hotel 501” di Vibo Valentia. Al banchetto nuziale, sempre per quanto emerso dalle parole degli interlocutori, avrebbero dovuto partecipare anche Cosimo Commisso (cl ’88), Francesco Commisso (cl. ’86) alias “Ciccio di Cosimino”, Rocco Aquino (cl. ’60), Salvatore Giuseppe Galati (cl. ’64), Francesco D’Onofrio (cl. ’55), Giuseppe Marvelli (cl. ’53) nonché alcuni rappresentanti delle famiglie “Pelle” e “Giorgi” di San Luca. In quell’occasione, inoltre, doveva essere comunicata la decisione per la prossima assegnazione della “Santa” proprio per Michele Fiorillo, Salvatore Giuseppe Galati detto “Pino” (cl. ’64) per “compare Franco” e altri soggetti della criminalità vibonese non meglio precisati.
Ma, quella rimediata quest’anno in “Rinascita-Scott” non è la prima assoluzione del 2023. Già ad aprile, infatti, il classe ’86 era stato assolto «per non aver commesso il fatto» questa volta dai giudici della Corte d’Assise di Catanzaro, insieme a Rosario Battaglia. Entrambi erano considerati dall’accusa e dal pm della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Andrea Buzzelli, i responsabili dell’omicidio di Antonio De Pietro avvenuto l’11 aprile del 2005 a Piscopio, nel Vibonese, nei pressi del cimitero. Anche in questa occasione, dunque, era crollato l’impianto accusatorio secondo il quale sia Michele Fiorillo che Battaglia «avevano progetto i piano omicidiario per aiutare il giovane Fiorillo a lavare l’onta del disonore». Secondo il collaboratore di giustizia Andrea Mantella, entrambi «erano presenti sulla scena del crimine» ed erano «pronti ad intervenire in caso il giovane Rosario Fiorillo non avesse avuto il “coraggio” di uccidere De Pietro».
Sempre nel 2023, a gennaio, la Corte d’Appello di Catanzaro aveva invece ribaltato la prima sentenza di un altro importante processo. Si tratta di “Rimpiazzo” nato dall’omonima operazione di polizia ritenuta il prologo di “Rinascita Scott”, condotta contro i componenti della cosiddetta “Società” di Piscopio. Secondo l’inchiesta, inoltre, i Piscopisani puntavano a scalzare i potenti Mancuso di Limbadi dal capoluogo vibonese e dalle frazioni marine sfruttando il fatto che molti rappresentati dei Mancuso fossero in carcere. Michele Fiorillo “Zarrillo” era stato assolto dal gup in primo grado, ma in appello era stato condannato a 12 anni di carcere. Ma tutto può cambiare nel nuovo appello: l’assoluzione rimediata in Rinascita-Scott, infatti, potrebbe portare ad un nuovo ribaltamento anche in Rimpiazzo. (g.curcio@corrierecal.it)
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