La mente va subito a Nicodemo Librandi, patriarca della vitivinicoltura calabrese che di certo avrebbe accolto con gioia la notizia del riconoscimento della Docg Cirò Classico. Della Denominazione di origine controllata e garantita si parla da anni, lui stesso diede grandi contributi a discussioni e confronti, da ultimo in una verticale di Gaglioppo rosato tenuta in fase post-lockdown al Museo del vino di Cirò.
A pensarci bene, anche la sede del “pubblico accertamento” per il riconoscimento della Docg Cirò Classico (la sala di Borgo Saverona a Cirò Marina) riporterà alla mente le tante iniziative in cui – magari con l’enologo Donato Lanati a fare da cerimoniere – le bottiglie, e le storie e le passioni delle persone che ci stavano dietro, diventavano protagoniste di un racconto sempre coinvolgente.
L’appuntamento stavolta è per giovedì 16 novembre alle 17, quando due funzionari del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste (Masaf) e Francesco Ferreri in rappresentanza del Comitato Vini Dop e Igp daranno il via a un evento che potrebbe rappresentare un punto di svolta per la storia vinicola della Calabria. A organizzare è il Consorzio tutela e valorizzazione dei vini Doc Cirò e Melissa.
«Oggi, la Doc Cirò rappresenta Circa l’80% del vino calabrese. Il potenziale produttivo del distretto, che conta 530 ettari (nei quattro Comuni di Cirò, Cirò Marina, Melissa e Crucoli), con 300 viticoltori e 60 cantine, è di oltre 3 milioni di bottiglie (3,1 quelle certificate nel 2018). La Docg dovrebbe essere costituita da un 5-10% dei volumi totali imbottigliati», scriveva quasi 5 anni fa il portale Vinocalabrese.it annunciando la svolta Docg come per imminente.
«L’attuale zona del Cirò classico, riservata ai territori di Cirò e Cirò Marina, dovrebbe diventare l’area della nuova Docg Cirò rosso superiore riserva – argomentava ancora il portale di settore –. Le cantine hanno questa esigenza e hanno deciso di muoversi sempre di più nel percorso di valorizzazione del vitigno Gaglioppo, che passa dall’80% al 90%, si riduce la quota degli altri concorrenti che dovranno comunque essere vitigni autoctoni come Magliocco e Greco nero. L’imbottigliamento sarà obbligatorio nella zona di produzione. La filiera della Doc Cirò e Melissa è composta prevalentemente da piccole e medie aziende e il prodotto che genera è assorbito per il 65% dei volumi dall’Italia e all’estero la penetrazione commerciale è concentrata sui mercati più maturi».
La Doc Cirò fu una delle prime istituite in Calabria (1969), seguita da Donnici, Pollino e Savuto (1975) e poi da tutte le altre. Negli anni – grazie a pionieri come Librandi e Ceraudo e a grandi innovatori come gli ex Cirò Boys poi Cirò Revolution (Francesco De Franco, Cataldo Calabretta, Sergio Arcuri…) – il vino del Cirotano ha varcato i confini regionali cercando di imporsi in un mercato difficile e orientato verso i grandi vitigni del nord, tanto nella ristorazione quanto nella grande distribuzione: il lavoro da fare è ancora tantissimo ma quello di giovedì prossimo è un passaggio decisivo verso risultati sempre più importanti.
Il riconoscimento al re dei vini calabresi si inscrive peraltro in un periodo d’oro per il Cirotano, alla vigilia dell’uscita – lunedì 13 novembre – del film “La festa del ritorno”, tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore originario di Carfizzi Carmine Abate, vincitore del Premio Campiello 2004 e del Premio Napoli: girato nel maggio 2022 tra i borghi e i territori di Cirò, Cirò Marina, Melissa, Carfizzi, Verzino e Crucoli, il film, coproduzione italo-francese, è un atto d’amore per un territorio unico eppure bistrattato, un tributo che Nicodemo Librandi avrebbe apprezzato bevendo un bel calice di rosso. Rigorosamente Cirò, finalmente Docg.
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