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il caso giudiziario

I giudici di Strasburgo ammettono il ricorso di Ionel Arsène contro la Romania

Ammesso alla Cedu, il ragionevole dubbio sulla effettiva persecuzione politica

Pubblicato il: 09/11/2023 – 17:52
I giudici di Strasburgo ammettono il ricorso di Ionel Arsène contro la Romania

ROMA Della vicenda di Ionel Arsène, diventata un caso giudiziario ci siamo già occupati (leggi qui). Nelle scorse ore, i giudici di Strasburgo hanno ammesso i motivi di ricorso di Arsene contro la Romania per violazione delle garanzie del giusto processo. Ammesso alla Cedu, il ragionevole subbio sulla effettiva persecuzione politica. Il 6 luglio 2023, la difesa di Ionel Arsène ha introdotto il ricorso alla C.E.D.U. avverso la sentenza definitiva ed in data 3.11.2023 la Corte di Strasburgo ha comunicato in via ufficiale che il ricorso è ricevibile.
I difensori di Arsene, gli avvocati Alfredo Gaito e Mario Antinucci, hanno spiegato che «a sentenza impugnata dinanzi alla Corte di Strasburgo è la decisione giudiziaria del 6.04.2022 del Tribunale di Bacau, definitiva il 10.03.2023 dopo la pronuncia della Corte d’appello di Brasov di condanna alla pena di anni sei e mesi otto di reclusione, in forza della quale la Corte d’appello di Bari ha deciso la consegna con sentenza del 12.10.23. Di seguito si riporta lo stralcio dei motivi ammessi dalla Corte di Strasburgo allo scrutinio di legalità del giusto processo contro Ionel Arsène, segno di ragionevole dubbio in merito alle violazioni delle garanzie del Giusto processo europeo subite dall’uomo politico, a tal punto pregiudicato dalle gravi violazioni dei Diritti Fondamentali da risultare, se le ragioni venissero poi confermate all’esito del giudizio europeo, vittima di una vera e propria persecuzione politica. In considerazione dello status di membro del Parlamento rumeno del ricorrente, ai sensi dell’articolo 40, paragrafo 1, e dell’articolo 48, paragrafo 1 bis, del Codice di procedura penale, il tribunale competente a trattare il caso sia in primo grado che in appello era la Corte di cassazione. Per quanto riguarda il diritto del ricorrente di chiedere la nullità dei verbali delle registrazioni ambientali (prove ottenute senza previa autorizzazione, dato che i quattro testimoni, uno dei quali era un informatore, erano dotati di tecnologia di registrazione e utilizzati non solo come testimoni ma come collaboratori). Il ricorrente non ha quindi potuto beneficiare di un doppio controllo giudiziario a questo proposito. Infatti, l’analisi della legittimità dei verbali delle registrazioni ambientali ottenute attraverso l’uso clandestino come collaboratori dei quattro testimoni dotati di apparecchiature tecniche di registrazione è stata effettuata, per la prima e ultima volta, il 23/01/2023 durante l’ultima udienza d’appello, quando il caso è stato frettolosamente preso in considerazione dalla Corte d’appello di Brasov. La decisione della Corte d’appello di Brasov è definitiva. Dopo oltre sei anni di indagini e processi, solo il 13/01/2023 la DNA ha ammesso alla Corte d’Appello di Brasov che i quattro testimoni contro il ricorrente, tra cui un informatore, erano stati dotati di tecnologia di registrazione ambientale. Il ricorrente è venuto a conoscenza dell’e-mail inviata dalla DNA alla Corte d’Appello di Brasov solo il 20/01/2023. Pochi giorni dopo, all’udienza del 23/01/2023, il caso è stato frettolosamente preso in considerazione. Al ricorrente non è stato concesso il tempo e le strutture necessarie per preparare la sua difesa in relazione a questa circostanza cruciale riguardante i testimoni contro di lui.
Dopo oltre sei anni di indagini e processi, solo nel gennaio 2023 il ricorrente ha appreso che i quattro testimoni dell’accusa erano stati dotati di apparecchiature tecniche di registrazione e utilizzati come collaboratori. Pochi giorni dopo, il caso è stato frettolosamente preso in considerazione. All’udienza pubblica del 23/01/2023, la Corte d’Appello di Brasov ha respinto la richiesta di ascoltare la signora Panfil Maria e di riascoltare Gheorghe Stefan, Jugan Iulian e Panaite Vasile.
Il fatto che la DNA abbia utilizzato i testimoni come collaboratori dotandoli di strumenti tecnici di registrazione senza previa autorizzazione e, inoltre, abbia nascosto questa circostanza per sfuggire al controllo giudiziario è una gravissima violazione del diritto alla dignità, a un processo equo e alla vita privata e familiare. La durata del processo, che si è protratto per oltre 6 anni, non ha garantito il diritto a un processo in tempi ragionevoli. In data 4.11.23 la difesa ha fatto istanza alla Corte E.D.U. ai sensi dell’art. 39 del Regolamento, di agire con urgenza nel trattare il ricorso e disporre le misure eccezionali “ad interim per sospendere l’efficacia della sentenza della Corte d’appello di Bari del 12 ottobre 2023 che ha accolto il mandato di arresto europeo emesso dalla Romania nei confronti di Ionel Arsene, onde scongiurare conseguenze irreversibili per la salute e sicurezza del ricorrente».

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