ROMA Le chat criptate potranno essere acquisite solo dopo il permesso del giudice. A stabilirlo è la Cassazione, che tramite due sentenze ha posto paletti per quanto riguarda l’utilizzo da parte degli inquirenti delle intercettazioni e della messaggistica di tipo Sky ECC. La sesta sezione penale ha esaminato due casi, inerenti al narcotraffico e alla ‘ndrangheta, accogliendo il ricorso dei due imputati: Bruno Iaria, esponente della ‘ndrina di Cuorgnè e accusato di traffico di cocaina verso la Calabria, e Indrit Kolgjokaj, presunto narcotrafficante albanese coinvolto nell’inchiesta Eureka di Reggio. I tribunali di Milano e Reggio dovranno dunque riconsiderare la decisione sulla custodia cautelare senza più tenere conto delle prove derivanti dalle chat, elemento che potrebbe portare alla scarcerazione dei due presunti trafficanti.
Una decisione «destinata a diventare giurisprudenza», come afferma sul Giornale Gioacchino Genchi, avvocato ex poliziotto esperto in intercettazioni. Nel caso delle app criptiche, poiché i server risiedono all’estero, serve rivolgersi agli stati in cui questi vengono ospitati. Se l’operazione è circoscritta ai paesi Ue, basta rivolgersi all’Oie, l’ordine di indagine europeo. Resta, tuttavia, il problema dell’acquisizione nel nostro paese. Per la Cassazione, fino ad ora, era sufficiente il via libera del Pm per l’acquisizione delle chat criptate, identificate come «dati informativi documentali» e non come intercettazioni vere e proprie, per le quali serviva l’ok del giudice. Le due sentenze, al contrario, stabiliscono la necessità di un passaggio ulteriore, ovvero ottenere l’autorizzazione di un giudice. A livello legislativo, si pongono in contrapposizione con alcune sentenze precedenti. Saranno dunque le Sezioni unite a dover risolvere la questione.
Per la Cassazione è fondamentale la sentenza della Corte di giustizia dell’Uedel del 2 marzo 2021. La Grande Camera aveva stabilito che tali dati «esterni» alle comunicazioni fossero in grado di «svelare informazioni molto precise sulla vita privata». Di conseguenza, l’accesso deve essere circoscritto solamente in caso di «forme gravi di criminalità» o di «gravi minacce all sicurezza pubblica». In più, l’accesso non può essere consentito dal solo Pubblico Ministero. La Cassazione cita anche il caso Open che aveva coinvolto il senatore Matteo Renzi, definendolo di «rilevanza centrale» per la sentenza. In quel caso la Corte costituzionale aveva chiarito come le chat con il senatore non fossero semplici “documenti”, ma vere e proprie corrispondenze, per le quali era necessario un intervento in Senato, richiamando la tutela dell’articolo 15 della Costituzione. Pur ammettendo differenze di contesto, per la Cassazione la sentenza sul caso Open «possiede una valenza di carattere generale». (redazione@corrierecal.it)
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