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Evasione fiscale, quel buco nero che inghiotte il futuro della Calabria

Il peso dell’economia non osservata è massimo nella regione: 18,8% del valore aggiunto. Dati record per evasione di Imu e addizionali

Pubblicato il: 12/11/2023 – 12:00
di Roberto De Santo
Evasione fiscale, quel buco nero che inghiotte il futuro della Calabria

LAMEZIA TERME Un male assoluto, un vulnus per la democrazia, un segnale di iniquità tra cittadini. Comunque la si voglia definire l’evasione fiscale colpisce fin dalle fondamenta le regole più antiche della convivenza e finisce per danneggiare le fasce più deboli della popolazione. Quelle che soprattutto – se non unicamente – si rivolgono al settore pubblico per ottenere prestazioni essenziali come servizi socio-assistenziali per anziani e diversamente abili, scuole qualificate per innalzare il livello di istruzione e sanità di qualità per tutelare la salute.
Diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione, sempre più affievoliti nei territori maggiormente fragili per carenze di risorse. Somme che vengono meno soprattutto dalla voragine dei conti pubblici generata dalla diffusa evasione fiscale che interessa l’intero Paese e che vede la Calabria particolarmente esposta al fenomeno.

Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze


Una propensione ad eludere l’erario – in tutte le forme – che finisce per colpire a morte quel sistema che dovrebbe garantire servizi a tutti i cittadini, che in territori già strutturalmente poveri finisce per azzerare qualsiasi capacità di dare risposte alla domanda di aiuto sollevata dalla popolazione locale. L’effetto sarà quello di favorire l’esodo, da quelle aree in cui i servizi pubblici non possono essere più garantiti. E la Calabria rientra in questa fattispecie.
Come una sorta di cane che si morde la coda, avviene che riducendo le risorse destinate ai servizi locali per mancanza di somme – a causa della diffusa evasione – si incrementa la fuga dai territori con la conseguente riduzione della platea di contribuenti. Un vortice capace di annichilire il futuro stesso di intere aree del Paese.
Un fenomeno che rientra nella più vasta zona grigia dell’economia sommersa che comprende tutte quelle attività volontariamente svolte per nascondersi alle autorità fiscali e previdenziali. Attività invisibili allo Stato che finiscono per minare dall’interno le ramificazioni in cui è articolato privandolo delle energie necessarie a tutelare i diritti dei più fragili.
Per questo le azioni messe in piedi dai soggetti che deliberatamente evadono le tasse diventano attività terroristiche compiute ai danni del Paese. Crimini contro la collettività che in alcune realtà vengono puniti severamente, mentre in Italia vengono spesso e volentieri condonati. Una beffa che si somma al danno di non riuscire a recuperare le enormi risorse evase.

I numeri della voragine

Si calcola che in Italia ogni anno si evadono circa 90 miliardi di euro, mentre il peso dell’economia non osservata nel 2021 (ultimo dato disponibile) ha raggiunto 192 miliardi di euro con una crescita di 14,4 miliardi rispetto all’anno precedente. Un mare di attività produttive che sfuggono all’osservazione e conseguentemente creano sacche di profitti che non vengono tassati. 
Una crescita di dieci punti percentuali in un anno dovuta essenzialmente, stimano gli analisti dell’Istat, dall’andamento del valore aggiunto da sotto-dichiarazione (leggasi evasione fiscale), che ha segnato un aumento di 11,7 miliardi di euro (pari al 14,6%) rispetto al 2020.
Un’economia sommersa che comprende le ricchezze occultate tramite comunicazioni volutamente errate del fatturato o dei costi (il cosiddetto fenomeno della sotto-dichiarazione) o generate dall’utilizzo di lavoro irregolare a cui si aggiungono i proventi dei fitti in nero o da altri metodi per eludere le tasse. Un giro enorme di risorse occultate che nel 2021 vale 173,9 miliardi, in aumento di 16,5 miliardi rispetto al 2020. Sette volte maggiore dell’ultima manovra da 24 miliardi bollinata dalla Ragioneria generale dello Stato il 31 ottobre scorso ed ora in discussione in Parlamento. Somme che, se venissero recuperate anche in parte, riuscirebbero a risanare le malconce casse della Stato permettendo di rilanciare l’economia complessiva italiana con ricadute in termini di sviluppo ed occupazione, ma consentirebbero anche di garantire maggiori servizi alla popolazione soprattutto nelle aree più deboli del Paese.
Somme ingenti che invece finiscono nel buco nero del sommerso impoverendo i territori. E che la politica dei condoni portata avanti per ultimo anche dal Governo Meloni, non sembra riuscire a sortire gli effetti sperati. Negli ultimi 50 anni stima la Cgia di Mestre, lo Stato ha incassato solo 148,1 miliardi. «Alla luce degli incassi ottenuti a partire dal 1973 – scrivono gli analisti della Cgia – possiamo affermare che gli scudi, i concordati, le rottamazioni, i condoni, le sanatorie e le pacificazioni fiscali hanno contribuito in misura molto modesta a contrastare l’evasione fiscale che nel nostro Paese rimane ancora molto elevata e pari a quasi 90 miliardi di euro all’anno».

Calabria terra di evasione

Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze

E se l’evasione è una piaga per l’intero Paese, nel Sud e nella Calabria in particolare, risulta una pratica particolarmente diffusa sull’intero territorio. A darne contezza è la “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva” pubblicata ad ottobre scorso dal ministero dell’Economia e delle Finanze.
Stando ai dati raccolti nella Relazione, la Calabria risulta essere la regione in Italia in cui il peso dell’economia non osservata è massimo. Gli analisti del Mef stimano sia pari al 18,8% del valore aggiunto prodotto. Un dato record più alto della media nazionale che si ferma all’11,6% e dello stesso Mezzogiorno (16,8%) e decisamente lontano dal tasso registrato nella Provincia Autonoma di Bolzano (8,2%) o della Lombardia (8,4%), le aree più virtuose del Paese.
A pesare sull’economia sommersa della Calabria il profitto generato sfruttando il lavoro irregolare che è pari all’8,3% del valore aggiunto prodotto. Un dato che fa ottenere alla regione anche qui il non invidiabile primato nazionale. Anche se, in termini di impatto sull’economia complessiva italiana, la portata del sommerso calabrese si relativizza. Se la propensione ad evadere tasse e balzelli o a generare profitti occulti, la Calabria segna un dato record, ha un impatto inferiore in virtù della minore dimensione del sistema economico. Per darne una dimensione il valore delle sotto-dichiarazione calabresi vale il 2,5% dell’evasione in Italia, come anche il 3,7% del valore aggiunto prodotto sfruttando il lavoro irregolare. 
Ciò non toglie che però la Calabria risulta in testa in diverse classifiche di tax gap. È tra le regioni che registra la maggiore propensione a non dichiarare l’Irap. Le stime del Mef nella media tra il 2015 ed il 2020 la regione entra nella fascia più alta di evasione assieme a Lazio, Campania, Molise ed Abruzzo: oltre il 18%.

Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze

Ancora più alto il tasso di propensione ad evadere i tributi locali. Stando all’elaborazione relative al 2021, la percentuale di Imu evasa in Calabria è pari al 40%: il dato in assoluto più elevato in Italia. Come anche il tax gap sulle addizionali Irpef regionali e comunali in Calabria supera il 60%.
Così come la Calabria è tra i territori dove risulta un elevatissimo tasso di mancati versamenti Irpef e delle relative addizionali sull’imposta dichiarata: oltre il 4%.
Tutti indicatori che dimostrano quanto sia capillarmente diffuso il comportamento in Calabria di evadere o quanto meno omettere di pagare interamente le tasse. Tanto da ergersi a sistema e divenire un problema strutturale. Elementi che però finiscono per colpire proprio quegli enti più vicini ai cittadini come i Comuni che depredati di quelle risorse finiscono per non garantire servizi anche essenziali per la popolazione.
Ed è anche la Cgia di Mestre a segnalare l’elevato tasso di evasione presente in Calabria. In un suo ultimo report emerge che su 100 euro di gettito incassato dal fisco, in Calabria se ne evadono 21,3. Un dato che colloca la regione all’apice dei territori che aggirano tasse e balzelli. L’ennesimo riscontro della mal celata abitudine ad evadere le tasse, ma anche il segnale della difficoltà a far fronte a tutti gli impegni per le tante, troppe criticità economico-finanziarie di cittadini ed imprese calabresi. (r.desanto@corrierecal.it)

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