CETRARO Indagini serrate dei carabinieri della Compagnia di Paola, guidati dal capitano Marco Pedullà e coordinati dal tenente colonnello del reparto operativo dei Carabinieri di Cosenza Dario Pini, sulla caccia al responsabile (ed ai complici) dell’omicidio di Alessandro Cataldo freddato a colpi di pistola a Cetraro.
L’agguato mortale del 46enne già noto alle forze dell’ordine, in passato coinvolto nell’operazione denominata “Overloading“, ha riacceso i riflettori sul tirreno cosentino. Il sangue e i proiettili sparati davanti una pizzeria nell’area portuale della cittadina tirrenica lasciano aperte diverse piste. Chi indaga ha ascoltato i testimoni presenti sul luogo dell’agguato mortale e sentito amici e persone ritenute vicine alla vittima. L’indagine è di competenza della procura di Paola, ma è chiaro che eventuali sviluppi potrebbero portare il fascicolo sul tavolo della Dda di Catanzaro. La caccia ai responsabili resta evidentemente l’attività principale delle forze dell’ordine, ma gli investigatori indagano per capire il movente che ha portato alla brutale esecuzione.
In passato, Alessandro Cataldo era stato vittima di una intimidazione: denunciata sui social. Qualcuno ha dato fuoco alla sua pizzeria, inaugurata qualche giorno prima del rogo di matrice dolosa. Un altro sinistro messaggio nei confronti del 46enne, questa volta impossibilitato a sfuggire alla scarica di proiettili che lo hanno raggiunto al viso ed al torace. Altro nodo del passato di Cataldo riporta all’inchiesta “Overloading” che lo aveva coinvolto nel lontano 2010 ed eseguita nei confronti di presunti appartenenti ad una organizzazione di trafficanti internazionali di droga con attività estesa soprattutto sul tirreno cosentino. Lì dove è forte la pressione esercitata dal clan Muto guidata dal capobastone Franco Muto, ritenuto boss di Cetraro e soprannominato “Re del pesce”.
Nello scorso mese di febbraio, è tornato a Cetraro dopo essere stato scarcerato. Muto, era recluso nell’istituto penitenziario di Sassari (associato al regime di 41 bis dal settembre 2022) dopo l’emissione della sentenza definitiva nel processo scaturito dall’inchiesta “Frontera“. La decisione del magistrato di sorveglianza di Sassari era giunta in seguito alla richiesta del legale di Muto, Michele Rizzo, del foro di Paola. L’avvocato aveva avanzato un’istanza legata alle precarie condizioni di salute del suo cliente.
Franco Muto ad 83 anni deve scontare, sugli sviluppi del processo Frontera, una condanna a 20 anni di reclusione. Partendo dagli interessi sul mercato ittico, l’influenza del “suo” clan si è estesa al controllo delle estorsioni e al traffico di stupefacenti, fino a toccare anche il mercato del divertimento lungo la costa tirrenica. L’età del boss e la fibrillazione interna agli ambienti criminali del tirreno, aprono a nuovi scenari con alcuni “gregari” decisi a scalare i vertici del clan ed assumere un ruolo non secondario nel controllo di un vasto numero di business illeciti sul territorio. Resta da capire se e quanto sia collegata l’azione omicidiaria costata la vita ad Alessandro Cataldo agli ambienti della mala cosentina. Un nodo fondamentale per sciogliere la matassa di un delitto irrisolto.
Non solo fatti di sangue, la costa tirrenica cosentina non si macchia solo di sangue. Sono numerosi i furti e le rapine messe a segno da ignoti malviventi nel corso delle ultime settimane. Accorati gli appelli dei sindaci, come quello affidato alla nostra redazione dal primo cittadino di Amantea Enzo Pellegrino: «sarebbe necessario un maggiore e più capillare controllo del territorio». Venti colpi messi a segno in poco più di venti giorni, il dato è evidentemente preoccupante.
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