REGGIO CALABRIA La Procura generale di Reggio Calabria ha chiesto il «non luogo a procedere» per l’ex ministro dell’Interno e attuale sindaco di Imperia, Claudio Scajola, principale imputato del processo “Breakfast”, accusato di procurata inosservanza della pena. Condannato in primo grado a 2 anni di reclusione, Scajola avrebbe commesso il reato in favore dell’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena, deceduto il 16 settembre 2022 a Dubai, dove si era rifugiato da dieci anni dopo essere stato condannato in via definitiva a tre anni di carcere, a conclusione del processo “Olimpia”, per concorso esterno in associazione mafiosa. Essendo venuta meno l’aggravante mafiosa, già nella fase del dibattimento di primo grado, è andato prescritto il reato per il quale l’ex ministro Scajola è stato condannato nel gennaio 2020 su richiesta del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo.
Per questo motivo, davanti alla Corte d’Appello di Reggio Calabria presieduta da Lucia Monica Monaco, nell’udienza di oggi alla Procura generale non è rimasto altro che chiedere il non luogo a procedere. La prescrizione è stata invocata anche per gli ex collaboratori di Matacena che erano stati però assolti nel primo processo. Si tratta di Martino Politi e Maria Grazia Fiordalisi. La difesa di quest’ultima, nell’udienza di oggi, ha chiesto la conferma dell’assoluzione e il processo è stato rinviato al 13 marzo quando, prima della sentenza, discuteranno gli avvocati di Scajola e Politi. Nell’ambito dell’inchiesta “Breakfast” l’ex ministro Scajola era stato anche arrestato nel 2014 dalla Dia. Nel processo era imputata anche Chiara Rizzo, l’ex moglie di Matacena che è stata condannata in primo grado a un anno di carcere con pena sospesa. Nel dicembre 2022, dopo la morte dell’ex parlamentare di Forza Italia, però, sia Rizzo che la Procura generale avevano rinunciato all’appello per cui, nei confronti dell’imputata, la sentenza di primo grado è diventata definitiva. (ANSA)
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