CATANZARO Consumi delle famiglie ed investimenti delle imprese. Due aspetti speculari che hanno risentito maggiormente in negativo degli effetti congiunturali della fiammata inflazionistica e della crescita dei tassi d’interesse che hanno investito l’economia reale dell’Italia e conseguentemente della regione. Implementando, se vogliamo, le debolezze di un sistema produttivo che punta praticamente solo sul mercato interno e da esso trae sostentamento. Visto il bassissimo apporto fornito dall’export dei beni e servizi prodotti in Calabria. Così nel primo semestre dell’anno in corso la regione ha accumulato altri ritardi di sviluppo rispetto ad altre aree del Paese, dove il peso dell’esportazioni e un sistema produttivo decisamente votato ad altri contesti riesce a sopperire alla debolezza della domanda interna.
I dati contenuti nel rapporto “L’economia della Calabria – Aggiornamento congiunturale” della filiale catanzarese di Bankitalia restituisco un quadro d’insieme dai colori decisamente foschi.
Numeri e dati che connotano quanto sia sensibile la regione alle fluttuazioni dell’economia complessiva proprio per la fragilità del sistema produttivo calabrese. Più di altri territori, infatti, l’aumento dei prezzi di beni e servizi di largo consumo e dell’impennata dei costi di produzione hanno inciso maggiormente sulla tenuta economica di famiglie ed imprese calabresi. Con un’accentuazione dettata dall’innalzamento del costo del denaro che qui in Calabria pesa ancor più di altre parti d’Italia.
La conseguenza inevitabile, concordano gli analisti di Bankitalia, è stata il rallentamento, l’ennesimo, che segue la frenata registrata dall’economia calabrese già nell’ultimo scorcio del 2022 e che ha avuto ripercussioni anche sul mercato del lavoro.
Nei primi sei mesi dell’anno il tasso di occupazione ha ottenuto appena cinque decimi in più rispetto al medesimo periodo dello scorso anno. Una crescita asfittica e per lo più falsata da un altro elemento negativo che caratterizza i territori calabresi: l’esodo dei cittadini. Nel primo semestre dell’anno, infatti, la popolazione in età lavorativa è diminuita dello 0,6 per cento
Un dato che restituisce in modo plastico l’altra fragilità della regione in cui cresce anche il divario occupazionale rispetto al resto del Paese: quasi un punto percentuale in più in questo lasso di tempo.
L’altro elemento preoccupante è legato alla crescita della disoccupazione di oltre due punti percentuali. Nel semestre 2023 quel tasso ha raggiunto il 16,8%, l’anno precedente era al 14,6%, frutto anche dell’incremento dei calabresi che si sono mossi per cercare lavoro in regione. È infatti cresciuto il tasso di attività di quasi due punti, al 52,4 per cento.
Inoltre, dalla lettura del report di Bankitalia, emergono altre caratteristiche che denotano altre disarmonie nel mercato del lavoro calabrese. L’incremento tendenziale dell’occupazione ha riguardato esclusivamente gli uomini, visto che il numero delle lavoratrici viceversa – seppure di poco – è diminuito. Così il divario di genere in Calabria è tornato ad ampliarsi toccando i 24,9 punti percentuali (era 22,8 nello stesso periodo dell’anno precedente).
L’altro aspetto, da prendere in considerazione, è l’incremento della precarizzazione dell’occupazione calabrese. Nei primi sei mesi dell’anno, a crescere è stato il numero di lavoratori autonomi che ha segnato quasi 7 punti percentuali in più rispetto al 2022. Mentre i dipendenti in questo lasso di tempo sono diminuiti quasi di un punto percentuale rispetto al semestre dell’anno precedente. Un aspetto, quello della precarietà, che ha riguardato anche il settore privato non agricolo dove, scrivono gli analisti di Bankitalia «l’aumento delle assunzioni nette ha riguardato esclusivamente la componente dei contratti a tempo determinato, mentre la creazione di occupazione più stabile ha mostrato segnali di rallentamento, in controtendenza con il dato medio nazionale». A significare anche qui la caratteristica prettamente calabrese della fragilità del mercato del lavoro.
Il rialzo dei prezzi ha finito per erodere il potere d’acquisto dei calabresi. Così inevitabilmente si è accentuato un rallentamento dei consumi delle famiglie definito dagli analisti di Bankitalia «marcato». Una frenata che ha riguardato anche l’acquisto di beni durevoli come la casa. Qui ad incidere maggiormente c’è stato anche l’incremento dei tassi d’interesse, lievitati a seguito della decisione della Bce di alzarli per raffreddare l’inflazione. Il combinato disposto dei due fattori – riduzione del potere d’acquisto e crescita del costo del denaro – ha finito per gelare il mercato immobiliare. Stando ai dati dell’Osservatorio presso l’Agenzia delle entrate (Omi), nel primo semestre 2023 le compravendite di abitazioni in regione sono lievemente diminuite rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente (-2 per cento circa). Ulteriore comprova di questa frenata è il dato riferito ai mutui. Stando al rapporto, la crescita dello stock dei prestiti finalizzati all’acquisto dell’abitazione è scesa all’1,2% (era al 3,6% a dicembre). Nel complesso, si legge nel report «nei primi sei mesi dell’anno le nuove erogazioni di mutui sono state pari a 176 milioni di euro, un ammontare inferiore di un quarto rispetto al corrispondente periodo del 2022».
A determinarne la contrazione, appunto l’impennata dai tassi di interessi sui nuovi mutui, giunti nel secondo trimestre dell’anno al 4,3%: erano al 3,5 a fine 2022.
Segnali dunque del rallentamento complessivo dei consumi delle famiglie calabresi.
E con questo clima di incertezza, dettato dal rallentamento dei consumi e dell’impennata dei costi delle materie prime e del denaro, le imprese hanno dovuto rallentare il piano di investimenti programmato. Un rallentamento dell’economia che ha riguardato in primis l’industria in senso stretto i cui volumi di vendita, secondo il sondaggio congiunturale di Bankitalia, registrano in questo lasso di tempo un dato appena positivo e al disotto dello stesso periodo del 2022.
Conseguentemente ne ha risentito la richiesta di credito al sistema bancario che, stando ai dati di Bankitalia, ha registrato una contrazione. «In un contesto di rallentamento congiunturale e di rialzo dei tassi di interesse – motivano dalla filiale catanzarese di Bankitalia – sono diminuite le richieste sia per il finanziamento degli investimenti sia per la copertura del capitale circolante».
Un altro aspetto che dimostra la linea attendista adottata dalle imprese – per la anche dalle famiglie calabresi – è la scelta di spostare risorse su linee di risparmio maggiormente garantite. Così emerge un incremento importante del portafoglio titoli detenuto da imprese e famiglie orientato sempre più ai titoli di Stato e alle obbligazioni. Segnale anche questo che il sistema produttivo si è fermato in attesa di eventi maggiormente positivi per l’economia della regione. Ma anche indice della fragilità del sistema produttivo caratterizzato da una bassa capitalizzazione che impedisce, di fatto, fughe in avanti. (r.desanto@corrierecal.it)
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