REGGIO CALABRIA Un giardino che, da luogo di ritrovo per il gruppo criminale, è diventato il simbolo di una intera inchiesta. Quella condotta dalla Distrettuale antimafia di Reggio Calabria denominata, non a caso, “Garden”. È quello dell’abitazione di Matteo Giorgio Perla, cl. ’62 finito in manette, in un terreno in Contrada Lagani a Reggio Calabria. Il 2021 è iniziato da tre giorni quando la serenità del gruppo viene turbata da una brutta scoperta: quella di una microscopia installata dagli investigatori. Un evento che ha suscitato da subito un enorme timore e, allo stesso tempo, ha indotto il gruppo a riflettere su quali potessero essere le conseguenze giudiziarie e, soprattutto, sui tempi di installazione della microspia. Il gruppo, infatti, sperava – visto che il pacco era ancora nuovo e che ogni bimestre veniva bonificata l’area – che molti dialoghi e attività evidentemente illeciti non fossero stati captati. Ma il terrore più grande per il gruppo era che fosse stata ripresa e ascoltata la “mangiata” alla quale avevano partecipato tutti, molto significativa in termini ‘ndranghetistici. «(…) non avevate guardato mai là sotto con Giorgio non avevate guardato mai?» chiede Antonino Idotta a Matteo Perla «Non avevate mai guardato? Mai mai?»
Idotta e Perla, così come riportato dal gip nell’ordinanza, cercavano di ostentare sicurezza, evidenziando come le conversazioni più compromettenti fossero comunque avvenute in un altro luogo «(…) ora glielo dico stai a casa e non ti muovere da casa, sentimi a me glielo dico». A parlare, con una certa preoccupazione, è Antonino Idotta, cl. ’72, anche lui arrestato, pronto ad avvertire Borghetto e a raccomandargli di non uscire più di casa. «(…) qualche discorsetto l’ha fatto pure lui là nei maiali, sempre che parla è lui!» incalza Perla, riferendosi proprio a Borghetto. Ma, il gruppo, come è emerso ancora dalle intercettazioni, nutriva il forte dubbio che un’altra microspia fosse stata collocata sotto l’abitazione di Cosimo Borghetto, e che era stata avvistata da Ciccio Saraceno, cl. ’83 anche lui finito in carcere nel blitz della GdF. «(…) secondo me gliela hanno messa pure là – dice Idotta – perché glielo ha detto Ciccio Saraceno» «sotto casa sua c’è una scatoletta bucata…». E ribadivano che, Cosimo Borghetto, parlava troppo ed evidentemente di cose illecite. Perla, intanto, fa riferimento ancora ad una mangiata di maiale, «con chiaro riferimento – scrive il gip – a mangiate di ‘ndrangheta che, altrimenti, quella profonda preoccupazione non avrebbe avuto ragion d’essere».
Gli inquirenti hanno anche immortalato le immagini ritraenti il momento di ritrovamento della microspia oltre alla presenza di Matteo Perla detto “Giorgio”, Marcello Tripodi, Massimo Antonio Lanzo (non indagati in questa inchiesta) e Aldo Castaldo, quest’ultimo deputato a raccogliere l’involucro dove era posizionata la microspia, neanche lui fra gli indagati nell’inchiesta della Dda reggina. Ma è due giorni dopo, il 5 gennaio 2021, grazie ad un’altra periferica installata all’interno di uno dei casolari presenti sul terreno, che gli inquirenti riescono a registrare un’altra importante conversazione nel corso della quale il gruppo criminale commenta il ritrovamento dell’ambientale e, ben consapevoli delle attività e riunioni dai contenuti illeciti che si verificavano in quel guardino, «ipotizzavano addirittura – scrive il gip – quale potesse essere il nome convenzionale di un’eventuale operazione di polizia giudiziaria a loro carico», ovvero “Operazione Garden”. «(…) c’era Aldo che l’ha presa anche con la scopa e l’ha tirata» dice Massimo Lanzo «ad un certo punto si sono toccati anche i fili e ha detto “ma sta bruciando questa cosa”, si erano bruciate le batterie perché ha tirato e si sono toccati i poli…». «Eravamo presi a male, non parlava più nessuno, tipo cimitero eravamo» è il lapidario commento di Matteo Perla. «Possono fare qualche “Operazione Garden”» dice un soggetto non identificato, e Perla conferma: «Sì, Garden».
Qualche settimana dopo, è il 2 febbraio 2021, Cosimo Borghetto e Matteo Perla si ritrovano a parlare ancora dell’episodio, non nascondendo una certa preoccupazione. Precisi e chiari erano i riferimenti di Borghetto – scrive il gip nell’ordinanza – alle “mangiatine per il maiale” che, come da prassi ormai consolidata negli ambienti della criminalità organizzata, si rivelano occasioni per vere e proprie riunioni mafiose. E cercava, poi, di trovare una eventuale giustificazione da fornire agli inquirenti, ai quali avrebbe detto che si era recato in quel luogo solo per partecipare ai pranzi a seguito della macellazione del maiale. Non passa inosservata in termini indiziari, scrive ancora il gip «la presenza di Saraceno insieme agli appartenenti della cosca Borghetto-Latella, compreso Cosimo Borghetto, presso il famigerato giardino di Matteo Perla e la sua battuta alla fine dell’incontro “adesso ci voleva una volante qua fuori al cancello”». Saraceno, secondo gli inquirenti, ben consapevole della caratura mafiosa di tutti i presenti e degli argomenti “illeciti” trattati all’interno del covo, temeva che fuori dal cancello potesse esserci una volante delle Forze dell’Ordine «che li avrebbe colti tutti in fallo, mettendo in evidenza chiaramente il rischio elevato al quale si erano sottoposti incontrandosi alla chetichella in quel luogo». (g.curcio@corrierecal.it)
Reggio, la cosca Borghetto-Latella armata fino ai denti per «mantenere il dominio sul territorio»
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