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IL CONTRIBUTO

«La “fine amara” del “furbone scientifico” (brevi note sul bisogno di piacere agli altri)»

Devo una risposta ad una persona (a me molto cara); una risposta che, con l’interrogativo che l’accompagna, penso, al contempo, possa tornare utile a molti. Per alcuni anni ho pensato che il bisog…

Pubblicato il: 19/11/2023 – 11:19
di NUNZIO RAIMONDI
«La “fine amara” del “furbone scientifico” (brevi note sul bisogno di piacere agli altri)»

Devo una risposta ad una persona (a me molto cara); una risposta che, con l’interrogativo che l’accompagna, penso, al contempo, possa tornare utile a molti. Per alcuni anni ho pensato che il bisogno di piacere fosse espressione di scarsa autostima; e ciò specialmente quando questo bisogno si esprimeva in forme diverse, non escluse quelle di attrarre ed ammaliare. Ma negli ultimi anni, con il lievitare dell’ipocrisia nella società del benessere, ho cominciato a riflettere su un profilo differente di questa esigenza interiore; e ciò specialmente quando la vedevo attuarsi in forme scientifiche, al contempo empiriche e razionali, come una specie di metodo, del tipo di quello che vorrebbe indicarmi la persona cui devo la risposta. Diverse sono le forme ossessive (c’è un tale di mia conoscenza che ne è notoriamente affetto..,) e che esprimono, secondo i canoni, una fragilità di fondo. Ma oggi non parlo di queste ma di quelle: ossia del metodo scientifico per farsi piacere, per ottenere ammirazione e consenso da chi ci circonda. Infatti, mentre la persona dotata di scarsa autostima, attraverso idonei esercizi di contenimento, riesce a sentirsi desiderata e, in qualche misura meritevole della stima che non trova in sé, il furbone scientifico mette in pratica una tecnica composta ora di falsità e di finzione, ora di doppiezza e simulazione, oppure -secondo un vecchio schema- di convenzionalismo ,diretta ad accaparrarsi, ad ogni costo, il consenso degli altri. Questa tecnica, volgarmente detta dei “leccaculo”, non esprime affatto un problema di autostima (che’, anzi, costoro ne possiedono da vendere…),quanto piuttosto una modalità per affermarsi nella società ed è tipica dell’uomo senza oggettive qualità, ma che vuole “salire” per la scala di servizio. Ora, dirò al mio simpatico amico che mi fa precetto di trasformarmi in un “leccaculo”: l’accettazione da parte degli altri, pur essendo un’esigenza propria di chi si sente parte della società, mortifica l’individualismo e con esso la personalità. È ciò sebbene chi non viene accettato spesso sia messo ai margini e questo, si capisce, non piace a nessuno…. Ma v’è da considerare -come si dice- “l’atra faccia della medaglia”: le conseguenze di una relazione che diventa finta e che affonda il valore del confronto. Pensate ai politici: fanno di tutto per adattarsi alle esigenze degli altri, trascurano i propri bisogni e spesso quelli dei loro cari, pur di piacere ed acquisire consenso. Ed il bello sapete qual è? Che se li senti si lagnano pure, atteggiandosi a vittime sacrificali del loro servizio al bene comune! Ho un amico che è stato un famoso politico: quando “praticava” non riusciva a stare fermo un attimo. Ogni buco della sua giornata doveva essere riempito e la notte camminava…adesso è un uomo sereno e felice. Perché? Forse perché non finge più un’identità diversa dalla propria ed ha superato il terrore dell’abbandono? O forse perché ha ritrovato se’ stesso ed ha esteso, anziché reprimere, la propria personalità rispettandosi e mostrandosi per come effettivamente egli è? Me lo dica lei, mio precettore. E, comunque, grazie per i preziosi consigli.

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