Non solo seta, un tempo la Calabria era anche la terra della ginestra: il più leopardiano dei fiori – citato anche da Leonida Repaci nella sua più celebre pagina – ha rappresentato per un certo periodo una fonte di ricchezza per la nostra regione, e alcune iniziative recenti – una delle quali a New York – rilanciano un progetto dell’Unical per trasformare una tradizione perduta in ricerca ed economia.
Cosenza, via Popilia, 1942: nel luogo esatto della nuova lottizzazione di viale Mancini, all’altezza dell’attuale ponte di Calatrava, tra fine anni 30 e inizio 40 sorgeva un vero e proprio polo industriale che oggi è archeologia fagocitata dal cemento di avveniristici palazzoni. L’industria chimica Cardamone, oltre all’oleificio e al saponificio aveva anche un reparto per la lavorazione della ginestra.
Era uno dei 15 stabilimenti esistenti in Calabria su 61 censiti in Italia agli inizi degli anni 40. Il “protezionismo commerciale” era incentivato dal regime fascista da quando l’Italia fu soggetta a sanzioni internazionali a seguito dell’attacco all’Etiopia nel 1935: l’autarchia tessile – spiega Mauro Santoro ne “L’autarchia tessile del regime fascista. Il ginestrificio di Cariati – 1935/1943” (Editoriale Progetto 2000) aveva fatto sì che «in Italia (…) la ginestra divenne una delle innovative fonti di filato, prodotto su scala industriale. La riscoperta e l’interesse per l’arbusto, che cresceva spontaneamente, avvenne dopo l’embargo del 1935, e durò fino alla caduta del regime fascista. Anche in Calabria sorsero alcuni ginestrifici, uno dei quali operò – impiegando oltre 100 persone – a Cariati; l’impianto industriale, però, chiuse i battenti appena vennero abolite le norme per promuovere “il tessile dell’indipendenza”».
Per la carenza di fibre e tessuti fu favorito lo sviluppo di fibre tessili esistenti in Italia, come quelle estraibili dalla ginestra e dalla canapa. Alcuni di questi stabilimenti occupavano anche centinaia di addetti, come quello di Terni, e in quest’ottica l’opificio di Cariati era tra i più importanti d’Italia.
La produzione della fibra è cessata dopo la fine della guerra, ma ora è crescente l’interesse per le fibre naturali per la moda sostenibile, oltre che per materiali compositi più leggeri e riciclabili, che utilizzano piante a rapida crescita.
«La Calabria era una delle regioni dove era più presente la ginestra – spiega oggi Vincenzo Gallo, imprenditore che conosce dall’interno molti dei progetti sulla ginestra –. Da alcuni anni si cerca di realizzare materiali più leggeri e riciclabili, cercando di sostituire ad esempio nei componenti d’auto in plastica le fibre di vetro con fibre naturali. Nel settore della moda si utilizzano fibre come il cotone trattate con antiparassitari ed altre sostanze chimiche inquinanti e pericolose. C’è pertanto crescente interesse per lo sviluppo di filiere made in Italy, controllate e rispettose dell’ambiente».
Una prima ribalta per la ginestra calabrese studiata in un progetto dell’Università della Calabria risale al settembre 2022, quando sul red carpet della Mostra internazionale del cinema di Venezia sfilano
capi creati con un tessuto in ginestra realizzato dall’Unical e dai suoi partner nell’ambito del progetto di ricerca Smafinec (Smart Manufacturing per Fibre Naturali ed Ecosostenibili) avviato nel 2018 e conclusosi nei primi mesi del 2021: il materiale è stato utilizzato dalla stilista romana Eleonora Riccio – da anni interessata a un’idea di “moda sostenibile” – per realizzare un abito per Elisa Egger che lo ha indossato il 1° settembre dell’anno scorso all’evento più glamour della Laguna, tra i più importanti a livello internazionale se si parla di cinematografia. Quell’abito con il corpetto in ginestra e il resto in seta, tinti manualmente con piante, è finito nelle gallerie fotografiche di agenzie di stampa e media globali.
Il progetto era finalizzato allo sviluppo della filiera della ginestra in Calabria, in particolare alla realizzazione di prototipi di materiali per i settori della moda e dell’arredo scolastico ed è stato finanziato dalla Regione Calabria. I partner del progetto, oltre all’Unical/Dipartimento di Chimica e Tecnologie chimiche, sono stati la società Camillo Sirianni di Soveria Mannelli (Catanzaro), con il ruolo di capofila, tra le aziende leader in Italia nella produzione di arredi destinati al mondo della scuola, delle università e a spazi di collettività, la società Sunfil di Castrovillari (Cosenza), che opera nel settore tessile; il Consorzio interuniversitario Tebaid, che opera nella ricerca in campo biomedico, ambientale, chimico e chimico-fisico, presieduto dal prof. Giuseppe Chidichimo; il responsabile scientifico del progetto Smafinec è stato il prof. Amerigo Beneduci.
Nell’ambito del progetto Smafinec, il dipartimento di Chimica e Tecnologie chimiche, con la collaborazione dello spin off del Dipartimento di Ingegneria Meccanica Energetica e Gestionale dell’Unical, Cht srl (Calabrian High Tech), fondato dal prof. Guido Danieli, ha ottimizzato un piccolo impianto pilota per la produzione automatizzata di fibra di ginestra, con la messa a punto soprattutto di un nuovo sfibratore.
L’impianto, in grado di produrre piccoli quantitativi di fibra all’ora, ha permesso di estrarre dai rami di ginestra circa 70 kg di fibra fine (200 kg di fibra grezza), utilizzati per realizzare nuovi prototipi di filati, di tessuti e per la prima volta anche di abiti in ginestra e lino.
I filati sono stati commissionati dall’Unical al Linificio e canapificio nazionale, azienda fondata nel 1873, ora del Gruppo Marzotto, localizzata a Villa d’Almè (Bergamo), mentre i tessuti sono stati realizzati dalla Tessitura Enrico Sironi di Gallarate (Varese), un’azienda storica che opera da quattro generazioni, specializzata nella tessitura di fibre naturali, come lino, canapa ed altre fibre liberiane.
L’azienda calabrese Malìa Lab, di una giovane stilista, Flavia Amato, con sede a Guardavalle (Catanzaro), che opera nel campo della moda sostenibile, ha invece disegnato e realizzato i due prototipi di abiti per donna, un trench e una tuta palazzo.
«La ginestra è una pianta che cresce spontanea in Calabria, in varie regioni italiane e in tutto il Mediterraneo, senza necessità di trattamenti con insetticidi e altre sostanze tossiche, come avviene per altre piante da fibra», racconta ancora Vincenzo Gallo, che oltre a essere un esperto è anche appassionato della materia. «Da sottolineare che nell’antica Pompei la ginestra si coltivava e durante gli scavi archeologici hanno trovato abiti ed altri manufatti realizzati in ginestra».
Si potrebbe far nascere tutto dal progetto della Comunità Montana del Medio Tirreno dal titolo “Investire nella Riviera dei Cedri”, coordinato proprio da Gallo nel periodo 1999/2000 con il coinvolgimento di altri amministratori del Tirreno, quando i presidenti della Comunità con sede a Paola erano Mimmo Sia e poi Piero Lamberti, in seguito all’attivazione di un rapporto con il Centro Ricerche Fiat, interessato a sperimentare materiali più leggeri e riciclabili per il settore automotive, in particolare per i cruscotti delle sue utilitarie. La Comunità Montana ha stipulato accordi di collaborazione con il Centro Ricerche Fiat nel 2000 e con l’Università della Calabria nel 2002, siglato per conto dell’Unical dal prof. Chidichimo, allora anche presidente del Parco scientifico calabrese, per portare avanti congiuntamente un progetto di sviluppo della filiera della ginestra. Da allora Gallo ha fatto parte del gruppo di lavoro Unical, e nel 2002 è stato presentato al Miur un primo progetto di ricerca congiunto Centro Ricerche Fiat – Unical, finanziato dal 2005 al 2006. Una spinta che non è mai finita dal momento che in questi quasi venti anni sono stati approvati altri progetti, coordinati sempre dal prof. Chidichimo, pur se con finanziamenti discontinui.
«Questi risultati raggiunti dovrebbero favorire il superamento della fase di ricerca industriale» commenta oggi Vincenzo Gallo. «Vari docenti e tecnici hanno partecipato al gruppo di lavoro dell’Unical che ha permesso di pubblicare numerosi lavori e di depositare alcuni brevetti, mentre dell’impianto pilota si è occupato nel primo progetto una ditta di Biella oltre a un gruppo di lavoro di docenti e tecnici dell’università di Arcavacata di Rende. In attesa che venga messo a punto un nuovo impianto sperimentale funzionante ed economicamente sostenibile, che permetta poi di passare dalla fase di ricerca a quella industriale, credo che sia importante continuare a stimolare stilisti ed imprese anche artigiane a sperimentare l’uso della fibra. In provincia di Catanzaro – aggiunge Gallo – una startup costituita da alcuni giovani imprenditori (Nido di Seta a San Floro, ndr) ha avviato da alcuni anni con successo un progetto per il rilancio della filiera della seta, coltivando il gelso, allevando i bachi e realizzando manualmente capi e gioielli in seta e altri materiali. L’azienda è visitata ogni anno da migliaia di persone e vende i suoi prodotti presso la sua sede e on line. In attesa che si realizzi un impianto industriale di sfibratura della ginestra economicamente sostenibile si potrebbe puntare su iniziative nel campo dell’artigianato artistico anche nella filiera della ginestra, sfruttando le conoscenze e le sperimentazioni dell’Università della Calabria», spiega Vincenzo Gallo, che ha seguito per anni il mercato delle fibre naturali in Italia, promuovendo rapporti con grandi gruppi (oltre che con il Centro Ricerche Fiat anche con Marzotto, Shell, Prada, Missoni Novamont ed altri) e pmi. «Credo che sia opportuno tenere conto al riguardo non solo dell’esperienza di grandi e medie imprese industriali che operano in questo mercato in forte crescita, vista l’attenzione crescente per la transizione ecologica, ma anche di micro aziende dell’artigianato artistico. Ciò cercando di valorizzare e di non disperdere il lavoro di ricerca di grande interesse finora svolto dall’Unical, da grandi gruppi e da Pmi locali ed esterne e cercando di aumentare le sinergie tra i vari attori della filiera», conclude Gallo.
È un fatto che per oltre vent’anni – dal 1999 al 2021 – sono stati finanziati in totale tre progetti di ricerca triennali per lo sviluppo della filiera della ginestra: dal primo finanziamento di 100 milioni di lire (Comunità Montana del Medio Tirreno) grazie ai fondi non spesi destinati allo sviluppo della montagna è nato il primo progetto di ricerca CRF–Unical, finanziato dal ministero della Ricerca Scientifica dal 2004 al 2006; il secondo, dal 2011 al 2014, finanziato sempre dal Miur, al quale hanno partecipato anche piccole imprese del Tirreno (da sottolineare che un imprenditore nautico di Cetraro, Massimo Borrone, ha realizzato uno scafo in fibra naturale, ricevendo i complimenti del Ministero); infine il terzo progetto, (Smafinec) finanziato dal 2018 al 2021 dalla Regione Calabria, il primo finalizzato a promuovere la filiera della ginestra nel settore della moda e dell’arredo: alla fine anche di questo terzo progetto è stata svolta un’azione di promozione per far conoscere i risultati conseguiti e per stimolare stilisti ed imprese ad avviare sperimentazioni con la fibra di ginestra.
Intanto i gioielli in ginestra realizzati con i materiali forniti dall’Unical dalla giovane designer calabrese Pasly (Pasqualina Tripodi), specializzata in “agrigioielli”, sono stati presentati alla Fashion Week di Milano nel settembre 2022. Tripodi – scoperta e promossa da Marta Marzotto – dopo un’esperienza lavorativa in un distretto orafo del nord è rientrata in Calabria per avviare una sua startup, e ha ricevuto anche un premio dalla Coldiretti per la sua originalissima produzione.
Queste lungo excursus sulla ginestra calabrese partito da Cosenza e planato – dopo tappe tra Paola e Rende – a Venezia e Milano si conclude a inizio mese: il 7 novembre 2023 il progetto Smafinec dell’Unical, accanto a quelli dell’Accademia delle Belle Arti di Bologna, dell’Università di Firenze e di altre organizzazioni, è stato presentato a New York nella sede di una delle più prestigiose scuole di design degli Stati Uniti, la Parson School di Design, in occasione di una tavola rotonda sul tema “Quando creatività significa sostenibilità. La ricerca nel tessile”, organizzata dalla rivista internazionale Arte Morbida nell’ambito di un importante evento organizzato a New York dal 3 al 12 novembre, “Follow the thread”, un festival di fiber art con installazioni site-specific, mostre e dibattiti in vari luoghi della Grande Mela con rappresentanti di istituzioni accademiche in Italia e negli Stati Uniti a discutere dei loro programmi di ricerca nel settore tessile e della sostenibilità. La Calabria ha detto la sua, forte di una sapienza secolare che sarebbe bene rimettere in moto per creare economia pulita.
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