LAMEZIA TERME Il colonnello Raffaele Giovinazzo, oggi comandante Provinciale di Crotone, è teste nel processo scaturito dall’inchiesta “Reset” celebrato dinanzi al Tribunale di Cosenza ed in corso nell’aula bunker di Lamezia Terme. Nel corso dell’inchiesta, Giovinazzo ha ricoperto il ruolo di comandante del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Cosenza: un incarico assunto a settembre 2019.
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L’indagine, avviata nel 2018, «nasce dall’esigenza di fornire all’autorità giudiziaria un quadro attuale della situazione della criminalità organizzata cosentina e nell’hinterland dopo una serie di operazioni di polizia che si sono succedute e soprattutto dopo una serie di sentenze – diventate definitive – che hanno permesso di delineare la struttura del crimine organizzato a Cosenza», sostiene Giovinazzo. Le investigazioni dell’arma dei carabinieri si sono concentrate sulla figura di Roberto Porcaro, «ritenuto delfino del boss Francesco Patitucci» e sulla necessità di «fare chiarezza sulla costola italiana della criminalità organizzata che viene denominata cosca Lanzino-Ruà-Patitucci». Nel dicembre 2019, Porcaro viene arrestato insieme anche ai fratelli Abruzzese alias “Banana” e «furono arrestati anche i sodali di questa organizzazione riconducibile a Porcaro». Il teste cita un altro procedimento «che ha cercato di fare luce su un contesto criminale che riguardava principalmente l’area di Rende e in particolar modo si è concentrato sulla figura di Massimo D’Ambrosio, fratello di Adolfo D’Ambrosio, che all’epoca si trovava detenuto». Secondo il colonnello Giovinazzo «furono accertati dei contatti con personaggi di spicco della criminalità organizzata che non erano attenzionati dall’Arma dei Carabinieri ma bensì dalla Polizia di Stato». Giovinazzo si riferisce a «Michele Di Puppo».
Per quanto riguarda l’attività del gruppo criminale riconducibile a Massimo D’Ambrosio, l’attività è volta a chiarire il quadro delle alleanze «che erano alla base del patto federativo esistente in quel momento storico a Cosenza». Sono stati accertati anche dei contatti con altri esponenti della criminalità organizzata a Cosenza, tra cui Mario Piromallo. E questa attività ha delineato «una serie di situazioni che hanno interessato anche l’attività del Comune di Rende, perché sono stati accertati dei contatti tra D’Ambrosio e un assessore del Comune, Pino Munno, e lì il riferimento era principalmente legato a una vicenda che era quella del Palazzetto dello Sport in costruzione, in via di ultimazione a Rende, con le mire di poter ottenere delle autorizzazioni a poter svolgere attività all’interno di un bar della stessa struttura».
Il controesame del teste parte dalle domande dell’avvocato Valerio Murgano, legale di Massimo D’Ambrosio. Che chiede quali siano le informazioni in possesso del colonnello in merito al suo assistito. «La figura non l’ho tratteggiata io da un punto di vista operativo», risponde il teste che rimanda all’esame del collega che ha svolto questo tipo di attività di indagine. L’avvocato Murgano chiede lumi sui rapporti tra D’ambrosio e Di Puppo. «Sono al corrente di un contatto che è stato accertato», sostiene il colonnello dei carabinieri. Nessun altro legale prende la parola, il presidente del Collegio giudicante Carmen Ciarcia ha rinviato il processo alla prossima udienza prevista il 29 novembre. Sarà l’ultima del 2023. (f.b.)
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