CATANZARO La vicenda sulla quale la procura di Catanzaro ha acceso i riflettori, attraverso le indagini della Guardia di Finanza, riguarda due società: la “A.T. Alberghiera Turistica S.r.l.” e la “Sarusi S.r.l.”, entrambe riconducibili all’avvocato Giancarlo Pittelli e la volontà di salvaguardare la proprietà di un terreno che si trova a Stalettì, «sottraendolo alla garanzia creditoria di un ente pubblico». Lo scrive il gip Chiara Esposito nell’ordinanza che questa mattina ha portato all’arresto del noto penalista, finito ai domiciliari, e già condannato a 11 anni di reclusione lunedì scorso al termine del processo di primo grado “Rinascita-Scott”. Il gip ricostruisce, innanzitutto, la storia dalle origini e che poi ha portato al sequestro di beni mobili e immobili per un valore di circa 1,5 milioni di euro.
A cominciare dalla “A.T. Alberghiera Turistica S.r.l.”, costituita nel 1989 da Pittelli e Filomena Caterina Matilde Taverna che ha ricoperto la carica di amministratore unico è fino al 2004 e, successivamente, dalla madre di Pittelli. Società poi messa in liquidazione e dichiara fallita. E poi la “Sarusi S.r.l.”, costituita nel 2018, con lo stesso oggetto sociale dell’altra azienda già liquidata, con le quote sociali, fino al 6 giugno 2019, suddivise al 50% tra lo stesso Pittelli e la società “Magifin Immobiliare S.r.l.”. Quote, quelle dell’avvocato, poi cedute alla figlia a giugno del 2019. Secondo gli inquirenti, così come trascrive il gip nell’ordinanza, «le due società, di fatto, sono riconducibili a Giancarlo Pittelli perché svolgono la medesima attività commerciale, ovvero la costruzione di edifici residenziali e non residenziali e hanno lo stesso indirizzo della sede legale».
L’indagine della procura di Catanzaro nasce dalle intercettazioni di alcune conversazioni captate nell’ambito del procedimento “Rinascita-Scott”, tra i mesi di marzo e aprile del 2018, e dalle quali sarebbe emersa la volontà di Pittelli di liquidare a due soggetti (non indagati in questo procedimento) «le quote di partecipazione detenute da tale ultima società nella A.T. Alberghiera Turistica S.r.l. e costituire una nuova società, con il coinvolgimento della società “Magifin Immobiliare S.r.l.”, il cui titolare avrebbe apportato al patrimonio la somma di due milioni di euro, con parte della quale «sarebbe stato possibile rilevare un terreno — originariamente appartenente alla società A.T. — a Stalettì», scrive il gip nell’ordinanza. Dalle conversazioni e dai messaggi captati, è stato possibile rilevare che tali operazioni venivano compiute con l’ausilio del notaio Sebastiano Panzarella, nell’elenco degli indagati. Il soggetto responsabile della contabilità è stato individuato, invece, nel commercialista Francesco Saverio Nitti, anche lui tra gli indagati.
«(…) voglio aprire la liquidazione e fare la vendita» dice Pittelli in una conversazione intercettata. «(…) se noi facessimo invece così, la mettiamo in liquidazione ed intanto transiti, fai la transazione con la banca» suggerisce Nitti. «No perché la transazione con la banca io la posso fare nel momento in cui Sacchi mette i soldi per la vendita, per l’acquisto, perché è Sacchi che mette i soldi nella “Sarusi” che paga direttamente». «(…) ma dico io questi 800mila euro… io li lascio a bilancio. Sacchi mette i soldi e si vende il terreno, quindi il liquidatore va dal notaio e vende il terreno, senza problemi», spiega infine Nitti a Pittelli. È ancora il commercialista a dare suggerimenti all’avvocato: «(…) dopo di che, a quel punto, osa un attimo, presenta un bilancio finale di liquidazione non avendo nulla da liquidare nell’attivo e deposita un bilancio finale di liquidazione con questo debito, il problema dove sta, e la cancella dal Registro delle Imprese (…) lascia stare che questi 800.000 euro non sappiamo la Regione Calabria che fine farà fare…». «Possibile che dopo 7 anni, dopo 10 anni si svegliano di nuovo?» si chiede Pittelli che spiega poi nel corso della conversazione: «(…) albergo finanziato nel 2008, no la revoca è del 2008, il finanziamento e l’ingiunzione del 2012… dall’ingiunzione di pagamento, ti fanno revoca e ingiunzione di pagamento e da lì scatta la prescrizione ovviamente, comunque questa la guarderò…».
Così come ricostruito dagli inquirenti e trascritto nell’ordinanza del gip, la necessità di vendere il terreno alla nuova società e di mettere in liquidazione la “A.T. Alberghiera Turistica S.r.l.” nasceva, quindi, «dall’esistenza di un debito verso la Regione Calabria, di circa 800.000 euro per un finanziamento ricevuto e non restituito». Somma già stata richiesta con un’intimazione di pagamento nel 2012 e, pertanto, per evitare successive procedure esecutive sui beni, «era necessario svuotarla dell’unico cespite di posta attiva, ossia il terreno a Stalettì». Gli inquirenti registrano poi l’accordo intervenuto tra le parti secondo il quale, una volta venduto il terreno, una parte del corrispettivo sarebbe stata destinata, come detto, a liquidare il recesso del socio “IM.MAR S.r.l.” dalla società “A.T. Alberghiera Turistica S.r.l.”. Gli accertamenti documentali successivi hanno confermato l’avvenuto recesso del socio IM.MAR S.r.l. con atto del 19 luglio 2018, redatto dal notaio Panzarella alle condizioni indicate da Pittelli.
Rispetto alla compravendita del terreno, annota il gip nell’ordinanza, emergevano alcuni ostacoli che Pittelli, Nitti e Panzarella cercavano di superare. Già perché il terreno a Stalettì risultava gravato da un’ipoteca, risalente al 2005, per l’importo di 1,5 milioni di euro a garanzia della somma di 750mila euro concessa a titolo di mutuo dalla Banca Antonveneta S.p.a. a favore della “Cromar Immobiliare S.r.l.”, all’epoca detentrice del 100% delle quote sociali della “AT Alberghiera Turistica” che figurava esclusivamente in qualità di terzo datore di ipoteca, non avendo contratto il debito «ma svolgendo solo la funzione di garante del debito contratto dalla Cromar Immobiliare S.r.l.». Altro “ostacolo” era rappresentato da una cartella esattoriale afferente al debito della A.T. Alberghiera Turistica S.r.l. verso la Regione Calabria da 994mila euro sebbene non fosse mai avvenuto alcun pignoramento. Infine, un altro debito che la società aveva nei confronti di Equitalia da 29mila euro che, in seguito all’applicazione di alcuni sgravi fiscali, era stato ridotto alla somma di 1.796 euro, pagati poi da Pittelli.
E così, il 6 agosto 2018, l’assemblea della società “A.T. Alberghiera Turistica S.r.l.” delibera lo scioglimento anticipato della società, con conseguente messa in liquidazione e nomina del liquidatore mentre il 29 ottobre del 2018, gli inquirenti registrano una conversazione dalla quale emerge la stipula dell’atto di compravendita del terreno, adibito a uliveto a Stalettì, comprensivo di un manufatto, presso lo studio del notaio Panzarella. Il prezzo veniva convenuto in 650mila euro e pagato attraverso due bonifici. Con l’atto di compravendita – scrive il gip nell’ordinanza – l’intero patrimonio della “A.T. Alberghiera Turistica S.r.l.” «veniva corroso poiché svuotato non solo dell’unico bene posseduto (vale a dire il terreno), ma anche dell’intero prezzo di vendita».
Le verifiche degli uomini della Guardia di Finanza di Catanzaro hanno consentito di accertare che la società “A.T. Alberghiera Turistica S.r.l.” «era inattiva da anni e che l’ultimo bilancio depositato era quello relativo all’esercizio commerciale chiuso il 31 dicembre 2011». La banca informatizzata dell’Agenzia delle Entrate aveva poi annotato, al 18 luglio del 2019, la fusione per incorporazione della “A.T. Alberghiera Turistica S.r.l.” alla “Sarusi S.r.l.” con conseguente operazione di compensazione IVA. Dagli ultimi tre bilanci depositati dalla società, inoltre, emergeva che al 2011, la stessa società «deteneva immobilizzazioni materiali per 579.786 euro e che, da accertamenti sui beni posseduti e dalla nota integrativa al bilancio di esercizio, risultavano riferibili al valore del terreno di Stalettì» annota il gip nell’ordinanza. Nel 2011, inoltre, vi era stato un drastico calo dei crediti esigibili oltre l’esercizio successivo da 4.096.850 euro a 575mila euro. «A ciò corrispondeva – riporta ancora il gip – un incremento di debiti esigibili nello stesso periodo da 238.613 euro a 1.080.630 euro. La lettura della nota integrativa al bilancio permetteva di comprendere che la società negli anni precedenti era stata assegnataria di un contributo regionale POR per 3.521.950 euro, al quale, però, aveva rinunciato». (g.curcio@corrierecal.it)
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