Nel nome ha il cielo e nel cognome l’ancoraggio alla sua terra d’origine. Luna Paese non è abituata a parlare: preferisce cantare. È il motivo per cui le sue risposte sono abbastanza “stringate” (eufemismo) ed è lo stesso motivo per cui abbiamo condito questa nona uscita di Calabrians con qualche suo pezzo. Il parallelismo con Bjork è troppo facile però non si poteva non fare, in realtà Luna ricorda anche Aimee Mann e Feist. Il tempo dirà se sarà capace di lasciare il segno, magari tra anni si dirà “sembra Gintsugi!”. Buona lettura (e buon ascolto)
• CHI È Luna Paese
Luna Paese è un’artista e musicista interdisciplinare, è cosentina ma da anni vive in Francia. Dopo una formazione in pianoforte classico al conservatorio, ha lavorato nella danza e nella performance per quasi quindici anni, studiando con Myriam Gourfink alla PRCC Fondation Royaumont e danzando in pezzi di Simone Forti, Claire Filmon, Margot Dorléans, Alexandre Da Silva e Thibaud Lemaguer, tra gli altri. Dal 2009 crea i suoi spettacoli, presentati alla Biennale di Danza di Venezia, a Micadanses, alla Maison Baron Genève e in molti altri luoghi in Francia, Italia, Belgio, Portogallo e Stati Uniti. Ha conseguito un dottorato in antropologia e arti performative (Ecole Pratique des Hautes Etudes, Università di Torino), con una tesi sul lavoro di Anna Halprin e sul rituale. Con lo pseudonimo Gintsugi, compone e produce le sue canzoni. Il suo primo EP è stato prodotto da Victor Van Vugt (Nick Cave, Beth Orton) e per il suo secondo singolo ha collaborato al mixaggio con Yoad Nevo (AIR, SIA). Il suo primo album (“The elephant in the room”) è uscito qualche giorno fa, nel frattempo è in tour con il suo progetto solista in Francia, Italia, Svizzera e Germania.
Quando e perché ha lasciato la Calabria?
«Per ragioni di studio».
Rimpiange o le manca qualcosa?
«Senza dubbio la famiglia».
Cosa salva della Calabria?
«Ci sono persone con un livello culturale molto elevato che non hanno nulla da inviare a nessuno».
Cosa non le piace del posto dove vive adesso?
«I costi della vita».
Com’è strutturata la comunità dei calabresi nel luogo in cui vive?
«Non lo so, non tendo a scegliere le mie frequentazioni per provenienza ma più per interessi comuni; e a volte capita che siano calabresi ma non ci rifletto in anticipo».
Qual è secondo lei la forza dei calabresi fuori dall’Italia?
«L’adattabilità».
Ci sono, al contrario, degli stereotipi che ci inchiodano a luoghi comuni non più attuali o comunque folkloristici e frutto del pregiudizio?
«Credo che molte persone sarebbero sorprese nel vedere, appunto, il livello artistico delle produzioni calabresi. Mi sembra che gli artisti calabresi soffrono di una percezione determinata da scelte politiche, più che altro».
Tornerà in Calabria?
«Se si presenta l’occasione di poter vivere facendo il mio lavoro… è difficile ovunque ma in Calabria particolarmente».
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