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Maltrattamenti alla convivente e lesioni aggravate, prosciolto giovane cetrarese

Il 28enne era accusato anche di tentata estorsione. Per il gup del tribunale di Paola i fatti non sussistono, respinta la richiesta del pm

Pubblicato il: 27/11/2023 – 17:25
Maltrattamenti alla convivente e lesioni aggravate, prosciolto giovane cetrarese

PAOLA Finisce l’odissea giudiziaria per un giovane cetrarese, A.M., 28 anni, accusato dalla sua ex compagna, J.R., 24 anni, di Acquappesa, di maltrattamenti in famiglia, lesioni personali aggravate e tentata estorsione. Il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Paola, Roberta Carotenuto, accogliendo la richiesta avanzata dai difensori dell’imputato Carmine Curatolo ed Emilio Enzo Quintieri del Foro di Paola, ha emesso una sentenza di non doversi procedere in relazione ai reati di maltrattamenti e tentata estorsione perché il fatto non sussiste ed in relazione a quello di lesioni personali aggravate perché estinto per remissione di querela, previa esclusione delle circostanze aggravanti contestate. Di diverso avviso era stata la Procura della Repubblica di Paola la quale, in udienza, con il pubblico ministero Luca Natalucci, aveva insistito per il rinvio a giudizio dell’imputato per tutti i reati contestatigli, per i quali era stata emessa anche la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa, successivamente revocata dal gip del Tribunale di Paola.
A.M. era imputato di aver maltrattato la convivente J.R. offendendone il decoro e la dignità e ponendola in uno stato di sofferenza morale e psichica tale da rendere la convivenza impossibile. In particolare oltraggiandola, anche alla presenza del figlio minore, con frasi offensive, minacciandola di cacciarla di casa se non gli avesse dato la metà del reddito di cittadinanza che la donna percepiva, danneggiando, in preda a scatti d’ira, i suppellettili di casa, aggredendola anche fisicamente e cagionandole lesioni personali giudicate guaribili dai sanitari del pronto soccorso dell’Ospedale di Cetraro in dieci giorni, alla presenza del figlio minore. Infine, gli veniva contestato, di aver richiesto, con violenza, alla ex compagna, le somme che la stessa percepiva a titolo di reddito di cittadinanza, tentando di costringerla a consegnargli ingiustamente una parte del reddito di cittadinanza, evento che però non si verificava per il rifiuto opposto dalla stessa.
I difensori Carmine Curatolo ed Emilio Enzo Quintieri, sin da subito, con una articolata memoria, avevano sollecitato il proscioglimento dell’imputato, ritenendo che non vi fossero i presupposti, in fatto e in diritto, per il rinvio a giudizio, producendo anche corposa documentazione al riguardo. Per il reato di tentata estorsione avevano richiesto anche la riqualificazione giuridica in quello di tentato esercizio arbitrario delle proprie ragioni, per il quale mancava comunque la condizione di procedibilità della querela essendo stata rimessa dalla persona offesa ed accettata dall’imputato. Il gup del Tribunale di Paola Roberta Carotenuto, all’esito della camera di consiglio, si determinava per il non doversi procedere in relazione a tutti i reati contestati.
Questa la breve motivazione del Giudice: «Sulla base degli atti di indagine sono insussistenti i reati di maltrattamenti e tentata estorsione in contestazione. Già dalla descrizione dei fatti effettuata in querela dalla persona offesa, emerge chiaramente non già un clima di vessazione e prevaricazione di A.M. su J.R., indispensabile per potersi ritenere configurato l’elemento oggettivo del delitto di maltrattamenti, bensì dei frequenti litigi, tuttavia originati da ragioni contingenti. In tale ottica, va letta anche la pretesa dell’imputato di ottenere la sua quota del reddito di cittadinanza, in relazione alla quale non risulta che lo stesso abbia pronunciato minacce o posto in essere violenza a tal fine. Solo per completezza va evidenziato che il beneficio era erogato in favore del nucleo familiare, con la conseguenza che al più potrebbe essere ipotizzato il delitto di tentativo di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, estinto per remissione accettata di querela. Con riferimento al delitto di lesioni deve escludersi la ricorrenza delle aggravanti contestate che rendono il reato perseguibile d’ufficio ed infine va detto che, correttamente non contestata, non può ritenersi sussistente neppure l’aggravante dello strumento atto ad offendere, atteso che non risultano lesioni alla schiena, luogo del corpo verso cui il palo della scopa è stato lanciato. Il predetto reato è estinto per remissione di querela, sicché per tutti i reati si impone sentenza di non doversi procedere».

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