REGGIO CALABRIA Una stele in memoria delle vittime di femminicidio posizionata davanti alla Corte d’appello di Reggio Calabria: un simbolo di impegno sociale «in un luogo che rappresenta la giurisdizione e baluardo dei diritti». Con queste parole la presidente Olga Tarzia e il già presidente della Corte d’appello reggina Luciano Gerardis hanno aperto la cerimonia durante la quale hanno scoperto la stele donata dalla Siel Srl, realizzata in pietra reggina.
Una cerimonia sobria ma partecipata durante la quale sono state ricordate tutte le donne vittime di femminicidio, un pensiero particolare è stato dedicato a Lea Garofalo e Maria Chindamo, morte di femminicidio per mano della ‘ndrangheta, e Giulia Cecchettin, la 22enne di Vigonovo barbaramente uccisa dall’ex fidanzato. Una vicenda che ha scosso l’Italia intera, che dopo l’uccisione della giovane studentessa a un passo dalla laurea, si è mobilitata da Nord a Sud scendendo in piazza.
«Dobbiamo essere tutti promotori di iniziative di questo genere, – ha detto Gerardis – parlare di questi temi non è mai troppo. Per cambiare ci vuole tempo, consapevolezza ed è necessario costruire una rete sempre più ampia. Questi ultimi eventi di cronaca – ha aggiunto Gerardis riferendosi al caso di Giulia Cecchettin – hanno sollecitato una risposta forte e una presa di consapevolezza. Vedo quanto sono sensibili i ragazzi su questi temi, il problema è di lunga durata e la guardia non va mai abbassata, se ne deve continuare a parlare. Questa stele – ha concluso Gerardis – si trova nel posto giusto perché questo è il posto dove si difendono i diritti di tutti, luogo baluardo dei diritti».
Una stele che non è solo un simbolo, ha sottolineato la presidente della Corte d’Appello Olga Tarzia a margine della cerimonia: «Sono simboli, ma non sono dei simboli statici, hanno un loro significato. Questo è per non dimenticare ma per continuare, per andare avanti, per combattere una lotta che è ancora tanto lunga perché la nostra società ancora non è pronta alla parità, non è pronta a vedere le donne allo stesso livello degli uomini. È una società arcaica e alcune tracce di questa arcaicità ancora si rinvengono nel tessuto sociale. Ricordiamo – ha spiegato Tarzia – che fino a qualche anno fa esisteva ancora l’autorità maritale, l’omicidio per causa d’onore. Immaginate quindi a come erano sottotitolate le donne, sotto quel titolo quanti femminicidi si nascondevano? Tantissimi. Era consentito tutto all’uomo e con questa logica, con questa sovrastruttura, molti sono cresciuti. Eppur volendo superare queste incrostazioni a volte diventa profondamente difficile, per cui dobbiamo lavorare soprattutto a livello culturale, crescere i nostri figli in modo diverso, fare capire loro che la differenza è un valore, non è un elemento negativo. E le donne hanno dimostrato di sapere essere presenti, generose e anche forse più coraggiose di quanto si possa immaginare».
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