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Rigassificatore di Gioia Tauro, i numeri e (l’indotto) del progetto “sposato” dal governo

Il pressing di Occhiuto, l’”apertura” di Meloni, le resistenze e poi il via libera del Cdm. Cosa può rappresentare in prospettiva l’impianto gioiese

Pubblicato il: 28/11/2023 – 14:02
di Antonio Cantisani
Rigassificatore di Gioia Tauro, i numeri e (l’indotto) del progetto “sposato” dal governo

LAMEZIA TERME Alla fine anche le ultime resistenze sono cadute. Il progetto della realizzazione del rigassificatore di Gioia Tauro esce dal limbo e inizia a prendere forma. A rompere gli indugi è stato il governo Meloni, che già un mese fa era sul punto di approvare il Decreto Energia che conteneva la previsione della strategicità dell’impianto gioiese ma poi aveva “frenato” per alcuni dubbi “interni”, in particolare quelli del ministro Raffaele Fitto, timoroso del fatto che la proroga del regime di tutela per il mercato del gas e dell’elettricità potesse mettere in discussione gli accordi con l’Europa in tema di Pnrr. Ma i dubbi evidentemente si sono diradati ieri nel Consiglio dei ministri, che ha definitivamente “sdoganato” il progetto del rigassificatore di Gioia Tauro e di Porto Empedocle, indicati come «interventi strategici di pubblica utilità, indifferibili e urgenti»

L’”apertura” di Giorgia Meloni

Una svolta, non c’è che dire, quella segnata dal governo Meloni, che sia pure con una certa lentezza ha dato seguito alla linea indicata dalla stessa premier nell’ottobre 2022, nella seduta di insediamento al Parlamento, quando espose le sue linee programmatiche e nelle pieghe dell’intervento annunciò l’intenzione di sbloccare il rigassificatore di Gioia Tauro, rimasto per 20 anni sepolto in qualche polveroso cassetto ministeriale (il primo decreto governativo è del 2002).  Un’”apertura”, da parte della Meloni, sicuramente dettata dal pressing che nel frattempo avevano avviato coloro che il rigassificatore di Gioia Tauro lo volevano più di tutti: anzitutto il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto, poi Confindustria con il presidente Bonomi, la Cisl di Gigi Sbarra, per citarne qualcuno.

Roberto Occhiuto con Giorgia Meloni

I numeri del progetto

Il battage per l’impianto gioiese, dopo anni di silenzio e di oblio, l’ha ovviamente avviato il governatore Occhiuto praticamente dal giorno dopo il suo insediamento alla Cittadella: all’epoca in carica c’era il governo Draghi, che però si è sempre mostrato molto tiepido. Maggiore fortuna Occhiuto l’ha avuto con il governo Meloni, ovviamente più “amico” sul piano politico, anche se le resistenze – come visto – anche qui non sono mancate. Resistenze non solo e non tanto politiche (giusto per dirne una, l’idea non garba tanto al colosso Snam) che hanno frenato l’ok al progetto del rigassificatore di Gioia Tauro innervosendo non poco lo stesso Occhiuto. Il presidente della Regione però ha tenuto il punto insistendo sulle finalità del progetto del rigassificatore: nel piano di Occhiuto l’impianto potrebbe rappresentare – ovviamente in una prospettiva lunga perché per farlo ci vogliono begli annetti – una risposta dell’Italia alla crisi energetica e una garanzia di autosufficienza sul piano energetico, facendo di Gioia Tauro l’hub energetico non solo del Paese ma anche dell’Europa. Se tutto filasse liscio (cosa ovviamente non scontata in Italia), in meno di 4 anni – secondo una ipotesi progettuale – il rigassificatore potrebbe essere in grado di processare 12 miliardi (anche 16) di metri cubi di gas naturale liquefatto (Gnl) al giorno, un terzo di quello importato dalla Russia. Il progetto ovviamente è molto complesso, sul piano tecnico.

I contenuti del progetto

Il progetto – secondo un dossier pubblicato mesi fa da “Il Sole 24 Ore” – risale a più di 10 anni fa, ed è stata revisionato nel 2015: fa capo a Lng Medgas Terminal, che ha come azionista di riferimento Fingas, controllata pariteticamente da Iren e Sorgenia. «L’amministratore delegato di Iren Gianni Vittorio Armani – ricordava il quotidiano economico – ha dichiarato che l’impianto ha già ottenuto tutte le autorizzazioni. E la società si è detta “pronta a fornire le risorse e le competenze per aiutare a costruire il terminale”». Il progetto prevede il posizionamento del rigassificatore all’interno del retroporto, in un’area di 47 ettari che ricade nei comuni di Gioia Tauro, San Ferdinando e Rosarno, e il collegamento per 7 chilometri alla rete della Società nazionale metanodotti (Snam). La costruzione dei rigassificatore gioiese è stabilita per moduli: il primo in 3 anni dalla conclusione dell’iter amministrativo, implementabile in base alle esigenze del mercato e dello sviluppo degli usi alternativi del metano liquido. Per consentire l’accesso a grandi navi cisterna e il collegamento diretto alla rete autostradale e alla ferrovia, dovrebbe realizzato un pontile di scarico in acque profonde, a 500 metri dalla costa.

L’area portuale di Gioia Tauro

L’indotto: dalla “piastra del freddo” all’occupazione

Secondo quanto riportava “Il Sole 24 Ore” «l’impianto rappresenta, del resto, una opportunità per tutta la regione, configurandosi come un hub per l’impiego del Gnl nei trasporti via terra e via mare. Importanti le ricadute occupazionali: calcolati 1000 addetti nei cantieri, 125 per l’impianto a regime, con un indotto di almeno 500 lavoratori. Il progetto – per come spesso sostenuto da Occhiuto – si preannuncia risolutivo anche per la previsione di collegare all’impianto una “piastra del freddo”, in grado di sfruttare l’energia prodotta dalla trasformazione del gas liquido per svolgere attività su merci che necessitano di immagazzinamento refrigerato». Con la sua capacità di 12 miliardi di mc – spiegava ancora “Il Sole 24 Ore” – il rigassificatore di Gioia Tauro sarebbe il più importante impianto di ricezione di Gnl dai nuovi giacimenti del Mediterraneo, ma anche da Nigeria, Qatar, Algeria e dai nuovi impianti di liquefazione africani di Mozambico e Congo, operati dall’Eni e sarebbe poi il punto naturale di arrivo del gas dei nuovi giacimenti al largo di Israele ed Egitto e ad occidente di Cipro. Ovviamente, il progetto ha un costo iperbolico, stimato in un range tra 1,2 e 1,5 miliardi, che potrebbero arrivare però dai privati. È questo ovviamente il “nodo” più serio. Ma intanto un altro serio “nodo” è stato sciolto, quello politico, con il via libera del governo che ha riconosciuto la strategicità e l’urgenza del rigassificatore di Gioia Tauro. Che ovviamente ha anche tanti nemici, a partire dalle associazioni ambientaliste e da alcune amministrazioni del territorio. E adesso sarà questa la prima partita da giocare. (redazione@corrierecal.it)

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