REGGIO CALABRIA «Il Ponte sullo Stretto? È una sciagura che va evitata in ogni maniera». Non usa mezzi termini Mario Tozzi, geologo, primo ricercatore del Cnr, divulgatore scientifico e conduttore tv, per definire la grande opera che unirà Calabria e Sicilia al costo di 13,5 miliardi di euro, tornata al centro dell’agenda politica del Governo con Matteo Salvini come ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Laureato in Scienze Geologiche, attualmente Primo Ricercatore presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria), autore di pubblicazioni scientifiche su riviste italiane e internazionali, Tozzi, che si è occupato dell’evoluzione geologica del Mediterraneo centro-orientale, al Corriere della Calabria spiega: «Non c’è un’area a rischio naturale così alta in tutto il Mediterraneo come lo Stretto di Messina». Descrivendo una zona ad alto rischio sismico, dove insistono fenomeni di erosione costiera e dissesto idrogeologico, il ricercatore spiega: «I soldi che dovrebbero essere spesi sono quelli per il rischio naturale». E sul progetto del Ponte che secondo Matteo Salvini unirà Calabria e Sicilia entro il 2032 non ha dubbi: «È un’opera ideologica, non ha niente di pratico e niente di utile».
Secondo Tozzi il Ponte sullo Stretto «non ha alcuna utilità da un punto di vista pratico. Si fa molto prima ad attraversare lo Stretto adesso, con l’aliscafo e senza prendere la macchina». Attraversare il ponte in auto, spiega l’esperto «implicherebbe metterci più tempo e oltretutto inquinando di più, ai pendolari comporterebbe un uso dell’autovettura che non avrebbero avuto». Sull’opera, che secondo Salvini non unirà solo la Calabria e la Sicilia, ma l’Italia all’Europa, Tozzi aggiunge ironicamente: «Per quello che mi riguarda, chi viene da Berlino e volesse andare a Palermo in macchina, va ricoverato. Con l’aereo che costa 100 euro da Berlino, per quale ragione dovrebbe prendere la vettura? È una follia. Se poi invece lo usi perché è una bellezza turistica, vai ricoverato lo stesso, perché se tu vai in Sicilia per vedere il ponte e non Piazza Armerina, Taormina, Segesta, Palermo, Catania e tutto quello che c’è, sei matto. Dunque il ponte non serve». «Oltretutto – aggiunge Tozzi – non sappiamo nemmeno se potrà ospitare l’alta velocità, nessun ponte anche meno lungo al mondo ha la linea ferrata, nessuno di questi a campata unica».
Diversi i rischi dal punto di vista ambientale, dice l’esperto che spiega: «Uno tra tutti è il rischio che aumenti il traffico su gomma, e poi paesaggisticamente è uno sfregio. Le torri sarebbero più alte delle colline che gli sono attorno. Una roba brutta da vedersi». La questione inoltre è anche «diseducativa, perché ti fa pensare che un’opera, purché sia possibile, allora la facciamo. E’ questo è come se educasse i nostri discendenti a pensare che sulla natura tutto è possibile. Invece no, ci sono delle cose che non puoi toccare».
Tozzi, inoltre, parla di altre priorità in una zona ad alto rischio sismico, dove insistono fenomeni di erosione costiera e dissesto idrogeologico: «I soldi che dovrebbero essere spesi sono quelli per il rischio naturale. Non c’è un’area a rischio naturale così alta in tutto il Mediterraneo come lo Stretto di Messina. Se arriva un terremoto, anche di magnitudo più bassa di quella del progetto, che è 7,1 Richter, rade al suolo Reggio Calabria e Messina perché non sono adatte a reggere un terremoto, non sono costruite antisismiche», è l’allarme che lancia Tozzi, che aggiunge: «A quel punto il ponte unirebbe due cimiteri. Forse quei soldi pubblici sarebbe meglio metterli nella ristrutturazione antisismica di Reggio e Messina. Ma il ponte drena tutte le risorse».
Tra gli interventi alternativi che invece andrebbe fatti, secondo l’esperto c’è «il sistema dei traghetti, degli imbarchi che deve essere rifatto perché così com’è è inquinante. E’ una delle ragioni per cui le analisi di impatto ambientale sembrano favorevoli al ponte, ma quello – spiega Tozzi – con molta meno spesa, si parla di qualche milione di euro, si può risistemare».
«Ci vogliono opere di ingegneria naturalistica compatibili con il territorio, bisognerebbe mettere lì dei soldi», dice Tozzi che spiega: «Per quanto riguarda altri aspetti, per esempio le grandi frane che sono tipiche del versante calabrese, i cosiddetti scivolamenti gravitativi profondi, ci vogliono attenzione e opere più profonde, oppure addirittura, come in certi casi, è meglio non fare nulla perché certe volte il territorio più lo si lascia in pace e meglio è. Tutta la provincia di Messina è dissestata dalle frane e queste frane, come nella zona di Giampilieri, sono determinate dall’eccesso di opere, ci hanno costruito sopra troppo».
Dal punto di vista sismico, secondo Tozzi bisognerebbe «investire nella ristrutturazione antisismica almeno degli edifici pubblici e delle infrastrutture in modo che possano reggere al prossimo terremoto, perché tanto il terremoto ci sarà, non è che non ci sarà, non è che possiamo far finta di niente. L’impresa più grossa sarebbe la ristrutturazione antisismica dello Stretto, quella costerebbe un sacco di soldi, ma se si preferisce fare altro vuol dire essere corresponsabili dei morti che ci saranno». (redazione@corrierecal.it)
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