VIBO VALENTIA È stato condannato a trent’anni di carcere Giuseppe Accorinti, classe ’59 noto come “Peppone”, considerato il boss del locale di ‘ndrangheta di Zungri, nel Vibonese. I giudici, dunque, hanno accolto le richieste avanzate dai pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo e Andrea Buzzelli. Secondo l’accusa, infatti, Accorinti ha «un ruolo di vertice non solo del locale attivo a Zungri, ma avrebbe un ruolo di primo piano nel «direttorio criminale dell’intera area del Vibonese» insieme al boss indiscusso, Luigi Mancuso, Saverio Razionale di San Gregorio d’Ippona, già condannato a trent’anni in primo grado di Rinascita-Scott e Rocco Anello, imputato nell’altro processo contro la ‘ndrangheta, Imponimento.
Solo qualche giorno fa, Giuseppe Accorinti aveva rimediato un’altra condanna – all’ergastolo – per il duplice omicidio “lupara bianca” di Roberto Soriano di Filandari e Antonio Lo Giudice di Piscopio, scomparsi nell’agosto del 1996 e i cui cadaveri non sono mai stati ritrovati.
A delineare la figura di Peppone Accorinti, nel corso delle udienze del processo “Rinascita-Scott” nel troncone legato agli omicidi in Corte d’Assise a Catanzaro era stato anche il collaboratore di giustizia, Andrea Mantella. «Peppone Accorinti, Giuseppe Accorinti, non c’è trippa per gatti, comanda lui, comanda Peppe Accorinti, non c’è nessuno in quella zona, signor procuratore, senza dubbio, assolutamente». Così aveva risposto alla domanda della pm Frustaci durante l’udienza. Accorinti, raccontava ancora Mantella, non era solo facile a sopprimere vite e a gestire traffici di droga ma era un uomo che «si impossessava di tutto, tutto quello che vedeva con gli occhi era roba sua». Non solo. «La sera gli vendeva bestiame ai contadini e la notte se lo andava a prendere… Tutto quello che vedeva con gli occhi era roba sua, voglio dire e i poveretti se ne andavano, emigravano, praticamente ha svuotato Zungri, l’ha svuotato, non ne potevano più i suoi compaesani, nemmeno per piantare un broccolo, se ne sono andati e lui spadroneggiava con il suo bestiame, quindi si impossessava di tutto, tutto quello che vedeva con gli occhi era roba sua, terreni, pascoli», praticava il furto di bestiame e le certificazioni fasulle della brucellosi, con il servizio veterinario di Vibo Valentia.
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