ROSARNO Il coraggio di una donna decisa a ribellarsi ad una vita di soprusi, umiliazioni, violenze fisiche e psicologiche. Nelle carte dell’inchiesta che hanno portato all’arresto di Domenico e Rosario Arena, padre e figlio, occupano un capitolo decisamente delicato le minacce subite dall’ex moglie di quest’ultimo che si è rivolta ai pm della Dda di Reggio Calabria a quali ha raccontato spaccati di una vita infernale, vissuta dopo la decisione di interrompere la loro relazione. «Dovrai morire di fame» avrebbe scritto su Facebook un profilo fake riferendosi alla donna, che denuncia di aver ricevuto minacce di morte: «mi hanno più volte detto che per me era già pronta la ruspa, volendo intendere che mi avrebbero appunto uccisa e seppellita». Il narrato ricorda la tragica uccisione di Maria Chindamo, imprenditrice originaria di Laureana di Borrello, rapita e uccisa dalla criminalità organizzata. A confessare i dettagli del macabro delitto è stato il collaboratore di giustizia Antonio Cossidente. Nel corso dell’interrogatorio del 7 febbraio 2020, riferisce della distruzione del cadavere della donna: «la donna venne data in pasto ai maiali».
I coniugi si separano nel 2018, e da quel momento la donna diventa un bersaglio mobile.
«Sono sempre stata detestata da tutta la famiglia e maltrattata in ogni occasione. Sono stata infatti minacciata, offesa verbalmente, non ho ricevuto mai regali e sono stata frequentemente picchiata da mio marito». Il racconto prosegue ed è condito da dettagli macabri. «Nel corso della mia vita matrimoniale mi sono spesse state recapitate, nella cassetta della posta, scritte al computer e prive di francobollo, lettere con un contenuto sempre offensivo nei riguardi della mia persona (…) mi sono stati recapitati anche libricini con contenuto pornografico». Un’esistenza – quella narrata dalla donna – vissuta in precario equilibrio, stretta tra la voglia di ribellarsi e andare via e la paura di possibili ritorsioni. Un giorno trova il coraggio, si reca in procura e denuncia tutto. Lo fa pensando al suo futuro ed a quello dei suoi figli. «Voglio andare via in maniera libera, non sotto protezione. La mia principale preoccupazione è quella di garantire ai miei figli una vita libera; voglio che possano avere una normale vita sociale e non voglio che debbano vivere rinchiusi in casa. So che rimanendo a vivere a Rosarno, inevitabilmente, avranno contatti con le famiglie mafiose del posto e questo è ciò che mi fa soffrire». (f.b.)
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