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Da Sýbaris a Crotone a Gioia Tauro: prove di sviluppo sostenibile

Contro il pregiudizio che ambiente e industria siano due opposti inconciliabili

Pubblicato il: 04/12/2023 – 14:15
di Lucia Serino
Da Sýbaris a Crotone a Gioia Tauro: prove di sviluppo sostenibile

COSENZA Cosa hanno in comune le “pietre antiche” di Sýbaris con la pavimentazione delle aree industriali retroportuali, di Crotone, ad esempio? Le strade dello sviluppo sono lastricate – è il caso di dire – di buone intenzioni. Ma non è detto che non possano avere un comune driver e parlare lo stesso lessico che è quello della bonifica dei luoghi, una bonifica innanzitutto dell’idea dell’abbandono permanente e dell’insicurezza, dell’ambiente sociale prima ancora del sedimento territoriale, dell’ecologia di una nuova immagine, purché sostanziata di fatti e non di solo verbo. Non sono trascurabili tre fatti per stare al tema, la recente visita del ministro dell’Interno, Matteo Piandetosi a Crotone, la galoppata della Baker Hughes in Calabria e, notizia delle notizie, la conferma che il rigassificatore a Gioia Tauro si farà.

Nel nome della legalità e della sicurezza

Il titolare del Viminale è venuto sulla sponda jonica a presentare i risultati del Pon legalità e per quell’alchimia (positiva) della progettazione a più rami si sono trovati a confrontarsi l’industria e l’archeologia nel nome della legalità e della sicurezza. Non era scontato che si confrontassero, cioè, il presidente degli industriali calabresi, Aldo Ferrara, e Filippo Demma, il direttore (anche) del Parco archeologico di Sibari (che se non esistesse bisognerebbe inventarlo) ente beneficiario del progetto Safety and Security, 13 milioni di euro per la realizzazione di sistemi di videosorveglianza avanzata e di monitoraggio. Un secondo progetto – “Iside Calabria” – è di tipo formativo, condiviso e federato per la Safety & Security dei luoghi della cultura MiC della Regione Calabria e ha previsto uno stanziamento di circa 8 milioni e mezzo di euro per le competenze del personale.
Ma il Pon legalità, molto seguito dal sottosegretario Wanda Ferro, non ha trascurato le aree industriali, 20 milioni sono state assegnate per un progetto di sicurezza e monitoraggio delle matrici ambientali grazie a un bando che scade proprio in questi giorni. Qual è il comune denominatore? E’ l’idea, che ha ancora bisogno di radicarsi forte ma non solo in Calabria, che industria e cultura non sono due concetti oppositivi, perché l’ambiente che li contiene – vogliamo chiamarlo il contesto? – è unico. E unica è la traiettoria di una strategia dei territori che per il futuro deve alimentarsi di una parolina ostica, la neutralità rispetto agli obiettivi di ricerca e sostenibilità che devono accompagnare lo sviluppo. E’ per questo che non può che essere guardata con attenzione l’avanzata della multinazionale Baker Hughes a Corigliano-Rossano. All’interno di una superficie di circa 100 mila metri Baker Hughes realizzerà nel cuore del porto un investimento da 60 milioni di euro per produrre alcune delle strutture dei propri moduli industriali, la verniciatura e il montaggio. Non tutti sono d’accordo, il confronto è d’obbligo quando si entra in una comunità, ma ciò che va “sverniciato” è il giudizio, anzi, il pregiudizio a priori sulla gerarchia dell’impatto ambientale, industria no, impresa turistica sì. La convergenza è in una comune sostenibilità, in una parallela responsabilità. Per anni la logica degli opposti portava la tutela dei territori da una parte e lo sviluppo industriale dall’altra. L’accelerazione e sui nuovi progetti di rigassificatori, in particolare quello di Gioia Tauro, investimento di Iren e Sorgenia da 1,5 miliardi, è una prova di sintesi. Sulla grande infrastruttura, di cui si parla da quasi 20 anni, si è fortemente speso il presidente della Regione Roberto Occhiuto, che l’ha rilanciato considerandolo strategico per il rilancio dell’area portuale gioiese, sempre più centrale nel Mediterraneo, per aumentare l’autonomia energetica del paese e per creare un indotto anche in termini di nascita di un grande distretto agroalimentare grazie al connesso progetto della piastra del freddo. I cambiamenti che ci appaiono epocali ci trovano quasi sempre sprovvisti di leve. Che lo vogliamo oppure no, la transizione – anzi le transizioni – imposte dai cambiamenti già in atto in tutto il mondo sono ineludibili. Meglio provare a governare i processi piuttosto che subirli. Bisogna riconciliarsi col mondo, dice Francesco. Possibilmente senza guerre ideologiche. (redazione@corrierecal.it)

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