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Il rapporto Svimez

Economia, Calabria a passo di tartaruga. Cresce divario e povertà

Tasso più basso di crescita in 2 anni. Oltre il 42% dei cittadini è sotto la soglia di sussistenza. L’esodo sanitario costato 2,71 miliardi in 10 anni

Pubblicato il: 05/12/2023 – 9:30
di Roberto De Santo
Economia, Calabria a passo di tartaruga. Cresce divario e povertà

CATANZARO Una crescita lenta che compromette la possibilità di recuperare terreno rispetto alle aree più ricche del Paese. Anzi nel tempo quel divario si sta sempre più incrementando. Una situazione resa ancor più critica dal crollo demografico, dall’incremento della povertà tra la popolazione, dal basso tasso di occupazione e dai ridotti servizi offerti ai cittadini in termini di prestazioni sanitarie e di assistenza ai più fragili. È un quadro della Calabria dipinto a tinte decisamente fosche quello che emerge dal Rapporto Svimez 2023 “L’economia e la società del Mezzogiorno” presentato oggi nella sala del Tempio di Vibia Sabina e Adriano della Camera di Commercio di Roma.
Un quadro che delinea come la Calabria faccia fatica ad uscire dalla palude socio-economica in cui è rimasta impantanata da decenni. E se la ripartenza post Covid ha interessato anche questa parte dell’Italia, la marcia intrapresa dalla Calabria assomiglia sempre più a quella di una tartaruga, piuttosto che a quella della gazzella. Ed i numeri ne sono la dimostrazione plastica.

Il direttore generale della Svimez, Luca Bianchi durante la presentazione del rapporto

Crescita lenta e divario in crescita

Stando ai dati del Rapporto Svimez, la Calabria è una delle regioni che continuano a crescere meno in termini di ricchezza generata sul territorio. Se, infatti, il Prodotto interno lordo tra il 2021 ed il 2022 ha fatto registrare una crescita del 9% – compensando così il crollo dell’anno pandemico (2020) in cui la regione aveva perso l’8,8% della ricchezza – questo incremento è stato inferiore sia alla media nazionale (10,9%) ma anche al resto del Sud Italia (10,7%). Un tasso che, stando alle elaborazioni degli analisti della Svimez, è stato il più basso registrato in Italia e che, se cumulato all’andamento degli anni precedenti alla crisi pandemica, dimostra tutte le difficoltà che l’economia calabrese paga sull’altare dell’incapacità di programmare il proprio futuro. Visto che, tra il 2015 e il 2019 mentre l’Italia cresceva al ritmo del 5,3%, la Calabria in quel lasso di tempo ha ottenuto un misero +0,4%. Senza contare che nei sette anni precedenti era la regione che aveva perso di più in termini di ricchezza (-14,3% tra il 2008 e il 2014). Un andamento che fa comprendere esattamente come il divario nel tempo si sia incrementato.

Il peso dei comparti produttivi

Inoltre per comprendere la peculiarità della crescita italiana e della Calabria in particolare – per la prima volta quasi allineati – vanno analizzati alcuni aspetti. Gli analisti della Svimez, mettono in luce che a pesare nella fase post pandemica c’è stato «il tenore straordinariamente espansivo delle politiche di bilancio e la diversa composizione settoriale della ripresa».
Nel rapporto si legge che dato 100 il dato di crescita cumulata del valore aggiunto extra-agricolo nel biennio, i servizi hanno contribuito per 78,3 punti, in Calabria. Un dato superiore alla media italiana e meridionale, la prima ferma a 63 punti e la seconda a 71,1. Distante dal 63,6 del Centro-Nord.
L’altro comparto che ha permesso alla Calabria di ottenere quel risultato è legato al contributo del settore delle costruzioni che è valso il 26,3% del valore aggiunto prodotto contro 11,9 del Centro-Nord e il 18,9 del Mezzogiorno. A significare quanto impatto abbiano esercitato nella regione i vantaggi legati ai contributi dettati dal sistema del Superbonus 110%.
Viceversa l’industria in senso stretto ha registrato in Calabria una flessione pari a 4,6 punti nel contributo alla crescita accumulata nel biennio 2021-2022 a differenza delle aree più ricche del Paese. Ad esempio nel Nord-Est il peso specifico di questo comparto all’incremento del valore aggiunto è stato di quasi 30 punti. «Il limitato contributo dell’industria alla ripresa – scrivono sul tema gli analisti Svimez – se non in alcune specifiche realtà, mette in luce le difficoltà dell’apparato produttivo meridionale nel tenere il passo delle regioni a maggiore vocazione manifatturiera: l’industria del Centro-Nord ha recuperato i volumi produttivi pre-crisi (+0,5% rispetto al 2019) a differenza di quella meridionale (–4,6%)».

Il gelo demografico

I dati messi in fila della Svimez, fanno poi emergere i rischi che incombono sull’Italia in termini di squilibri generazionali: visto che la diminuzione delle nascite ed il progredire delle speranze di vita ha trasformato il Paese in uno dei più anziani d’Europa. Un aspetto che interessa ancor più da vicino la Calabria investita anche dalla fuga della popolazione soprattutto più giovane e qualificata. E così risulta che tra il 2022 ed il 2050, la regione perderà 804mila abitanti, portando inoltre l’indice strutturale di dipendenza demografica (Ids) all’89,7% rispetto al 56,2 del 2022. Si tratta dell’indice che calcola il rapporto tra popolazione in età non attiva (0–14 anni e 65 anni e più) e popolazione in età attiva (15–64 anni). Ad indicare come la Calabria sia destinata ad invecchiare. Con effetti anche sulla sostenibilità economica. Sempre dai calcoli della Svimez, che ha verificato anche l’indice strutturale di dipendenza economica (Idso), emerge come quell’indicatore in Calabria nel 2080 raggiungerà quota 212,8 contro il 146,9 della media italiana ed il 128,8 del Centro-Nord.
«Al 2080 – scrivono gli analisti della Svimez – al Sud lavorerà in media un occupato ogni due residenti in età non attiva. Per invertire la tendenza pluridecennale al calo delle nascite occorre mettere in campo politiche attive di conciliazione dei tempi di vita e lavoro e rafforzare i servizi di welfare. Ricomporre gli squilibri naturali accumulati negli scorsi anni e quelli che si manifesteranno nei prossimi richiede anche una attenta politica migratoria inclusiva dal punto di vista sociale e lavorativo».

I divari di servizi

E a pesare sulla qualità di vita dei cittadini e dunque sull’attrattività dei territori ci sono anche i servizi offerti. Ebbene dai dati raccolti nel report Svimez, emerge che la Calabria registra ancora bassi livelli di prestazioni ai propri cittadini. Ad iniziare da quelle sanitarie, prendendo a base i Livelli essenziali di assistenza (Lea), la Calabria ottiene 160 quartili: penultimo punteggio in Italia e risultando così inadempiente. Sempre in tema di servizi sanitari, nel rapporto si sottolinea come anche la performance del Servizio sanitario regionale in tema di tutela socio-sanitaria offerta ai propri cittadini pone la Calabria all’ultimo posto. «Fatto 100 il risultato massimo raggiungibile – evidenziano quelli della Svimez – la valutazione 2023 delle performance regionali oscilla da un massimo del 59 a un minimo di 30: il risultato migliore lo ottiene il Veneto, il peggiore la Calabria».
Dati che si ritorcono poi sulla stessa regione in termini di spesa sanitaria “regalata” ad altre regioni per via dell’alto tasso di migrazione fuori dalla Calabria.
Stando ai conti stilati dalla Svimez, tra il 2010 ed il 2019 il Servizio sanitario regionale calabrese ha accumulato un saldo negativo pari a 2,71 miliardi di euro. Risorse che sono state sottratte al sistema di assistenza sanitaria locale per favorire le regioni più attrattive.

Per comprendere meglio di cosa si tratti la Svimez ha fatto la conta di quanti pazienti sono andati fuori regionale a curarsi. A partire da quelli oncologici. Ebbene tra il 2017 ed il 2021, 14.049 pazienti oncologici sono andati fuori dalla Calabria a curarsi. Si tratta di oltre la metà dei cittadini calabresi affetti da patologie neoplastiche che hanno scelto strutture fuori dalla regione. Il tasso più alto in Italia dopo il Molise (52,08%). Molto lontano dalla media nazionale pari al 12,18% ed ancor più distante dalle regioni che hanno viceversa registrato la maggiore capacità di attrarre pazienti da altri territori. Si tratta di Lombardia, Veneto, Toscana ed Emilia Romagna. Regioni, si evidenzia nel rapporto che hanno già attivato le procedure per l’autonomia differenziata.
Un aspetto che dovrebbe far riflettere sulla riforma voluta fortemente dal ministro Roberto Calderoli. Tanto da far evidenziare a tal proposito dagli stessi analisti della Svimez che «si aprirebbero spazi impropri per la differenziazione territoriale delle politiche pubbliche in ambito sanitario». «L’autonomia differenziata – precisano ancora – espone l’intero Paese ai rischi di una frammentazione insostenibile delle politiche pubbliche chiamate a definire una strategia nazionale per la crescita, l’inclusione sociale e il rafforzamento del sistema delle imprese».

L’incremento del disagio e della povertà

Passando poi in rassegna i dati sulla povertà ed esclusione sociale, dal rapporto risulta come il Mezzogiorno sia il territorio con la quota più elevata di individui a rischio: 40,6%, si tratta di 8 milioni di persone. E la situazione è anche peggiorata nel tempo. Una performance negativa che interessa soprattutto la Calabria che dal 40% di famiglie a rischio povertà registrato nel 2021, un anno dopo è cresciuto raggiungendo ora il 42,8%. Un tasso che pone la regione al secondo posto in assoluto dopo la Campania nella classifica della diffusione di poveri tra la propria popolazione. «L’aumento – motivano gli analisti della Svimez – è in parte ascrivibile alla forte accelerazione dell’inflazione, il cui impatto è risultato particolarmente elevato per le famiglie meno abbienti. I consumi delle fasce più povere della popolazione hanno registrato un calo in termini reali del –2,5%». Un quadro che potrebbe peggiorare per l’eliminazione del Reddito di Cittadinanza. Uno strumento di contrasto alla povertà e al disagio sociale che aveva interessato molto da vicino la Calabria, visto che nella regione aveva raggiunto oltre 109mila famiglie. Da qui anche la riflessione lanciata dalla Svimez: «In un contesto così difficile, desta preoccupazione il venir meno del Reddito di Cittadinanza (RdC)».

Le scommesse: Zona Economica Sud e Pnrr

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Il porto di Gioia Tauro, l’area centrale della Zes Calabria che verrà assorbita dalla Zes Unica


L’altro timore ventilato dalla Svimez, interessa l’attivazione della Zona economica Sud (Zes) Unica.
Una struttura che dal primo gennaio azzererà anche la Zes Calabria inglobandola nella nuova realtà. A questo proposito gli analisti della Svimez, sottolineano, che «il successo della Zes Unica dipende dalla semplificazione amministrativa, dalla capacità di integrarla nelle politiche nazionali e regionali, e dall’identificazione di settori prioritari». Aspetti che avranno ripercussioni decisive sul futuro della zona forse più strategica della Calabria: l’area portuale di Gioia Tauro. Così come per il pieno utilizzo delle risorse del Pnrr che allo stato registra forti criticità per il Sud come evidenziato anche dalla Svimez. «Per circa la metà dei progetti – scrivono – risultano avviate le procedure di affidamento; la quota di progetti messi a bando, tuttavia, si ferma al 31% al Mezzogiorno rispetto al 60% del Centro-Nord. Anche la capacità di procedere all’aggiudicazione presenta significative differenze territoriali: 67% al Mezzogiorno, 91% al Centro-Nord».  Due scommesse dunque quella della Zes Unica e del Pnrr, che valgono una buona fetta di possibilità anche per la Calabria di scalare la china e rimettere in piedi la propria economia. (r.desanto@corrierecal.it)

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