REGGIO CALABRIA La paura dei Borghetto di essere arrestati, nell’estate del 2020, è tanta. E, come abbiamo già visto (ne abbiamo scritto qui) grazie a una soffiata delle forze dell’ordine, tra i presunti appartenenti al gruppo criminale reggino sale l’ansia con il passare dei giorni e, allo stesso tempo, si moltiplicano le intercettazioni – ambientali e telefoniche – grazie alle quali gli inquirenti hanno ricostruito tutti i movimenti e, soprattutto, il tentativo di eludere Carabinieri e Polizia, dormendo fuori casa, nonostante gli obblighi di dimora, preparandosi anche a una eventuale latitanza. È quanto emerge tra le carte dell’inchiesta “Garden” della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri.
Entrambi i fratelli Borghetto, Cosimo e Gino arrestati nel corso del blitz, in quel periodo – annota il gip nell’ordinanza – erano «destinatari di misure di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza» e non potevano uscire di casa. Entrambi, come è emerso secondo gli inquirenti, hanno invece violato «ripetutamente le prescrizioni. In particolare, Cosimo Borghetto il 17 e il 20 luglio 2020 contravveniva alla prescrizione di non allontanarsi dalla propria abitazione nelle ore serali e notturne».
Nella ricostruzione minuziosa degli inquirenti e riportata nell’ordinanza, una volta archiviata la lite con i Carabinieri, è il 19 luglio 2020, Cosimo Borghetto riceve la visita di Antonino Idotta, considerato dal gip «braccio destro e ombra di Cosimo Borghetto, al suo totale servizio notte e giorno», insieme a un tale “Peppe” e Giovanbattista Mento. È sera e, una volta a casa, il gruppo discute quali mosse adottare per una eventuale “fuga”. «(…) mi faccio un giro come ho fatto l’altra sera» dice Idotta e Cosimo Borghetto risponde: «(…) loro sono nascosti, la vedi la macchina? Me ne vengo con voi». Alla sua proposta, Idotta replica: «Come te ne vieni? Se ci fermano a tutti e quattro, ci portano a tutti e quattro». E illustra una possibile soluzione: «Parti da qua… mi faccio trovare io là… ti aspetto a casa». Passa qualche minuto, sono le 23.47 secondo gli inquirenti e a casa di Cosimo Borghetto arriva il convivente della figlia a prelevarlo dall’abitazione e portarlo in auto verso la seconda abitazione di Idotta. Qui – scrive il gip nell’ordinanza – lascia Borghetto «per poi fare un giro di ricognizione nei pressi delle caserme delle forze dell’ordine della zona per monitorare la situazione, al termine del quale fa ritorno».
I due si rivedranno – secondo gli inquirenti – la mattina successiva. Entrambi, poi, raggiungono l’attività commerciale di Caterina Idotta e fanno il punto della situazione. A cominciare dal fatto che, neanche quella notte, sono stati arrestati. «Ma là non è successo niente là?» chiede Cosimo Borghetto a Antonino Idotta che risponde: «No, no… sennò avevano… c’era scritto…». Nessuna notizia sui giornali, dunque, almeno di quelle che riguardano la provincia reggina. Già perché più tardi, Idotta incontra Mento e commentano quella che è l’operazione di polizia del giorno. È il 20 luglio 2020 quando gli uomini della Guardia di Finanza di Catanzaro, diretti dalla Distrettuale antimafia di Catanzaro, mettono a segno un duro colpo contro il clan di ‘ndrangheta Anello-Fruci con l’operazione “Imponimento”. Operazione che, ovviamente, non lascia indifferenti il gruppo reggino. «No ma che è successo con lo zio?» chiede Mento a Idotta che risponde: «Eh… Catanzaro… ‘uttana ho detto io…». Bisogna attendere quasi le 15 per il ritorno a casa di Borghetto. (g.curcio@corriereca.it)
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