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Cosenza che muore, da Mancini alla città unica

Il commento dell’ex parlamentare democristiano dopo l’incontro promosso dal Club Telesio per i 30 anni della legge sull’elezione diretta dei sindaci

Pubblicato il: 10/12/2023 – 20:30
di Pietro Rende
Cosenza che muore, da Mancini alla città unica

Lo stimolante club Telesio ha promosso un incontro per ricordare, con nostalgia e anche un pò di comprensibile orgoglio dei co-protagonisti candidati di Lista, la elezione diretta di Giacomo Mancini a Sindaco. Personalmente ho dovuto ricordare che, pur non  potendo rivendicare altrettanti “miles gloriosi”, la DC o almeno la sua parte più dialogante, ha sempre collaborato alla sua strategia, come aveva fatto Riccardo Misasi con un articolo di fondo sul Mattino di Pasquale Nonno dal titolo emblematico, parafrasando Pirandello: ”Pensaci Giacomino”! La DC lo aveva appoggiato anche  sulla battaglia per il vaccino contro la poliomielite e il sacco della Valle dei templi ad Agrigento. Ero presente alla cerimonia di intestazione di una strada della città ad Antonio Segni, e c’era il figlio Mario, quando Mancini volle giungere in carrozzina per dare atto che senza l’appoggio di quel Presidente della Repubblica non avrebbe potuto vincere quelle battaglie. Mancini, come Sindaco, ha sicuramente inaugurato una nuova stagione originale del centro storico, agevolando i privati p.e. dando contributi in conto interesse sui mutui degli acquirenti una prima casa sul colle Pancrazio e prima del Busento. Dove aggiunse un altro ponte come quello più “storico” ormai demolito, e tante altre cose importanti che i cosentini ricordano con gratitudine. Ma non per questo intese fermare la modernizzazione della città con uno sviluppo della sua crescita per tappe graduali verso tutti i Comuni dell’area urbana con la massima attenzione ai centri storici che rappresentano però una questione Urbanistica universale, a partire da quelli dell’antica Pandosia e Arintha: Castrolibero e Rende. 
Perciò, riprendendo un’idea apparentemente retorica del Sindaco Clausi Schettini diede un concreto contributo allo “start” di un processo graduale  di una  città unica Cosenza – Rende col Piano Vittorini e la sua radicale trasformazione di via Popilia che oggi ospita i palazzi più eleganti e antisimici della città. La città lineare a nord, lungo il Crati, veniva  compensata dalla sensibilità  di localizzare a sud uno svincolo autostradale dell’Anas e  la nascente  Università  a Piano Lago. Oggi, grazie al nuovo Rettore, ne abbiamo una prima presenza nel centro storico. Quanto poi alla “città entro 15 minuti” ci avrebbe pensato la telematica e non certo l’attuale  personale del Comune, ammirevole ma ridottissimo, che richiede 15 giorni di prenotazione per un appuntamento. Sempre sui servizi, ci fu poi la battaglia per la estensione delle concessioni Amaco oltre il Campagnano e quindi nell’area urbana per non parlare del nuovo viale Parco e del centro direzionale – compresa la zona della  nuova stazione ferroviaria di  Pier Luigi Nervi e Sara Rossi col nuovo Ospedale destinato a una Facoltà di Medicina che, purtroppo con lentezza, per una questione di “lesa maestà” e pseduo-decisionismo, sta ritardando la sua ulteriore integrazione nella edilizia economica e popolare prevista dal programma di fabbricazione in attuazione della  legge n. 167.  Il nuovo piano regolatore  – se non erro adottato dal destino di un  Prefetto (Culcasi) come Commissario del Comune disciolto per una  ingovernabilità di centro-sinistra  – esigeva e implicava la continuità unitaria  di una città-territorio e per questo Mancini continuò a guardare lungo il Crati – che potrebbe darle far parte di una eventuale nuova  denominazione civica –  e nessun pretesto  tolse alla sua  volontà  di continuare a seguire il tracciato dell’Autostrada del sole che rompeva un isolamento millenario.
Al principio della sua seconda Consiliatura di Sindaco eletto direttamente dai cittadini, sensibile alla funzionalià dei poteri locali, di scuola Salveminiana del socialismo meridionale autonomistico e decentrato, voleva anticipare la concessione delle deleghe dalla Regione ai Comuni. Perciò mi nominò consulente di tale materia fino a quando rinunciai avendo constatato la nessuna volontà della Regione di resistere a un  destino fatalmente “incompiuto” e al  suo fallimento di ente gestionale neo-centralistico. Ricordavo anche che alle mie insistenze Antonio Guarasci, prima del suo schianto fatale per la Calabria, replicava di non ritenere che poteva dare le deleghe a centinaia di micro-Comuni perimetrati nel decennio francese (1806-16) da Murat e Championnet! Quell’impostazione  ritorna oggi di estrema attualità, anche  se nel difetto di un metodo verticistico della nuova Città unica, anche se – bisogna dare atto – prevede una consultazione referendaria popolare. 
E non si può pensare minimamente –  perché “il fine giustifica i mezzi” –  di frazionare e disconnettere la prospettiva delle  deleghe a tre fondamentali enti territoriali di un’unica realtà conurbata quando Comuni non capoluoghi, come Lametia e Corigliano – Rossano, hanno una popolazione superiore a quella del nostro capoluogo, che si è quasi dimezzata e rischia di morire. Non a caso, non riveste più il peso e primato politico di un tempo: vive solo di ricordi e nostalgie che non producono nulla. Anche da Catanzaro, dopo gli anni dell’avvitamento e ostracismo al suo potenziale sviluppo sul mare di Casciolino,  è partita l’idea di unione comunale con Lametia e quindi finalmente di una vera città nella fascia centrale, tra i due mari della Calabria, già anticipata dalla localizzazione della Giunta  Regionale. Un modernizzatore come Mancini starebbe a guardare o cosa farebbe? Penso, molto soggettivamente, che affronterebbe la sfida della Città unica con la stessa determinazione e originalità che riversò su Cosenza trasformandola in un centro attrattivo anche se non ancora diffusivo abbastanza in alcuni quartieri periferici come, ad esempio, i due San Vito alto e basso e  lungo l’antiquata e pericolosa  strada provinciale senza marciapiedi per Castrolibero che ricorda il “tracciolino” delle milizie  Romane. Mai, però, sono certo che si sarebbe rassegnato a una città che muore sotto le illusioni  contrattualistiche e  quanto divisive di  Liste di quartiere  e domani  magari di condominio. Non cercò con Principe di “fondare” una città  solo “socialista” . Ancora una volta, sarebbe andato oltre e col suo volontarismo sarebbe stato in pectore il primo Sindaco di tutti , di una città pluralistica ed aperta ai modelli partecipati e socio-urbanistici europei.

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