ROMA «Vi devo fare i complimenti perché è stato un servizio importante che avete fatto come testata giornalistica. Un servizio importante fatto all’informazione, ma soprattutto avete fatto una denuncia sfuggita anche agli addetti ai lavori. Il vostro scoop giornalistico è la sintesi di quello che noi scriviamo nel libro, cioè che oggi le mafie comunicano attraverso i social».
Il procuratore di Napoli, già procuratore della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri plaude all’inchiesta della redazione del Corriere della Calabria che ha svelato la presenza in rete di un profilo shock che inneggiava alla ‘ndrangheta su TikTok. L’account contava oltre 34 mila iscritti e 300 mila interazioni e tra i video postati vi erano anche insulti ai “pentiti” e canzoni ‘ndranghetiste. Un profilo immediatamente segnalato e bloccato e sull’episodio sono ancora in corso accertamenti da parte delle forze dell’ordine impegnate a rintracciare l’autore dei post e il proprietario dell’account. Al teatro Manzoni di Roma, insieme al professore Antonio Nicaso, Gratteri presenta il suo ultimo libro “Il grifone” (edito da Mondadori) ed ai nostri microfoni si sofferma ancora sul contenuto della nostra inchiesta. «Le mafie sfruttano Facebook, Instagram ed anche TikTok: molto usato dai giovani. Che vogliono farsi vedere come modelli vincenti, si mostrano con macchine di lusso, soldi, orologi d’oro» e lanciano un invito ai loro coetanei «venite con noi e diventerete ricchi, venite con noi e sarete potenti». Secondo il procuratore, «i giovani non attrezzati culturalmente o che non hanno idea della realtà che li attende, abboccano e diventano garzoni, carne da macello per i capimafia».
Anche il professore Antonio Nicaso, nell’elogiare il lavoro della redazione, lancia un monito sulla evoluzione della mala sempre più attenta a sfruttare la rete non solo per imbastire e concludere affari illeciti, ma anche per reclutare picciotti e gregari. «Ci sono ‘ndranghetisti che sono diventati influencer, gestiscono i social media e lo fanno per reclutare nuova linfa, lo fanno per brandizzare l’organizzazione e aumentare il livello della reputazione dell’organizzazione criminale. E’ un’estensione del territorio fisico», racconta Nicaso al Corriere della Calabria.
«Oggi è impossibile pensare al controllo di un territorio senza tenere conto dei social media, delle opportunità che offrono, della possibilità anche di creare delle reti di spazio attraverso internet e gestire spazi come quelli del dark web. E poi ci sono le piattaforme clandestine di trading con l’utilizzo delle criptovalute». «Un mondo in evoluzione – chiosa il professore Nicaso – secondo noi siamo dinanzi ad una sorta di darwinismo criminale, chi non si adegua a questa nuova realtà rischia di scomparire». (f.benincasa@corrierecal.it)
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