«La improcrastinabile chiusura della Limina era stata poi procrastinata, grazie agli uffici buoni della politica Locridea. Chiude a gennaio, e lei, la galleria, in vista della data vicina scalpita. Vomita e butta sassi, a dimostrazione della propria malattia. Ci segnala che non c’è tempo. Un danno c’è o non c’è, non è che lo si sposti per volontà politica. Ma tant’è: si va a gennaio, con la promessa di una chiusura a metà, per non otturare del tutto la comunicazione col mondo. Che dalla Locride il mondo è un fatto relativo. E da fuori il nostro è un mondo relativo, qualcosa che non riguarda nessuno, un fatto di noialtri e basta.
Che poi la Locride manco esiste, è una presunzione tutta nostra. In realtà è periferia di un’area metropolitana che è altra da noi, buona per farci un servizio giornalistico quando le anime nere si scuotono da un ozio che, ingannevole, promette di essere eterno.
Spiace per il nostro orgoglio che si nutre ancora di epici scontri in cui i locresi falcidiavano schiere infinite di crotoniati, che rivendica la primizia giuridica occidentale di Zaleuco. Ma che vuoi filosofeggiare se la Persefone ce l’abbiamo in lacrime a prendersi incomprensibili lodi all’Altes di Berlino, e se i Bronzi se ne stanno inermi e disarmati a servire Reggio. Rassegniamoci a far pianeta per fatti nostri, che se ci avventuriamo fuori sarà impossibile rimpatriare.
Esistiamo poco, esistiamo quel poco che il budello della Limina ci sputa via e poi ci riingoia, che gli antichi, che la sapevano lunga, appunto la chiamarono così, per dire che era la fine del nostro mondo, e per dire al mondo di fuori che esso là finiva. Ce ne siamo rimasti a quei tempi, e la nostra esistenza la regola qualcosa che appartiene ai tempi attuali: l’Anas, che ci accende e poi ci spegne, e per l’estate ci regala la libertà totale, da gennaio ci spegnerà a intermittenza che è un armistizio all’incontrario. E anche questa è una retorica facile, giocare su quello che non funziona. Però per noi non è un gioco, se e ci tocca riscoprire i passi Bruzi per trovare la via di casa.
Siamo chiusi fra l’Aspromonte e lo Jonio, che non sono neanche male. Ma se volessimo andare sarebbe duro, e durissimo è ritornare. Abbiamo un buco di pochi chilometri che violenta la montagna sacra per darci aria. Però la Limina è quasi sempre chiusa per lavori, e passa che vogliono farci la ventilazione, che se no uno dentro ci muore soffocato, il tempo di passarla. Ma l’illuminazione sarebbe meglio non farla che a vedere i fiumi che ci scorrono dentro ce ne se ne torna su o ce ne se ne torna giù. Ed ora che arriva Natale, e treni e aerei non sono a portata delle tasche dei più, è con la Limina che dovremo fare i conti, stretti sulle macchine o addossati sulle corriere. Buona attraversata, Buon Ponte sullo Stretto, buona 106 Nuova, buon Rigassificatore. Straordinari auguri a tutti».
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