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l’ecomostro abusivo

A mezzo secolo dell’arresto di “U Zirru”, palazzo Mangeruca è la Zabriskie point della ‘ndrangheta

Una vittoria del simbolico nella terra della rassegnazione che vuole disegnare una nuova storia e geografia della propria rappresentazione

Pubblicato il: 19/12/2023 – 10:11
di Paride Leporace
A mezzo secolo dell’arresto di “U Zirru”, palazzo Mangeruca è la Zabriskie point della ‘ndrangheta

CROTONE Da buon cinefilo vedendo domenica l’esplosione di Palazzo Mangeruca a Torre Melissa in provincia di Crotone, ecomostro abusivo di 6 piani, ho pensato al celebre finale di Zabriskie Point. Film americano di Antonioni ambientato nella Valle della Morte in California, si conclude con la protagonista che immagina e attraverso il regista mostra l’esplosione di una villa che al commento della musica dei Pink Floyd fa volare in aria al rallentatore tutti i beni di consumo che vi sono contenuti. Il significato è di forte rottura con la società dell’epoca.
A Torre Melissa non c’era bisogna dei Pink Floyd e non c’erano oggetti da far volare, perché si è distrutto un palazzo vuoto. Ma il valore simbolico non mancava. Le braccia alzate in segno di vittoria, anche se collegate all’operazione tecnica abbastanza complessa, sono sembrate dirci che possiamo vincere sulla ‘ndrangheta in Calabria.
Per anni immemore, Palazzo Mangeruca con il suo vuoto pneumatico aveva resistito a confisca e sequestro. Il suo feudatario, Costantino Mangeruca, lo aveva costruito in barba alla legge, boss non celeberrimo alle cronache, africoto di nascita, signore di Cornaredo alle porte di Milano dove un nipote ha continuato le sue gesta; egli risultava proprietario di un impero immobiliare, cummenda chiamato “il falegname” che da mobiliere aveva disposto del paesaggio come meglio credeva sia al Nord che al Sud.
Una vittoria del simbolico che non guasta nella terra della rassegnazione che vuole disegnare una nuova storia e geografia della propria rappresentazione.

Dietro il simbolico, non dobbiamo dimenticare, esiste poi il reale nella regione che si definisce troppo spesso con un eterno non finito calabrese. A mo’ di esempio, una qualificata fonte mi riferisce che nel circondario di Castrovillari pendono 900 ordinanze di immobili da demolire. Si va dal semplice terrazzo alla villa lussuosa. Le sentenze esecutive sono ignorate dai privati, lo Stato non ha il denaro per intervenire, i comuni non hanno cassa necessaria, e le ditte specializzate, chissà perché, non sono interessate a questo tipo di intervento.
Nel Crotonese la situazione è molto complessa nel quadrante dell’abusivismo mafioso. Palazzo Mangeruca ha resistito tre lustri nel suo non finito gradasso a Torre Melissa. Dietro il botto di domenica non bisogna dimenticare il lavoro investigativo della Procura di Crotone che riuscì a venire a capo, sequestrandolo, di tutto quel patrimonio di economia contaminata creata dai proventi della droga.
Per capire quando finirà la ‘ndrangheta bisogna capire come è iniziata. E’ bene, per esempio, ricordare che mezzo secolo fa a Crotone, il procuratore della Repubblica dell’epoca, il calabrese Michele Filippelli, firma un mandato di cattura nei confronti di Luigi Vrenna detto “U Zirru”, come mandante di un omicidio che aveva ucciso i fratelli Domenico e Salvatore di 19 e 10 anni a piazza Mercato a Crotone il 20 settembre del 1973, figli di un boss rivale. Si era nel pieno di una guerra di mafia cruenta e sanguinaria iniziata per l’assassinio del figlio di Vrenna e che negli agguati aveva anche visto uccisa una donna anziana affacciata ad un balcone.
Le chiamavano faide, ma erano guerre di potere, a Crotone legate al traffico di sigarette, droga e armi di provenienza mediorientale.
Il procuratore Filippelli all’epoca si avvaleva soltanto di un sostituto (uditore con funzione) e poteva contare su un capitano dei carabinieri, Tito Baldo Honorati, che farà carriera nell’Arma diventando generale, militare che a Crotone si preoccupava anche di una legalità fatta di contravvenzione a chi violava il divieto di parcheggio o buttava la spazzatura dai balconi.
Non c’erano pentiti, non esisteva il reato di associazione mafiosa, la Procura distrettuale antimafia aveva ancora decenni prima di iniziare ad operare. Merita memoria quella vecchia guardia che non si voltò dall’altra parte.
Crotone era stretta in una morsa di violenza e paura. La procura con gli strumenti dell’epoca non fu inetta. Il boss Vrenna venne mandato al soggiorno obbligato a Fivizzano in Liguria, il 21 marzo del 1974. Non mancarono petizioni a sostegno del boss e attestazioni di buona condotta firmati anche da un vescovo in favore di un personaggio che garantiva l’ordine dei comizi di politici in vista. La Procura di Filippelli continuò a indagare e il clan fu messo sotto torchio con altri arresti. Il clima migliorò a Crotone ma la ‘ndrangheta vide emergere nel corso del tempo nuovi cognomi da Cutro, Isola Capo Rizzuto, Cirò. La lotta era molto impari.
Il Palazzo andato in frantumi con l’esplosivo dello Stato a Torre Melissa è la Zabriskie Point di una ‘ndrangheta complessa e stratificata che per diventare una zona morta ha bisogno di molta determinazione. Oggi è un simbolo. Sia anche da esempio per il molto che resta da fare.

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