COSENZA «Quasi diciannove ore in Pronto soccorso per una trasfusione». È l’incubo vissuto da un’anziana di Cosenza che nei giorni scorsi si è recata all’ospedale “Annunziata” del capoluogo bruzio, accompagnata dai figli per fare una trasfusione di sangue. «Mia mamma – ha raccontato la figlia Fabiana all’AGI – era stata mandata lì dal Centro trasfusionale di Cosenza perché sta seguendo una cura per la quale deve fare sempre le trasfusioni di sangue. Mia madre non sta bene ed è una persona che non può stare molte ore ad aspettare. Non so che cosa sia successo ma quel giorno in Pronto soccorso è stato un delirio: c’erano emergenze nelle emergenze. Pazienti in condizioni precarie ad aspettare per ore. La situazione degenerava di ora in ora e soprattutto nessuno era per fare un emocromo a mia madre. Ha fatto emocromo e altri prelievi nella tarda serata e poi è stata dimessa alle quattro di mattina del giorno dopo. Non pensavamo di trovare al Pronto soccorso una situazione così tragica dove la dignità dei pazienti è messa a dura prova. Lungi da noi familiari fare polemiche o parlare di malasanità, – aggiunge la donna – ma riteniamo che sia opportuno intervenire per evitare che situazioni simili possano accadere. Comprendiamo il sacrificio del personale sanitario, ma il Pronto soccorso dell’Annunziata continua ad essere in codice rosso. Medici e infermieri si impegnano con turni massacranti eppure c’è sempre qualcosa che non funziona. Anche i medici cubani (assunti dalla Regione per sopperire alla carenza di personale, ndr) per quanto si sforzino non riescono ad essere efficienti soprattutto in situazioni di emergenza come quella di mia madre perche’ alcuni di loro hanno qualche difficoltà con la lingua italiana. Non è giusto – concludono – che i cittadini e specialmente gli anziani debbano vivere questo calvario invece di vedersi riconosciuto il diritto a ricevere cure in modo dignitoso». (Agi)
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