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l’intervista

“Meraviglie di Calabria”, Bevilacqua: «Per conoscere questa terra non basta una vita»

L’avvocato e naturalista a Telesuonano ha parlato del nuovo progetto editoriale del Corriere della Calabria e del rischio pale eoliche

Pubblicato il: 21/12/2023 – 11:16
“Meraviglie di Calabria”, Bevilacqua: «Per conoscere questa terra non basta una vita»

LAMEZIA TERME È appena uscito il numero speciale della rivista “Meraviglie di Calabria”, nuovo progetto editoriale del gruppo del Corriere della Calabria in cui vengono narrate con passione, professionalità e da una prospettiva nuova e innovativa, le suggestioni e il fascino di una regione bellissima ma ancora poco conosciuta. Una rivista che, senza cedere al sensazionalismo e alla retorica, si pone l’obiettivo di raccontare una Calabria ricca di potenzialità difficili da riscontare in altre parti del mondo ma spesso non sfruttate. Tra i tanti contributi che hanno reso possibile la realizzazione di “Meraviglie di Calabria”, spicca quello di Francesco Bevilacqua, avvocato e naturalista, ospite nell’ultima puntata di Telesuonano, il programma condotto da Danilo Monteleone e Ugo Floro in onda su L’Altro Corriere Tv (canale 75).


«La Calabria – ha detto Bevilacqua – mi meraviglia e mi meraviglierà ancora, ma non per quello che ho da vivere, perché non è che sia un tempo troppo lungo. Ma per quello che rivivrò nelle prossime vite. Di recente mi è capitato un caso particolare. Un uomo che non conoscevo ha trovato il mio numero sul mio sito e mi ha telefonato esprimendomi il desiderio di vedere la Calabria in una settimana. Mi ha chiesto di andare alla menta. Aveva l’accento del nord? Ma cos’era questa menta? L’uomo si riferiva alla cascata Maesano o meglio “U schicciu da Spana” della Ginestra, una delle più belle cascate in Italia. Anche di questo splendore parliamo nella nostra rivista. Insomma, questo signore voleva vedere tutto in appena sette giorni e io gli ho spiegato che era impossibile. Purtroppo il problema della Calabria è proprio questo. Quando vai a Firenze, vai nei punti più importanti della città, quando vai in Umbria ti programmi due, tre paesi. Quando vai in Sicilia, idem. Ma quando vieni in Calabria, pretendi che la Calabria sia un’unica cosa. Esattamente il contrario di quello che è. La Calabria è un mosaico, è un intarsio. Ne parlano in questi termini sia Guido Piovene nel suo viaggio in Calabria, sia Giuseppe Isnardi che è stato un cultore del paesaggio calabrese. Non c’è una regione come la Calabria che sia veramente una sorta di armamentario di tutto e di più. È un caleidoscopio – continua Bevilacqua – anche questo termine usa Guido Piovene, dal mare ai monti, alle rovine, ai monumenti, ai borghi, alle campagne, alle foreste, i laghi, le cascate, i fiumi, le gole fluviali, i canyon, i quadri dimenticati in qualche chiesa di qualche piccolo paese, le meraviglie geologiche, i parchi. Per conoscere la Calabria non basta una vita».

Gli obiettivi di “Meraviglie di Calabria”

Lo scopo di “Meraviglie di Calabria” dunque è proprio questo, percorrere una regione che è caratterizzata dai suoi diversi strati di ordine storico, tra i secoli, le dominazioni, strati anche di ordine territoriale, perché ciò che è vero in Aspromonte non è vero nel Pollino, ciò che è vero a Crotone non è vero in provincia di Vibo Valentia. «L’antico modo di chiamare la Calabria – ha affermato Bevilacqua – cioè le Calabrie, la Citra, l’Ulteriore prima, l’Ulteriore seconda, non era casuale ed era già una limitazione. La Calabria è variegata esattamente come i suoi dialetti. Gerhard Rohlfs, il grande glottologo tedesco, diceva che quelli calabresi erano gli idiomi più interessanti d’Europa, perché in Calabria convergevano influenze linguistiche da tutte le parti del Mediterraneo. Questa cosa che diceva Rohlfs si ripete in tutto. Si ripete nella storia e riguarda tutte le influenze avute, dai Balcani, dal sud del Mediterraneo, dall’est, dall’ovest del Mediterraneo, dal nord Europa. Abbiamo avuto le invasioni barbariche, quindi i normanni che sono il popolo nordico per eccellenza venuto in Calabria. Ma questo discorso si allarga anche nella natura. Grandi naturalisti come Franco Tassi e Fulco Pratesi dicono che la Calabria è un crocevia biogeografico. Puoi trovarci dal Pino Loricato che viene dai Balcani, che ha un areale diffuso a Oriente, al Pino Nero che ha un areale diffuso al Nord, in Austria ecc., al Pino d’Aleppo del circo mediterraneo, l’abete bianco che ha una diffusione appenninica e siciliana con l’abete dei Nebrodi e poi tante altre specie che si intersecano. Ma questo perché accade? Perché la Calabria è l’estremo lembo dell’Europa scagliato nel cuore del Mediterraneo. Il resto sono isole».

La capacità di rigenerazione della Calabria

Bevilacqua, durante la puntata di Telesuonano, tra i vari argomenti trattati ha toccato anche quello degli incendi che hanno colpito l’Aspromonte con una perdita irrimediabile del patrimonio naturalistico («querce di 800 anni e pini di 500 anni»). «Ma la cosa straordinaria della Calabria – ha sottolineato Bevilacqua – è che, per esempio, di alberi monumentali ce ne sono ovunque e ciò ci dice che possono arrivare tutti i disastri di questo mondo, ma la Calabria ha una enorme capacità di rigenerazione, esattamente come ce l’hanno i calabresi e in questo numero speciale di “Meraviglie di Calabria” abbiamo cercato di raccontare proprio questo».
Nel numero speciale della rivista si parla anche dei disegni del terreno come ad esempio i Calanchi di Cutro. «Credo che sia una delle prime volte in assoluto – ha rivelato Bevilacqua – che mostriamo le meraviglie geologiche della Calabria, potremmo chiamarle grotte, ma è limitativo. I calanchi sono apparentemente una sorta di prova dell’aridità della Calabria, in realtà poi sono invece la prova di quanto la Calabria è artistica di per sé, come diceva una poetessa polacca naturalizzata italiana, Kazimiera Alberti in un bellissimo libro che si intitola “L’anima della Calabria”».
Su “Meraviglie di Calabria” spicca tra le altre cose un approfondimento su Sibari, con un titolo quanto mai eloquente: “La Magna Grecia abita ancora qui”, e una bellissima foto del Toro Cozzante che è un po’ l’emblema di Sibari. «Voglio citare due dei monumenti di cultura greca e di architettura italogreca di cui parliamo nel giornale – ha detto ancora Bevilacqua –, Santa Maria di Tridetti, di cui si è scritto pochissimo a livello divulgativo e molto a livello scientifico, in provincia di Reggio Calabria e San Giovanni Theristis a Bivongi. Queste due splendide chiese italo-bizzantine dimostrano come l’influenza greca si sia protratta per quasi mille anni in Calabria».

Le pale eoliche e il grido d’allarme di Bevilacqua

Oltre a mettere in luce le bellezze naturali e storiche della Calabria, la rivista, e Bevilacqua in particolare, lancia un grido d’allarme (come evidenziato di recente anche in suo scritto sul Corriere della Calabria, leggi qui) sui rischi che il paesaggio starebbe correndo. Stiamo parlando delle pale eoliche che dopo aver colonizzato tante montagne calabresi, adesso si apprestano a conquistare anche il mare.«Ahimè, l’arrivo di questa valanga di soldi dall’Europa – ha spiegato Bevilacqua –, l’arrivo degli incentivi verso le fonti energetiche alternative, ha provocato il gusto, il sapore, la voglia di profitto delle grandi multinazionali in una regione che già era stata oggetto di predazione da questo punto di vista. Io vorrei ringraziare i giornalisti che stanno facendo un grande lavoro di sintesi su questo tema, in particolare Gioacchino Criaco che si è esposto come pochi. Ma di cosa parliamo? Parliamo di una vera e propria cintura in mare, a largo naturalmente, di parchi eolici fatti di centinaia di pale alte fino a oltre 250 metri. Sulla parte ionica ce ne sono in programma dappertutto, da Corigliano, Rossano, Mirto, fino a Crotone, Isola Capo Rizzuto, e poi ancora Monasterace, nella Locride. E vedremo quello che succederà sul lato tirrenico. Ma la cosa più grave è che anche il territorio interno continua a subire. Ultimamente lo scrittore Carmine Abate mi ha detto “Io non credevo che fosse possibile che in Calabria facessero altre pale eoliche tante ne avevano fatte”. Carfizzi, il suo paese, è praticamente pieno di pale eoliche e ne stanno costruendo altre. Ovunque ci sono progetti, da Acri al Parco nazionale della Sila, fino ad arrivare in Aspromonte, ad Antonimina, a Petrizzi, a Chiaravalle. Diceva Giuseppe Berto, scrittore veneto che si innamorò della nostra terra, che era difficile negli anni ’70 tutelare il paesaggio in Calabria. All’epoca c’erano già le prime avvisaglie del sacco edilizio-urbanistico della Calabria. Diceva che i calabresi annettono al paesaggio che fa parte della natura, la povertà dei contadini e quindi dicono “preferiamo il cemento armato che è il simbolo della ricchezza del nord”. Diceva che era difficile guarire questo complesso di inferiorità della civiltà contadina rispetto alla civiltà industriale del nord. Diceva che bisognava far capire che il paesaggio è l’unica vera attività produttiva dei calabresi, perché chi osserva bene le cose di Calabria capisce subito che tutte le imprese economiche che funzionano hanno come ispirazione il paesaggio. Lo ha spiegato bene Gioacchino Criaco in una serie di articoli proprio dedicati a questo tema, il saccheggio del territorio è un saccheggio di tipo neocoloniale come si è fatto in Africa, cioè siamo andati a rubare dalle miniere l’oro dell’Africa e ce lo siamo portati in Europa. La stessa cosa si fa in Calabria che, ricordiamo, produce già molta più energia elettrica di quanto ci serve. Perché si vuole fare della Calabria un hub energetico? Perché? Rispondo io, perché si vuole che la Calabria diventi una regione di servizio per il nord. Quindi produciamo energia distruggendo il paesaggio che andrà a servizio del nord. Ma nello stesso tempo ci tolgono i servizi che servono a noi per vivere. La sanità, le scuole, tutti i servizi essenziali. I nostri paesi si spopolano perché non ci sono servizi, non perché la gente vuole andare via». (redazione@corrierecal.it)

Monteleone e Floro con Bevilacqua

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