COSENZA Un investimento di 60 milioni per aprire un insediamento industriale al Porto di Corigliano e potenziarne uno già operativo a Vibo Valentia da parte di un colosso americano che opera nell’energia è stato accolto in Calabria da un dibattito molto scadente.
Baker Hughes è azienda globale che in Italia opera attraverso la Nuova Pignone e si occupa di componenti ad alta tecnologia e delle soluzioni necessarie per la liquefazione del gas negli impianti di Gas Naturale Liquefatto. Siamo in ambito di transizione ecologica. In Calabria operativo da decenni a Vibo Valentia con un centro di saldatura che impiega oltre 100 dipendenti per la progettazione e la costruzione di scambiatori ad aria, cui si aggiunge l’assemblaggio di centraline e la fabbricazione e lavorazione meccanica di grossi componenti per compressori e turbine.
L’investimento della multinazionale prevede a Vibo la creazione di un centro di ricerca e sviluppo in ambito tecnologico e digitale e la realizzazione di nuovi impianti e macchinari utili ad un incremento della produzione.
Ma Vibo non basta. C’è bisogno di un porto che s’interconnetta con gli altri nodi produttivi del marchio per far sorgere un nuovo impianto che prevede reparti di saldature, montaggio di strutture e verniciatura e assemblaggio per macchinari da impiegare nell’energetico e nella liquefazione del gas. L’impianto nel porto favorisce l’interconnessione con il sito già operativo a Carrara in una logistica che vuole essere molto competitiva a bordo banchina per ottimizzare i tempi di spedizione. O al porto o niente. Il porto migliore identificato in Italia per il progetto è quello di Corigliano-Rossano. Annunciate 200 assunzioni tra tecnici di livello e operai in Calabria, formazione in Unical e scuole superiori calabresi, nascita di indotto, creazioni di infrastrutture. Insomma Pil e restanza di cui c’è molto bisogno.
L’iniziativa non è stata comunicata benissimo. Non è stata ben discussa con il territorio alimentando sospetti e dietrologia che hanno subito fatto sorgere effetti Nimby, chiacchiere da social e nascita di comitati del No. Si è parlato a vanvera dell’arrivo di una nuova Ilva e di pericolo da liquefazione del gas che avverrà da tutt’altra parte. Scudi levati a difesa del porto, delle attività turistica e di pesca e della ricezione delle crociere che sarebbero penalizzate dal nuovo impianto. Bisogna ricordare che di navi da crociera a Corigliano se ne sono viste molto poche. La banchina crocieristica non è mai nata. Il porto non ha rimorchiatori, devono arrivare da Taranto o da Crotone e ogni impiego alla Compagnia di crociera costa 50000 euro. Le poche crociere arrivate hanno trovato pochi servizi. Il Porto dista troppo dal centro abitato. Chi non acquista il pacchetto sulla nave non trova bus, taxi, bar, ristoranti. Anche la pesca non vive molto bene. La marineria da 150 pescherecci è ricordo del passato, ridotta di un terzo. I figli dei pescatori non sono propensi a continuare le attività. Sull’elenco telefonico trovo un solo un impianto di itticultura, pesca turistica neanche a parlarne.
Corigliano-Rossano a Schiavonea nasce come porto industriale. Al momento senza industrie.
Il sindaco di Corigliano-Rossano, Flavio Stasi, a pochi mesi dalle elezioni prossime venture ha buttato la palla in tribuna con un “ni” all’insediamento industriale dicendo che bisogna vederci chiaro su benefici e danni per le crociere (che non ci sono) e per la pesca in profonda recessione.
Si dovrebbe ragionare diversamente. Si analizzi in profondità il dossier di impatto ambientale senza prendere per oro colato le ragioni degli americani e dei comunicatori padani. L’area chiesta da Baker impegna due banchine totalmente e una parzialmente. C’è molto spazio per il resto. I porti del contemporaneo sono multifunzionali e possono contenere diverse attività. Si faccia diventare la questione Baker un’opportunità anche per il crocierismo e per un effettivo rilancio della pesca secondo modelli ecologici. Magari i pescherecci rimasti potranno attraccare alla banchina con qualche manovra in più abbandonando il loro posto abituale ma forse un progetto di sviluppo Corigliano-Rossano, la terza città della Calabria, lo merita. Dire sempre no a tutto cosa produce? Un dibattito scadente e la fuga dei giovani verso il loro altrove. Affrontiamola meglio questa occasione.
***
Saverio La Ruina è di Castrovillari. Attore, drammaturgo e regista teatrale. Si è formato con Jerzy Stuhr (lo ricordate in Habemus Papam?) e ha lavorato da giovane con Leo De Berardinis e Rem e Cap. E’ un eroe di restanza Saverio. Nella sua Castrovillari ha fondato Scena Verticale con il suo socio cosentino Dario De Luca e ha inventato il festival “Primavera dei teatri”.
Lunedì per la quinta volta ha vinto un Premio Ubu, il riconoscimento inventato da Franco Quadri per i migliori del teatro italiani. La Ruina è una sorta di Real Madrid del palcoscenico tricolore. Talento riconosciuto da quello che rimane della critica di settore italiano. I suoi spettacoli e il suo festival hanno sempre paginate di giornale dense di analisi e lodi. L’ultimo Ubu è stato assegnato come miglior testo e drammaturgia italiano per il suo monologo “Via del popolo”, elegia del mutamento antropologico di una strada della sua Castrovillari nel corso del tempo. Chiunque lo ha visto in Italia ne scrive e parla benissimo. IA Cosenza, 70 chilometri di distanza da Castrovillari, non l’hanno mai rappresentato a differenza di Catanzaro che l’ho avuto al Politeama, unica data calabrese insieme alla scontata residenza dell’autore nella città del Pollino.
Nemo propheta in patria. Banalmente sì. Credo che nessuna autorità politica calabrese abbia mai proposto a Saverio qualcosa di decisivo: la direzione di uno Stabile, un’alta formazione teatrale, un festival estivo itinerante. Io non posso che assegnargli “dieci” a questo eroe di restanza e re Ubu della scena teatrale italiana. Considerato che le informazioni del premio Ubu non sono diffuse e dettagliate approfitto per informare che Valentina Valentini, cosentina per nascita e anche ottima docente che dall’Unical poi è volata per incarichi prestigiosi altrove, ha vinto il Premio Ubu per il miglior progetto editoriale 2023. Con Viviana Raciti ha curato per Marsilio l’opera omnia di Franco Scaldati in otto volumi. Non posso che dare “dieci” anche a lei con il grazie per aver formato teoricamente ad Arcavacata una generazione di talentuosi calabresi che oggi calcano la scena creativa.
***
E restiamo ancora in tema. Bel gesto riconoscente quello dell’Accademia delle Belle arti di Catanzaro di assegnare la laurea honoris causa in cinema, fotografia e audiovisivo al regista Nello Costabile. Carattere schivo ma carriera di alto livello quella di una teatrante che ha vissuto la stagione dei teatri off a Roma e i laboratori di Parigi a fianco dei più grandi teatranti di ricerca e di rottura del Novecento. Capataz del Centro Rat a Cosenza, fu l’artefice e ideatore del progetto che nel 1975 vide la città dei Bruzi rivoluzionata dalla presenza del Living di Julian Beck, ha diretto il Rendano gestione Manacorda ed è stato il più giovane direttore di un Teatro stabile italiano. E’ anche il più autorevole conoscitore della maschera calabrese di Giangurgolo. Anche a lui il nostro “dieci” per quello che ha donato.
***
Prendete nota. Il 2 gennaio su RaiUno in prima serata potrete vedere il film del regista lametino Mario Vitale “L’Afide e la formica”. Con Beppe Fiorello c’è anche Alessio Praticò. E divertitevi a riconoscere i nostri scenari locali.
Buon Natale a tutti.
x
x