COSENZA Sei magistrati concorrono per guidare la Procura della Repubblica di Cosenza al termine del mandato dell’attuale procuratore Mario Spagnuolo, prossimo al pensionamento. Tra i papabili Alberto Liguori, attuale capo a Terni, in passato già presidente del tribunale di Sorveglianza di Catanzaro. E poi Vincenzo Capomolla, facente funzioni alla Procura di Catanzaro dopo il trasferimento, a Napoli, di Nicola Gratteri; l’attuale capo della Procura di Vibo Valentia, Camillo Falvo, e il consigliere alla Suprema Corte di cassazione, Domenico Fiordalisi. In lizza anche Antonio Negro, attualmente aggiunto a Bari e Vincenzo Luberto, poche settimane fa assolto definitivamente a Salerno. Ecco perché il 2023, rappresenta un anno ancor più importante per l’attuale procuratore di Cosenza, l’occasione per tracciare un bilancio dell’attività svolta e analizzare alcuni importanti e imminenti cambiamenti nella giustizia italiana.
Numerosi i blitz contro lo spaccio di stupefacenti conclusi dalle forze dell’ordine nella città dei bruzi e nei comuni limitrofi sotto il coordinamento degli uffici di procura. Recentemente, Spagnuolo – ospite di un convegno organizzato all’Unical dedicato alla digitalizzazione dei dati in sanità – ha ricordato un episodio legato ad una inchiesta condotta e volta al contrasto dello spaccio di oppioidi. «Grazie al dottore Amato (direttore del Dipartimento onco-ematologico dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza e coordinatore del Tavolo tecnico Terapia del dolore al ministero della Salute ndr) ed alla sua equipe abbiamo sradicato una catena di distribuzione assolutamente impropria sul territorio di oppiodi, prescritti fuori da ogni logica e consegnati a soggetti che poi li immettevano sul mercato illegale». «Il termine esatto – continua Spagnuolo – è droga di Stato perché il guadagno di chi spacciava era sgravato da qualsiasi spesa, perché era il Servizio Sanitario Nazionale che consegnava i farmaci». «Abbiamo avuto la possibilità di cominciare a capire una serie di cose che a noi erano assolutamente ignote, siamo riusciti a portare avanti una serie di procedimenti penali che si sono conclusi con sentenze di condanna nei confronti anche di professionisti: medici e farmacistici». «Questo episodio testimonia che quando gli organi dello Stato fanno squadra, riescono ad ottenere ottimi risultati».
«È stato un anno assolutamente proficuo. La procura di Cosenza, nonostante le forti carenze d’organico, è riuscita a concludere dei lavori importanti e soprattutto ad ottenere delle sentenze di condanna per fatti particolarmente gravi».
«Emerge sempre di più una criminalità legata al disagio sociale. Che è sempre più crescente e che sta determinando la disgregazione del tessuto di questo gruppo. C’è da preoccuparsi, registriamo un fortissimo aumento dei procedimenti per il codice rosso. Siamo la procura con il numero più elevato».
«Rispetto al problema generale, anche quello di crisi del rapporto intrafamiliare e soprattutto di questo tentativo dell’uomo di sopraffare la donna nel rapporto, l’indagine penale mette delle toppe che poi alla fine non risolvono il problema».
«Guardi, noi siamo espressioni delle scelte fatte dalle istituzioni. Le istituzioni danno delle indicazioni, il Parlamento dà delle indicazioni, noi nel rapporto dialettico possiamo esporre le priorità e i problemi che vanno affrontati con urgenza. Un dato però è assolutamente fondamentale, il nostro procedimento penale è un complesso ma dà molte garanzie rispetto ad altri paesi europei, molte garanzie all’imputato. E, proprio perché è un procedimento complesso, ha dei costi. Se si vuole che questo procedimento complesso funzioni bene e in tempi ragionevoli, occorre fare degli investimenti. Non si possono fare le nozze coi fichi secchi». (f.benincasa@corrierecal.it)
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