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Maxiprocessi, carenze d’organico e sentenze pesanti. L’anno impegnativo del Tribunale di Vibo

Tra pochi giudici e “turnover”, l’Ufficio Giudiziario regge l’urto e incassa risultati importanti. Una nota di settembre del Presidente Di Matteo preannunciava le difficoltà

Pubblicato il: 28/12/2023 – 18:25
Maxiprocessi, carenze d’organico e sentenze pesanti. L’anno impegnativo del Tribunale di Vibo

VIBO VALENTIA Procedimenti civili lenti, ma anche le sentenze di Rinascita e Petrolmafie. È un Tribunale di Vibo a due velocità quello che emerge nel tirare le somme di un anno giudiziario impegnativo e complesso per la provincia vibonese. Se per il civile il 2023 è stato segnato dalle gravose pendenze dovute a problemi strutturali e di organico, il Tribunale ha retto invece l’urto di processi penali importanti per numeri e risonanza sociale. Soprattutto, diminuendo prescrizioni e incrementando le sentenze. Risultati a cui si è giunti nonostante la carenza di giudici e di personale amministrativo, questioni da tempo segnalate dallo stesso presidente del Tribunale Antonio Di Matteo e oggi nuovamente al centro del dibattito pubblico giudiziario. Già a settembre, infatti, dopo la visita a maggio di una delegazione del Csm, il presidente aveva inviato una nota che preannunciava le problematiche già presenti nell’Ufficio Giudiziario vibonese e che si sarebbero accentuate con i maxiprocessi alla ‘ndrangheta.

Regge il penale: più sentenze, meno prescrizioni

Tra Rinascita e Petrolmafie sono circa 400 gli imputati giudicati e per i quali si è arrivati a sentenza di primo grado. Mentre il secondo ha impiegato un po’ a carburare, tempistiche più rapide per il processo che ha visto la condanna, dopo soli quattro anni, di 207 persone e la disarticolazione delle ‘ndrine vibonesi. Numeri e tempi per cui il collegio presieduto dalle tre giovani giudici Brigida Cavasino, Claudia Caputo e Germana Radice ha attirato i complimenti degli addetti ai lavori. Più complessa la situazione per il processo scaturito dall’inchiesta Costa Pulita, rallentato dall’attenzione riservata al procedimento “Rinascita-Scott”, ma con la requisitoria della pm Frustaci prossima alla conclusione. Scelte “dolorose” che hanno consentito di rispettare i termini di custodia cautelare e diminuire il numero di prescrizioni annue. Un bottino comunque importante, considerati i tanti nodi irrisolti che da anni gravano sul Palazzo di Giustizia e sui quali di recente si è accesa una polemica, culminata con la prossima convocazione degli avvocati a Roma dal Ministro della Giustizia.

Difficoltà sul civile

Oggetto delle lamentele degli avvocati la lentezza dei tempi per quanto riguarda le procedure civili. L’annuale classifica sulla qualità della vita del Sole24Ore ha piazzato all’ultimo posto il Tribunale di Vibo, con la durata media delle cause civili che supera gli 800 giorni. Dati che hanno portato il foro vibonese a proclamare lo stato d’agitazione e alla convocazione da parte del ministro Nordio del presidente del Coa di Vibo, Franco De Luca. Ancora prima era stata fissata per il 18 dicembre una riunione tra gli avvocati e il Presidente del Tribunale. Quest’ultimo incontro è, però, saltato per «impegni professionali già presi» dai consiglieri dell’ordine degli avvocati. L’assenza ha sorpreso lo stesso presidente Di Matteo, che si è detto «perplesso» in una recente nota inviata alla Corte d’Appello, in cui specifica che non solo «è stata garantita la piena funzionalità dell’intero settore penale ordinario», ma che «gli interventi adottati hanno consentito il regolare funzionamento del processo civile nei settori fondamentali» come quelli della famiglia o della volontaria giurisdizione. Il tutto affrontato nonostante la «scopertura di tre ruoli» dovuta ad intervenuti trasferimenti.

La nota al Csm di settembre

Le difficoltà principali riguardano le defezioni d’organico, un problema comune nei tribunali italiani, ma che a Vibo si aggrava a seguito del susseguirsi di udienze relative a processi imponenti. La situazione è finita nel mirino del Consiglio Superiore della Magistratura, che ha inviato una delegazione lo scorso maggio decisa ad incontrare il presidente Di Matteo e comprendere meglio le esigenze del tribunale. Di Matteo ha poi sollecitato, tramite una nota inviata a settembre, interventi che potessero sostenere il lavoro dei togati vibonesi, soprattutto in vista dei maxiprocessi alla criminalità organizzata che di lì a poco sarebbero giunti a conclusione. Oltre al numero esiguo di giudici – solo 22 considerando la sezione promiscua – rispetto a quello alto di processi, è stata segnalata «l’assenza di un Dirigente Amministrativo e di tre Direttori sui quattro necessari», in aggiunta alle quattro scoperture risalenti alla primavera scorsa. La situazione si aggrava se si tiene in considerazione il cosiddetto “turnover”, il previsto avvicendamento di giudici che ha coinvolto ben «16 unità su 20 nel solo tribunale vibonese». Oltre, annota Di Matteo, alle «assenze fisiologiche, determinate da periodi di congedo straordinario per malattie o astensioni di maternità».

«Un presidio di legalità in lotta per la sopravvivenza»

Il tribunale si trova, dunque, a operare continuamente sotto organico «determinando grandissime difficoltà e disservizi». Il presidente offre delle possibili soluzioni, che si rendono necessarie al fine di scongiurare la chiusura di uffici giudiziari importanti come quello vibonese: «aumento della pianta organica nel più ampio quadro di revisione delle circoscrizioni giudiziarie e necessità di ripristinare un criterio adeguato che consenta di modulare i tramutamenti in relazione alle effettive esigenze degli uffici di provenienza e destinazione». Un quadro “desolante” che convince Di Matteo a concludere la nota con un pizzico di amarezza per quei palazzi di giustizia, compreso quello vibonese, «soltanto simbolicamente indicati quali “presidio di legalità” ma di fatto destinati a una condizione di permanente difficoltà organizzativa e costantemente chiamati a sostenere una non più accettabile lotta per la sopravvivenza». (redazione@corrierecal.it)

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