TORINO «Ma quale estorsione, gli ho dato 100mila euro per un affare e che poi mi son pentito il giorno dopo che glieli dovevo dare, però io glieli ho dati via…». Tra le carte dell’ordinanza dell’inchiesta “Timone” condotta dalla Distrettuale antimafia di Torino viene citato anche l’ormai noto episodio legato alla presunta estorsione subita dall’ex stella del Cosenza e calciatore di Milan e Torino, Gianluigi Lentini, smentita anche in aula dallo stesso ex numero 10 dei rossoblù, chiamato in causa dai pm ma non coinvolto in questa inchiesta e mai indagato.
Il gip riporta, in particolare, uno stralcio di una conversazione avvenuta tra i fratelli Albanese e Francesco Viterbo, ritenuto un appartenente dalla ‘ndrina piemontese di Carmagnola e condannato a 5 anni e 8 mesi al termine del processo “Fenice”. Mentre discute con i fratelli Mimmo e Vincenzo Albanese, indagati nell’inchiesta “Timone”, è intercettato a sua insaputa, e offre spunti rilevanti agli inquirenti che lo ascoltano. Per la Procura di Torino l’ex campione avrebbe pagato 100mila euro alla ‘ndrangheta e che quindi sarebbe una vittima «omertosa e reticente» perché ha poi smentito anche durante una recente udienza d’Appello del processo “Carminius-Fenice”. Soldi che, secondo i pm, Lentini avrebbe versato perché gestiva un locale.
Viterbo, nella conversazione, fa luce dunque sull’episodio che ha riguardato l’imprenditore Alessandro Longo, assolto in primo grado. Viterbo «in un primo momento – scrive il gip nell’ordinanza – fa riferimento a quanto appreso dai giornali, poi direttamente alle dichiarazioni dell’ex capitano del Cosenza, chiamando in causa direttamente Francesco Arone. «…gli ha dato 100.000 euro a Franco Arone». Per il gip, dunque, «è rilevante evidenziare come sebbene sugli articoli stampa si faccia riferimento ad Alessandro Longo, definito il “soldato” di Salvatore Arone e come colui il quale ha commesso l’estorsione nei confronti di Lentini, Viterbo non lo citi neppure».
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Nella conversazione intercettata, poi, Viterbo si è soffermato sulle risposte che Lentini avrebbe dato agli inquirenti mettendone in evidenza il fatto che quest’ultimo più volte ha ribadito che non si è trattato di estorsione, e che conoscesse «bene bene bene» i fratelli Salvatore e Francesco Arone, citando anche una sua risposta: «… li conosco bene bene bene a me non m’hanno mai fatto estorsione». Il gip di Torino nell’ordinanza riporta, poi, le risposte di Domenico Albanese che confermavano, di fatto, le dichiarazioni di Viterbo sul “caso” Lentini. «Tu glieli hai dati?» chiede Viterbo a Domenico Albanese che risponde: «…glieli ho dati io…». «(…) e certo – risponde Viterbo – minchia gliel’ho dati io… un altro po’ lo ammazzavano, minchia gli diceva che gli ha dato i soldi per l’estorsione lo ammazzavano... che poi campava là (a Carmagnola ndr)? L’azienda gliela prendevano…».
Per il gip di Torino, dunque, «il dialogo non abbisogna di commenti apparendo alquanto esplicativo della dinamica e dei mezzi impiegati dall’associazione mafiosa per estorcere denaro alla vittima, nonché delle conseguenze negative collegate a un eventuale confessione dell’estorto». Ma non è tutto: secondo gli inquirenti – così come conferma il gip – i fratelli Albanese hanno preso parte a una conversazione “riservata” con un esponente di spicco della ‘ndrangheta piemontese e legato alla cosca Bonavota di Sant’Onofrio e ciò «appare sintomatico non solo della stretta vicinanza dei primi al clan ndranghetista ma altresì di una verosimile intraneità nella stessa» scrive infine il gip. (g.curcio@corrierecal.it)
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