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È un «affiliato alla ‘ndrangheta» ma i giudici non gli sequestrano i beni

I giudici e la Cassazione respingono la richiesta della Dda di Milano per un imputato nel processo contro le ‘ndrine nel Comasco

Pubblicato il: 29/12/2023 – 19:50
È un «affiliato alla ‘ndrangheta» ma i giudici non gli sequestrano i beni

COMO Per i giudici «appartiene alla ‘ndrangheta» e alle ‘ndrine della provincia di Como e per questo lo hanno condannato a 16 anni di reclusione per associazione di stampo mafioso, tre ipotesi di bancarotta fraudolenta e di trasferimento fraudolento di valori con l’aggravante di aver commesso il fatto per agevolare la ’ndrangheta. Un verdetto pesante per il 50enne Antonio Carlino, ma con un risvolto inatteso. Il Tribunale e poi la Cassazione, infatti, hanno respinto la richiesta di sequestro preventivo avanzata dalla Procura antimafia.

Gli aiuti alla famiglia Ficarra

Carlino – così come riporta “LaProvinciadiComo” – è stato riconosciuto colpevole, in primo grado, da un lato di essere affiliato ai clan della malavita calabrese, dall’altro di aver contribuito a far fallire tre differenti società cooperative con danni per milioni di euro allo Stato per tasse non pagate. Ma non solo: il 50enne avrebbe anche aiutato la famiglia Ficarra, riconosciuta come famiglia di spicco della ’ndrangheta, a trasferire beni che – altrimenti – sarebbero stati sequestrati

«Sono di Gioia Tauro e la mafia mi fa schifo. La mia colpa? Quella di prestare soldi alla famiglia Ficarra, processatemi per quello, ma non dite che sono mafioso perché non è vero». Così, in aula, Carlino ha provato a difendersi. Ma intanto, oltre alla condanna in primo grado, la Procura distrettuale antimafia di Milano, calcolando la sproporzione tra il valore dei redditi effettivamente dichiarati da Antonio Carlino e quelli nella sua disponibilità, ha chiesto all’atto della sentenza di procedere anche al sequestro preventivo dei beni. Ma, secondo i giudici, «i 4 milioni di euro attribuibili a un imputato condannato – ancorché in primo grado – per mafia non possono essere sequestrati, è per “carenza del requisito del periculum in mora” ovvero per poter procedere a un sequestro preventivo, bisognava dimostrare che ci fosse l’urgenza di provvedere in tal senso perché in presenza di un “pericolo nel ritardo”, cioè che sussistesse un rischio concreto che, non intervenendo subito prima di una sentenza definitiva, l’eventuale confisca finale diventasse sostanzialmente inutile per intervenuto sparizione del gruzzolo. (redazione@corrierecal.it)

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