La questione ambientale è da almeno trent’anni una priorità di Governi e Regioni.
In Calabria, è opportuno ribadirlo, dalla giunta Nisticò del 95 (forse la più efficiente) all’insediamento del presidente Occhiuto sono stati spesi miliardi di euro nell’emergenza e nel commissariamento che non hanno prodotto niente.
Dall’inizio della legislatura attuale, invece, è stato iniziato un lavoro di razionalizzazione che ha portato a risultati confortanti, con un approccio diverso da parte del Dipartimento regionale teso a dialogo costante con i sindaci e a un lavoro straordinario in materia di monitoraggi e interventi strutturali.
Lo abbiamo visto dai miglioramenti registrati sulla qualità delle acque.
Ciò che è accaduto nei decenni non ha eguali nemmeno nel resto del Meridione: interi paesi e strutture ricettive non collettate alle fognature, scarichi abusivi da parte di piccole e medie aziende, per non parlare di altri tipi di rifiuti la cui presenza non è esclusa nelle aree che negli anni novanta erano a sovranità criminale.
Il Consiglio regionale ha fornito (anche grazie all’impegno di consiglieri come De Francesco, Graziano, Laghi, Raso, Straface, De Nisi e tanti altri ancora) un contributo importante in termini legislativi.
L’Arpacal sta potenziando di molto la sua azione e ha sottoscritto un protocollo, anche con l’impegno del presidente Corecom, Fulvio Scarpino, e della presidente Anci, Rosaria Succurro, unico in Italia sul controllo dell’inquinamento elettromagnetico.
Se il prossimo triennio rispetterà le previsioni, con la spesa dei fondi dedicati, avremo una situazione decisamente migliore. Le analisi oggettive effettuate sulle acque marine hanno evidenziato una limpidezza superiore al 90%.
Se si pensa ai riverberi del settore ambientale (in materia di salute ma anche di ricettività turistica) si capisce come sia un argomento indispensabile per la crescita della Calabria. E la strada intrapresa è quella giusta.
*giornalista
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