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«Restiamo nel Partito democratico ma ne contestiamo i metodi decisionali»

I consiglieri di Democrazia e Partecipazione: «Mancanza di confronto interno, regole non rispettate e candidature scelte da padrini riconoscibili»

Pubblicato il: 03/01/2024 – 17:39
di Eugenio Furia
«Restiamo nel Partito democratico ma ne contestiamo i metodi decisionali»

COSENZA  «Restiamo nel Partito democratico perché vogliamo contestarne dall’interno i metodi decisionali»: in una conferenza stampa che anticipa di 24 ore la prima assemblea del Pd cosentino dopo mesi, i consiglieri comunali Aldo Trecroci, Francesco Graziadio e Gianfranco Tinto spiegano i motivi per cui hanno abbandonato il gruppo dem a Palazzo dei Bruzi ma non il partito.  «Aver dato vita a Democrazia e Partecipazione non è un atto contro questa amministrazione – ha chiarito subito Graziadio -, lungi da noi fare gli stessi errori che hanno consegnato poi la città al centrodestra per dieci anni di malgoverno».
Nella saletta del caffè Renzelli a qualche metro dall’aula consiliare, non sfugge la presenza, accanto al tavolo dei tre consiglieri di maggioranza, di Maria Pia Funaro, la cui defenestrazione da vicesindaca viene citata tra i 5 casi che hanno portato alla rottura di Trecroci, Graziadio e Tinto con il gruppo consiliare: «Anche in occasione dell’elezione del presidente del consiglio comunale, del capogruppo Pd e della nomina del revisore dei conti abbiamo fatto i soldatini, allineandoci alle decisioni del partito – tuona Graziadio -. Però poi abbiamo detto basta, e lì noi tre ci siamo ritrovati a essere sulle stesse posizioni. Ripetiamo: nessuna questione personale contro le figure individuate, bensì di metodi sbagliati. Ma il vero banco di prova sarebbe stato quello delle candidature per le elezioni provinciali, noi tre avremmo voluto candidarci o quantomeno discutere di questa possibilità, e invece, fuori dagli organismi istituzionali, hanno continuato a decidere i soliti padrini politici in quelli che abbiamo definito “caminetti” frequentati spesso da gente che non ha neanche ruoli all’interno del partito. Forse, se fosse stato seguito un altro metodo avremmo eletto un consigliere in più. Basti vedere quello che ha fatto Flavio Stasi: ha riunito i suoi e ne ha eletti due».
Secondo Graziadio – che invoca un «tagliando d’inizio anno» e l’urgenza di un vicesindaco, un assessore al Bilancio e uno all’Ambiente in un eventuale rimpasto nel quale Dp non fa mistero di voler avere voce in capitolo – «questa balcanizzazione del partito ha portato a scelte sbagliate che si stanno puntualmente trasformando in scarso consenso e numeri in continuo calo».
Anche Trecroci lamenta uno «scollamento nel Pd: la democrazia non è esercizio del potere ma partecipazione, lo dice lo stesso articolo 1 del nostro statuto che poi è l’articolo guida dell’intero testo. La nostra richiesta reiterata di convocare delle riunioni è stata bollata come “inutile e fuorviante”, mentre è questo l’unico metodo che conosciamo, è così che noi crediamo di operare rispettando regole che altri evidentemente non seguono. E’ necessario un cambio di rotta per evitare che il Pd, come accade anche a livello nazionale, appaia come qualcosa di distante dal popolo e sia condannato all’inesistenza: basta spartizione o finiremo per dividerci il nulla». Per Tinto «il nostro gruppo deve essere un veicolo per tutti quelli che si sentono esclusi ma ancora vorrebbero far parte di un Pd la cui base è sempre più distante dai vertici, coi territori lasciati sempre più soli».
Dai tre consiglieri di Democrazia e Partecipazione anche la richiesta di ricalibrare i rapporti di forza nelle Commissioni consiliari, alla luce del neonato gruppo: in particolare gli stessi Graziadio e Trecroci siedono nella Commissione cultura. Mentre sull’assemblea di domani («finalmente!») che segnerà il ritorno in pubblico del segretario (ancora autosospeso?) Pecoraro, i tre dissidenti promettono che parteciperanno. Così come Maria Pia Funaro.

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