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La “Spartenza” della meglio Calabria, 13 saggi e il “teorema del viaggiatore”

L’area semantica della “spartenza” è indagata con un approccio metodologico da Giuseppe Sommario, intellettuale di Paludi

Pubblicato il: 04/01/2024 – 15:13
di Romano Pitaro
La “Spartenza” della meglio Calabria, 13 saggi e il “teorema del viaggiatore”

CATANZARO Già prima con l’antropologo dei paesi abbandonati della Calabria, che li tiene in vita escogitando neologismi intriganti ma non miracolosi, era duro competere. Ora che la “restanza” del prof. Vito Teti è finita nel vocabolario della Treccani, non c’è proprio partita.
E tuttavia, la “spartenza” di Giuseppe Sommario, ricercatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e intellettuale di Paludi (paese di 800 anime della Sibaritide) che vive tra Roma e Milano trattenendo, sine ira et studio, l’essenza dei “paesaggi di confine” che va a spirare, ha una sua poliedrica importanza. Che, per com’è congegnata e in controluce, segnala ai distratti una Calabria, per i vorticosi giri del destino e a sua insaputa, cosmopolita e, in forza dei suoi “fuggitivi”, dentro i meccanismi delle trasformazioni più accelerate del nostro tempo.
Una sua greve e, al tempo stesso, accattivante dignità culturale che finora ha dato prova di vivacità durante il “Piccolo Festival delle Spartenze” che da otto anni si tiene a Paludi, e adesso è lucidamente sviscerata in un libro, a giorni in libreria, dal seducente design grafico (i dipinti sono di Roberto Giglio): “Spartenze” ( pagg 202, 18 euro, Ferrari Editore).

Copertina “Spartenza”

In questo spazio cartaceo (altro che morte del libro!) l’area semantica della “spartenza”, avendo attenzione alla mobilità delle eccellenze, è indagata, con un approccio metodologico pluridisciplinare, attraverso le riflessioni, argute e originali, di tredici studiosi con differenti tipi di formazione che vivono in Cina, India, Canada, Stati Uniti, Germania, Svizzera, Norvegia, Inghilterra, Malta. E in due casi in Italia.
Tutti declinando la “spartenza” secondo un personalissimo punto di vista. Tutti a misurarsi con il sentimento di chi è partito o parte, di chi torna e poi riparte, perché restare in un contesto spesso chiuso e gerarchizzato è difficile, di chi resta e di chi vive tra due o più mondi.
E, in un caso, persino teorizzando che “la dimensione originaria di una comunità è un mito”. Dunque: “la partenza senza ritorno”, “il viaggio di sola andata”. Decostruendo il mito del ritorno. Non nel senso che “spartire significa non essere mai più in grado di tornare a casa”, ma in quanto la “spartenza” è pure “un’esperienza di profonda libertà”, che consente di ripensare il ruolo della comunità di origine e l’idea (imprudentemente abusata) dell’identità da cui hanno tratto linfa ideologie violente e tragiche.
Lo “spartire”, scrive Andrea Baldini (professore ordinario di Estetica alla Nanjing University in Cina) “ci spinge verso orizzonti performativi che ci permettono di fare cose che non avremmo mai fatto”. E ancora: “ci apriamo alla possibilità di costruire una comunità che ha da venire”.
Non lacrime a gogo, nei contributi degli autori, o struggenti geremiadi per setacciare angosce e fobie da sradicamento esistenziale. Ma confessioni di migranti calabresi culturalmente ferrati e dall’intelligenza vivida e creativa che considerano la “spartenza” un sacrificio e un arricchimento.
Letterati, botanici, filosofi, linguisti, matematici, sociologici delle migrazioni, studiosi del diritto ambientale, esperti in conflitti interculturali e interreligiosi, oltre a uno chef, Francesco Mazzei, tra i più noti in Italia che ha costruito il proprio successo nel confronto con nuove culture.
Ognuno a convogliare la “spartenza”, vocabolo polisemico, su sentieri assai diversi, dove spesso convergono le ansie dei migranti che approdano in Italia da realtà da cui si scappa per non morire, sul chiaro presupposto che “lo straniero è il viaggiatore che viene da lontano, ma non è diverso da noi e arreca una molteplicità di risorse”.
Nel saggio più corto, e tra i più gustosi, di una matematica – statistica di Corigliano-Rossano, Imma Curato, che vive e insegna nell’Università di Chermnitz (Germania dell’Est), l’assunto che viaggiare ed emigrare (opinione diffusa) non siano la stessa cosa, acquista un’evidenza, appunto, matematica. Poche pagine per esporre “Il teorema del viaggiatore”, ricorrendo a Zenone di Elea e ad alcun assurdi logici. Con una scientifica deduzione: “Chi emigra difficilmente riuscirà più a riconoscere come propria una e una sola casa, una e una sola nazione o una e una sola famiglia”.
Il drappello degli studiosi coinvolti da Giuseppe Sommario, “non per negare il mito del ritorno ma per rigiocarlo”, non tralascia la chiave ecologica della “spartenza”, utilizzando le categorie botaniche di esotico e autoctono con similitudini fra mondo vegetale e umano. Non mancano riferimenti alla centralità della condivisione (“spartenza” non uguale separazione) nel diritto ambientale internazionale e al rapporto tra erotismo e mobilità, né i richiami ai diversi significati che della “spartenza” si colgono in autori immensi come Verga, Alvaro, Strati.
Il volume propone, nell’insieme, un illuminante profluvio di nessi e suggestioni sulle tante forme che la “spartenza” assume nel villaggio globale. E analogie e differenze tra la “spartenza” di ieri e quella, mai interrotta, di oggi che, se non si corre ai ripari, prefigura, per la Calabria e il Sud, scenari tutt’altro che rassicuranti. E non c’è bisogno di algoritmi speciali o del sussidio dell’Intelligenza Artificiale per rendersene conto.
A meno che non si voglia intendere la “spartenza” come verbo (in uno dei saggi centrati sui canti della tradizione popolare greco-calabra se ne fa cenno) e illuderci, stante al proverbio, che “Cu sparti avi a megghiu parti”. (redazione@corrierecal.it)

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