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L’omicidio dei coniugi Aversa a Lamezia, 32 anni di errori e depistaggi all’ombra della ‘ndrangheta

Drammatica stagione per la città, dopo lo scioglimento e l’omicidio dei due netturbini. Il figlio: «Forse mio padre doveva essere fermato»

Pubblicato il: 04/01/2024 – 7:35
di Giorgio Curcio
L’omicidio dei coniugi Aversa a Lamezia, 32 anni di errori e depistaggi all’ombra della ‘ndrangheta

LAMEZIA TERME Un brutale duplice omicidio, consumato tra le vie di Lamezia Terme, a suggellare una terribile e drammatica stagione di sangue. Sono passati 32 anni da quel 4 gennaio del 1992, data segnata dall’agguato che è costato la vita al sovrintendente della Polizia di Stato, Salvatore Aversa, e di sua moglie, Lucia Precenzano. L’inizio di un nuovo anno, dunque, segnato da un nuovo fatto di sangue, seguendo un terribile percorso sulla scia dei mesi precedenti: lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose ma, più di tutto, l’omicidio dei due netturbini Francesco Tramonte e Pasquale Cristiano, uccisi all’alba del 24 maggio ’91 nel quartiere Miraglia di Sambiase, a Lamezia. Secondo la ricostruzione, Salvatore Aversa e la moglie erano andati a far visita ad alcuni amici. Poco dopo le 18, mentre stavano risalendo in auto, sono stati raggiunti da quindici colpi di una Beretta calibro 9. Terribile lo scenario davanti agli occhi dei Carabinieri giunti sul posto attorno alle 19: il corpo senza vita di Aversa, con il capo sul volante della Peugeot 205. Distesa per terra, invece, la moglie Lucia Precenzano, morta dopo essere stata trasportata d’urgenza in ospedale.  

Indagini, depistaggi a falsa testimonianza

L’omicidio dei coniugi Aversa a Lamezia Terme aprirà una lunga stagione di indagini, sospetti, macchinazioni. Ma anche di terribili errori giudiziari, lasciando una macchia indelebile che ancora oggi, dopo 32 anni, è impossibile cancellare. Desta tuttora sconcerto la gestione della testimonianza di Rosetta Cerminara sulle quali si è retto un processo. Fu lei, infatti, a puntare il dito contro Giuseppe Rizzardi e Renato Molinaro, poi arrestati perché considerati presunti autori materiali del duplice omicidio. Molinaro poi morì per droga, e furono entrambi assolti in via definitiva, con una sentenza divenuta irrevocabile a gennaio 2004. Le accuse della Cerminara, nel frattempo decorata con la medaglia al valore civile nel 1997 dall’allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, erano assolutamente false. Resta da capire perché nessuno, all’epoca, si sia posto il problema di verificare le dichiarazioni della donna, senza domandarsi il perché dell’omicidio di Aversa che, proprio in quel periodo, stava indagando sulla morte dei due netturbini e aveva redatto una relazione, rivelatasi poi fondamentale per lo scioglimento del Consiglio comunale di Lamezia Terme. Un grosso errore giudiziario per il quale è stato condannato l’allora pubblico ministero in servizio alla Dda di Catanzaro Adelchi d’Ippolito, con il successivo risarcimento da 200mila euro riconosciuto a Giuseppe Rizzardi, per anni ritenuto l’esecutore materiale del delitto.

“Quando la ‘ndrangheta sconfisse lo Stato” di Antonio Cannone

Il caso legato all’omicidio dei coniugi Aversa è tornato alla ribalta nel corso degli ultimi mesi, con una nuova indiscrezione emersa dall’ultimo libro del giornalista Antonio Cannone, raccontata quest’estate in occasione del Trame Festival. Subito dopo l’omicidio a casa Aversa, infatti, giunsero due persone che portarono via documenti, «si presentarono come poliziotti – aveva raccontato il figlio Walter Aversa – ma non lasciarono copie di verbali. In quel momento casa era piena di gente, erano passate poco ore dall’omicidio e quindi tanti erano venuti a porgerci condoglianze, era normale che qualcuno venisse a cercare documenti di mio padre». «Forse mio padre aveva lasciato qualche appunto, qualcosa di importante, per questo avrei preferito che le indagini le avessero effettuate i colleghi di mio padre. Loro sapevano che indagini stava effettuando». Poi l’amara considerazione: «Niente è emerso dalle indagini ed è stata un peccato perché mio padre avrebbe meritato di più».

La memoria e le celebrazioni

Il ricordo, intanto, non si spegne mai e a tenerlo vivo non solo i libri e le inchieste giornalistiche, ma anche iniziative e cerimonie. Due anni l’associazione “Antiracket” aveva dedicato una targa a Lucia Precenzano mentre un presidio di Libera intitolato a Lucia Precenzano e Salvatore Aversa è stato costituito ad Agordo nelle Dolomiti bellunesi, a circa 1.300 chilometri di distanza da Lamezia Terme. In città – come avverrà questa mattina – si rinnova intanto la consueta cerimonia religiosa in Cattedrale, con la deposizione di una corona di fiori.

«Un film, un progetto criminale gestivo altrove»

Una vicenda surreale che, non a caso, Walter Aversa aveva paragonato quest’estate a un film. «Forse era il secondo tempo di un film la cui prima parte era stata recitata dalla Cerminara, la seconda da questi due, i pentiti Stefano Speciale e Salvatore Chirico. Non credo a teorie complottiste, ma non capisco come sia possibile non aver trovato alcun riscontro e dopo non si riprendono le indagini dopo la farsa della Cerminara. È vero che l’omicidio Aversa e dei due netturbini si intrecciano, ma è il risultato di un progetto deciso altrove. I netturbini che paura facevano? Perché Aversa doveva essere fermato? Forse prima di arrivare a qualche risultato investigativo?». (g.curcio@corrierecal.it)

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