COSENZA Walter Veltroni aveva promesso di andarsene in Africa, Vittorio Pecoraro di autosospendersi dalla carica di segretario di federazione. Sarà dunque per una forma di rispetto nei confronti del primo segretario nazionale del Pd che il suo omologo cosentino resterà invece dove lo abbiamo lasciato, nonostante l’annuncio, due mesi fa, di volersene uscire da un partito squassato da «personalismi e conflitti d’interesse».
Ha fissiato, si dice a Cosenza. Anzi, parlando all’assemblea di circolo riconvocata dopo mesi, si sarebbe anche preso la briga di criticare chi critica e magari intende il partito «come un taxi», espressione che sarebbe risultata infelice se non grottesca se si pensa che lo stesso Pecoraro è sceso dal taxi a novembre ed è risalito oggi, anzi due giorni fa quando si è scoperto dalla locandina dell’assemblea che la sua carica restava anzi ritornava magicamente. O meglio: veltronianamente. Poi ha messo da parte la bozza preparata nel pomeriggio e ha ricalibrato il discorso, evitando qualsiasi riferimento ai tre consiglieri dissidenti e a chi ha scambiato il Pd per una «comune anarchica».
«Con la pagina delle provinciali – ha detto Pecoraro – intendo conclusa l’autosospensione, la mia è stata una provocazione che forse è stata recepita dai vertici regionali e nazionali del partito». Una decisione che dunque rivendica, intestandosi anche il risultato politico, dal momento che «rischiavamo di far eleggere 12 consiglieri alla Succurro».
Non mancano i riferimenti a Palazzo dei Bruzi: «Non penso a una verifica politica per mettere in difficoltà il sindaco Caruso, ma magari a una conferenza politico-programmatica sull’esempio di quella che il segretario Irto sta preparando a livello regionale per metà febbraio». E qualche critica al sindaco sulla viabilità («non penso che riaprire via Roma fosse la priorità»), la cultura e i rifiuti. «L’ ospedale a Vaglio Lise sarebbe già una concessione – aggiunge Pecoraro -, attenti a non fare l’ospedale a Luzzi…». Mentre sulla città unica propone uno schema che abbracci addirittura Casali del Manco.
Nella sede del Pd si contano due sedie vuote, quelle di due colonnelli dem: Giuseppe Mazzuca, presidente del consiglio comunale di Cosenza e Carlo Guccione. Entrambi espressione della corrente che fa riferimento ad Andrea Orlando. Un’assenza che pesa e fa notizia.
Temi, quelli cittadini, su cui torna anche la segretaria cittadina Rosi Caligiuri, che dopo un “appunto” ai tre consiglieri di Democrazia e Partecipazione si produce in un intervento da assessore comunale, sui risultati raggiunti nel centro storico «da una delle poche amministrazioni guidate dal campo largo» e sulle prospettive (Metroleggera, nuovo ospedale e città unica). Su dissidenti e candidature alle elezioni provinciali si smarca dicendo che le «competenze non sono del circolo cittadino e non è stato posto alcun veto, così come sulle nomine a palazzo dei Bruzi non decide il partito ma il sindaco». Però, puntualizza, l’assemblea di oggi «è stata convocata prima della conferenza stampa di Democrazia e Partecipazione» dice ai consiglieri dissidenti. A fine serata la sua relazione sarà messa ai voti ma i dissidenti stessi decideranno di non partecipare.
Enza Bruno Bossio, al contrario, esordisce con un citazione di Bersani («Non ignoriamo la mucca nel corridoio») e attacca subito Graziadio, Tinto e Trecroci, presenti in sala: «Non sono un capobastone, non ho imposto né Alimena né Covello né Mazzuca, né alcuna candidatura per le Provinciali: delle liste si è occupato Franco Iacucci, cui va dato il merito di aver chiuso l’operazione politica dell’accordo con Flavio Stasi. Mi dicono che non posso avere voci in capitolo perché non sono stata eletta e Bevacqua invece può? Scontriamoci ma parliamo di politica per arginare la destra che governa a Catanzaro e a Roma». Poi si leva due sassolini: «Graziadio – che scriveva contro di me già da giornalista -, Tinto e Trecroci hanno votato come presidente del collegio dei revisori dei conti non Franco Colistro ma Andrea Manna, che ha fatto danni con Mario Occhiuto coprendo tutte le sue porcherie; mentre per Maria Pia Funaro ho fatto campagna elettorale proponendola come vicesindaco» («Anche io ti ho sostenuta nel 2018 e 2022» ribatterà lei entrando a fine intervento, accompagnata da papà Ernesto che dice a Pecoraro: «Le ho detto di stare calma…»).
Francesco Graziadio: «Siamo gli alieni che hanno osato contestare, ma critichiamo solo il metodo che impone le decisioni dall’alto. Ricordo i pizzini in occasione della votazione di Colistro». Sulla stessa linea Aldo Trecroci: «Non stiamo in consiglio solo per eseguire ordini».
Gli iscritti ci prendono gusto, i toni più di una volta si surriscaldano, tesserati storici come Raffaele Zuccarelli incalzeranno i tre di Dp: «Ma quindi non ho capito: rimanete nel partito o no?». I lavori dureranno più della conferenza stampa fiume (190 minuti) della premier Giorgia Meloni: nell’appartamento al piano di sotto della storica federazione Pci di minuti se ne totalizzeranno quasi 240, quattro ore: e meno meno male che si è deciso di non toccare il tema tesseramento. Una dimostrazione di attaccamento alla maglia, a proposito gioca pure la Juventus.
Salvatore Perugini prima delle 19 sta per andarsene: «Non voglio vivere queste diatribe, né da iscritto né da cittadino. Questi sono i problemi del Pd e della città?». Poi ci ripensa. «È passata un’era glaciale da quando facevo politica io» sibila mentre scivola via sul corridoietto di graniglia. Anche Gabriele Petrone invita a «non fare come i polli di Renzo» e a «parlare di politica» («Mario Occhiuto usa la città unica come un machete per abbattere una amministrazione di centrosinistra, spero che la decisione dei tre consiglieri dissidenti rientri»), appena prima di Damiano Covelli. Così l’assessore: «Abbiamo fatto le pulci a Mario Occhiuto per i suoi 87 dirigenti, ora al Comune possiamo finalmente fare concorsi e avviare cantieri per 130 milioni. Siamo un punto di riferimento, non sprechiamo questa opportunità per questioni che devono rimanere al nostro interno».
Sono quasi le 20 quando prende la parola Maria Pia Funaro: «Sono dispiaciuta e amareggiata per la mia vicenda e per il silenzio del mio partito. Immaginavo che la stessa condivisione della campagna elettorale l’avrei ritrovata dentro Palazzo dei Bruzi. Forse dovevo essere più incisiva in alcuni momenti. Su alcune cose come su Colistro non sono stata coinvolta, e quando la situazione ha iniziato a incrinarsi mi aspettavo un comportamento diverso all’interno del partito, che evidentemente era d’accordo nel dare a Caruso la libertà di rimuovermi dal ruolo di vicesindaco. Sicuramente Graziadio, Tinto e Trecroci non potranno essere cacciati, non conviene neanche al Pd. Ma oggi sono contenta di vedervi negli occhi, non ero neanche convinta di venire in questa fossa dei leoni, leoni che ritenevo amici».
Nicola Adamo richiama i dissidenti: «Finitela di fare lo Iacchité del Comune. Stare nel Pd significa assumersi delle responsabilità, dove vi porta la critica dall’interno? State facendo un danno al partito, non a me; anzi: io sono orgoglioso di essere indicato come il capo di tutto, allora sono ancora importante! (risate e applauso) Colistro non è stato proposto da me ma da Mazzuca. La vostra è ipocrisia politica: volete contrattare all’interno della maggioranza perché si avvicina il rimpasto e sapete che Alimena diventerà assessore».
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