COSENZA In dialetto cosentino le truffe si chiamano “vrusci“. Un termine che deriva da bruciare, riferito alla mancata corresponsione di denaro al termine di una vendita. Di simili episodi sono piene le pagine delle inchieste portate a termine dalle forze dell’ordine contro la criminalità cosentina. Non fa eccezione l’inchiesta denominata “Athena“, coordinata dalla Dda di Catanzaro e che ha portato a decapitare la famiglia Abbruzzese di Cassano allo Jonio, colpita da un’operazione congiunta di Polizia e Carabinieri. Le accuse sono a vario titolo, nei confronti degli indagati, di associazione di stampo mafioso, associazione dedita al narcotraffico, estorsioni, minacce.
Di “vrusci” parla con dovizia di particolari, il pentito Celestino Abbruzzese, non prima di aver reso edotti i magistrati della Distrettuale sul sistema di stipendi destinati ai detenuti. «Immediatamente dopo gli arresti del 2003, i nostri cugini cassanesi corrispondevano a mio padre e a mia madre il denaro per il mantenimento in carcere dei miei due fratelli Armando ed Antonio». «Ricordo – aggiunge – che consegnavano mi pare 1.200 euro al mese per ciascuno dei detenuti».
Franco Abruzzese (detto “Dentuzzo”), il boss di Cassano allo Ionio era solito frequentare la famiglia del pentito. «Mio fratelllo Antonio riceveva una serie di “imbasciate” che “dentuzzo” mandava agli Zingari cosentini e agli “Italiani”». Il racconto prosegue e il collaboratore di giustizia, introduce il tema relativo alle truffe. Spesso “Dentuzzo” era accompagnato da una sua «persona di fiducia» che per conto suo «faceva truffe, anche al Nord Italia, quelle che noi definiamo “vrusci”, cioè acquisiva auto, materiali per edilizia, che pagava con assegni non coperti». In queste truffe, il soggetto richiamato dal pentito era «finanziato da ”dentuzzo”, cui corrispondeva una parte degli utili». E il pentito cita un episodio. «In un’occasione gli venne ordinato di prelevare a Cosenza una persona e di portarla a Cassano al cospetto di “dentuzzo” e del figlio Luigi che gli contestarono di avere operato una truffa, relativa ad un’autovettura, a danno di una persona vicina ai Morabito di Reggio Calabria».
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