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Antonio Porchia, l’aforista di Conflenti

Per lui tutto si riduceva ai fatti basilari della sua vita che vedeva ogni giorno nel suo giardino – nascita, crescita e morte

Pubblicato il: 08/01/2024 – 11:43
di Bruno Gemelli
Antonio Porchia, l’aforista di Conflenti

Lo scrittore Vanni Santoni, sul supplemento culturale del Corriere della sera del 31 dicembre 2023, l’ha paragonato a Eraclito che è considerato il pensatore oscuro per eccellenza; infatti, egli stesso nutriva sfiducia nella possibilità che il suo scritto potesse essere compreso dalla maggior parte degli uomini. Eraclito influenzò in vario modo i pensatori successivi: da Platone allo stoicismo, la cui fisica ripropone in gran parte la teoria eraclitea del logos.
Parliamo di Antonio Porchia (Conflenti, 13/11/1885 – Buenos Aires, 9/11/1968) che è stato un’aforista italiano naturalizzato argentino.
La sua opera più conosciuta è “Voces” (Genesi Editrice, 2013). L’autore, all’epoca, accetta di leggere le sue Voci soltanto presso la “Società Argentina degli Scrittori” al tempo in cui Borges era il presidente.
Nell’abstract della pubblicazione si legge: «Porchia conduceva una vita solitaria e frugale. Si nutriva di vino, pane e formaggio e dei pochi prodotti del suo orto. Vestiva in modo eccentrico. In primavera indossava una casacca e pantaloni di un pigiama a righe, in inverno un giaccone di tessuto grezzo con una sciarpa chiusa con un gancio. Per lui tutto si riduceva ai fatti basilari della sua vita che vedeva ogni giorno nel suo giardino – nascita, crescita e morte. Leggeva poco e scriveva ancora di meno, limando e correggendo all’infinito i suoi pochi testi (l’amico e scultore Libero Badii ricorda che Porchia componeva poche frasi, non più di cinque all’anno, ma con una grande attenzione per l’espressione verbale)».
I suoi amici descrivevano Antonio Porchia come un santo o un mistico. Spesso chi andava a trovarlo nella sua modesta abitazione di Buenos Aires lo trovava inginocchiato nel suo minuscolo giardino, perso nella contemplazione di una rosa.
L’opera Voces, pubblicata per la prima volta nel 1943, è stata tradotta in moltissime lingue ed è stata positivamente giudicata da noti critici e scrittori come André Breton, Jorge Luis Borges, Julio Cortázar Roger Caillois, Roberto Juarroz, Henry Miller e altri. Si tratta di una raccolta di aforismi e brevi riflessioni d’ispirazione taoista.
Di seguito un campionario dei suoi aforismi: “Ogni cosa esiste grazie al vuoto che la circonda”, “Il ricordo è un poco di eternità”, “Alcune cose diventano tanto nostre che le dimentichiamo”, “Maggior pianto che piangere è veder piangere”, “Un cuore grande si riempie con molto poco”, “Uno vive nella speranza di diventare una memoria”, “Ti diranno che sei sulla strada sbagliata, se è la tua”, “L’uomo non va da nessuna parte. Tutto viene all’uomo, come il domani”,
“Prima di percorrere la mia strada io ero la mia strada”, “Tutti i miei pensieri sono uno solo. Perché non ho mai smesso di pensare”, “Chi mi tiene sospeso a un filo non è forte; forte è il filo”.
Ma non si pensi che l’aforismo sia un genere minore. A tal proposito l’aforista colombiano Nicolás Gómez Dávila, diceva: «L’aforisma deve avere la durezza della pietra e il tremolio delle foglie».

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