COSENZA Celestino Abbruzzese alias “Micetto” ammette di aver avuto un ruolo nel favorire la latitanza di Franco Abbruzzese, detto “dentuzzo”, condannato all’ergastolo con sentenza definitiva dopo alcuni processi sugli agguati compiuti tra Sibari e Cassano allo Ionio nel 1999. Il pentito, storico appartenente alla famiglia degli Abruzzese “Banana”, racconta ai magistrati della Dda di Catanzaro della mini fuga da latitante di “Dentuzzo“. Il racconto parte dal 2000, «con l’uscita dal carcere di mio padre che era rimasto detenuto per un paio di anni in conseguenza della consumazione di un’estorsione con il sistema dei ‘”cavalli di ritorno”».
«Io venni coinvolto, da mio padre esclusivamente per la vendita di un’autovettura che venne consegnata a due ragazzi» – racconta il collaboratore di giustizia Celestino Abbruzzese – che poi aggiunge: «l’auto venne loro consegnata in permuta di una partita di eroina della quale mio padre era detentore. Ricordo che andai a Messina e feci un doppio passaggio di proprietà perché l’auto era intestata a mio fratello Antonio che era detenuto per cui dovetti intestarla a me e poi intestarla ad una concessionaria». Prima semplice gregario, con gli anni “Micetto” acquisisce potere e scala i vertici del clan fino ad occuparsi del traffico di droga: il business più importante dei “Banana”. «Nel 2006 mi sono iniziato ad occupare di traffico di stupefacenti unitamente ai miei fratelli Luigi, Marco, Nicola ed a mio cugino-cognato Antonio». Nel corso del 2007, «si ritrovarono liberi mio fratello Antonio e mio cugino “dentuzzo”». Quest’ultimo rimase latitante per un breve periodo. «Ricordo che, io stesso, gli diedi rifugio presso la mia abitazione a Montalto, dove lo portò mio fratello Antonio. Dopo questi cinque giorni, accompagnai “dentuzzo” dalla sorella della compagna di Antonio “Strusciatappine”». Il racconto prosegue e si apprende che Franco Abbruzzese «voleva per così dire ricongiungersi a “Strusciatappine” che in quel periodo era latitante, ma “Strusciatappine” rifiutò di prenderlo con sé per cui non ho saputo dove “dentuzzo” trovò riparo». Celestino Abbruzzese, invece, dice di non sapere nulla in merito «alla latitanza di Luigi Abbruzzese che non si fidava dei miei fratelli». «Secondo quanto mi ha riferito il figlio di mio zio Antonio – chiosa – Luigi Abbruzzese è stato appoggiato da latitante dai Forastefano». (f.b.)
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