COSENZA È dedicata alla strage di Erba l’ultimo appuntamento di “Quarta Parete”, lo spazio di approfondimento de L’altro Corriere Tv curato dal giornalista Paride Leporace. Ieri, infatti, la Corte d’Appello di Brescia ha ammesso il ricorso per la revisione del processo sulla strage di Erba, che ha condannato marito e moglie per gli omicidi di Raffaella Castagna, Youssef Marzouk, Paola Galli e Valeria Cherubini e per il tentato omicidio di Mario Frigerio, avvenuti l’11 dicembre 2006.
«Tutto il passato – ha detto Leporace – diventa sempre attualità in Italia, da Via Poma al caso Moro, e adesso la strage di Erba. Precisiamo subito che ancora bisogna decidere perché l’udienza che ha accettato il Tribunale di revisione dovrà decidere se accettare le nuove prove o rigettare l’istanza. Sicuramente la difesa dei due terribili coniugi che prima si accusarono della orrenda strage e poi ritrattarono, ha molti elementi a suo carico». «Abbiamo sette nuove consulenze – ha spiegato – molte intercettazioni sia ambientali che telefoniche, video, audio e una decina di testimonianze che si chiedono di essere ammesse». Solo per contesto e per memoria «ricordiamo che, in tutta questa vicenda, come spesso capita al Nord, Erba è un posto dove opera la ‘ndrangheta e come vedremo queste vicende hanno anche una loro incidenza su quello che gli avvocati della difesa dei due coniugi vorrebbero far ammettere».
Nel suo intervento Paride Leporace ricorda, infatti, che nelle prime ore successive alla strage si parlò di stranieri responsabili, e molte ombre si addensarono su uno dei protagonisti della vicenda, il tunisino Azouz Marzouk, parente stretto di alcune vittime della strage, spacciatore coinvolto con vicende di droga. «Azouz si salvò perché aveva un alibi ineccepibile, nel momento della strage si trovava in Tunisia». «Durante le sue detenzioni Azouz Marzouk – spiega Leporace – era venuto in forte contrasto con alcuni detenuti di ‘ndrangheta, fu aggredito per ben due volte e poi fu trasferito in altro carcere. Poi sarà scarcerato grazie a un indulto».
Esiste una contro inchiesta del 2019, mai presa in considerazione del giornalista calabrese Antonio Monteleone per “Le Iene”, che ha raccolto molti elementi su questa vicenda. «L’avvocato della difesa di Olindo e della moglie presentò un’intercettazione tra due affiliati che intercettati dicono tra di loro “se vengono questi qui fanno a pezzettini anche i bambini” e si riferiva a una banda di albanesi che avevano avuto una sorta di truffa su una partita di droghe e quindi sarebbero stati molto allarmati per questa cosa». «In quella contro inchiesta – spiega – c’è anche la dichiarazione di una stretta parente di Azouz che lo accusa di essere al centro di questioni molto torbide. C’è anche da dire uno strano episodio che nessuno ha mai messo in evidenza, cioè che dopo la sentenza di Cassazione che condanna i due coniugi all’ergastolo, Azouz dirà “Olindo e la moglie sono innocenti”, tutto questo in contrasto con il suo avvocato».
Sono solo dei piccoli elementi di una vicenda nazionale molto attenzionata e che lascia perplessi perché «c’è un ragionevole dubbio e quindi la giustizia è decisa di capire cosa realmente è accaduto in quel lontano giorno ad Erba, piccolo centro del Comasco dove accadde questa grave strage e dove la ‘ndrangheta ha sempre operato».
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