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Il traffico di droga tra Calabria e Sicilia, il pentito: «La cocaina viaggiava sui furgoni modificati»

In aula nel Tribunale di Catania le rivelazioni di Michele Vinciguerra. «Trattavano con grandissimi signori calabresi». «La droga andava a Palermo, Agrigento o Caltanissetta»

Pubblicato il: 12/01/2024 – 10:51
di Giorgio Curcio
Il traffico di droga tra Calabria e Sicilia, il pentito: «La cocaina viaggiava sui furgoni modificati»

«Faccio parte del clan Cappello dagli inizi anni novanta. Sono entrato a far parte del clan di Salvatore Cappello tramite Lorenzo Massengo, ucciso a Catania nel ‘92, zio di Pantellaro Giovanni, soprannominato “u giocattulu”. Poi nel ‘93 mi hanno arrestato per anni, nel ‘97 sono uscito e c’era come capo sempre facendo riferimento a Cappello Pantellaro Giovanni, e abbiamo fatto nuovamente il gruppo di fuoco di S. Cristoforo». Si presenta così in aula Michele Vinciguerra, 56 anni, noto a Catania come “Curdunaro”. Il suo, però, è un nome di peso assoluto nel panorama criminale siciliano e, in particolare, quello catanese. E la sua scelta di collaborare con la giustizia, maturata nell’estate di quest’anno, ha fatto tremare i clan siculi, ma anche gli esponenti della ‘ndrangheta calabrese. Già perché Vinciguerra è coinvolto nell’operazione denominata “Kynara” scattata a dicembre del 2022, coordinata dalla Dda di Catania, con l’arresto di 30 persone (23 in carcere e 7 ai domiciliari) in grado di far luce sugli affari del narcotraffico sull’asse Calabria-Sicilia.

Le dichiarazioni di Vinciguerra

Vinciguerra ai magistrati della Dda etnea ha già affidato in questi mesi i segreti del clan cui ha fatto parte. Gli stessi che ha raccontato in aula nel corso dell’udienza al Tribunale di Catania, interrogato dalla pm, Barbara Tiziana Laudani. «Come l’ho conosciuto? Lui aveva proprio il ruolo di promotore della droga, io conoscevo solo lui, non conoscevo altri calabresi all’istante, perciò conoscevo lui, difatti tutta la droga che avevo a Catania, non solo quella mia, che mi dava a me personale, che gli dava tutta la Sicilia». Il collaboratore di giustizia, in aula, rispondendo alle domande della pm parla innanzitutto di Saverio Zoccoli, classe ’84, calabrese, considerato un narcotrafficante in affari in tutta Italia. Questo, almeno, quanto emerge dall’inchiesta “Kynara”, blitz eseguito dalla Polizia di Stato su richiesta della Procura di Catania.  

Il nipote e il cognato

Durante la sua deposizione in aula, Michele Vinciguerra ha parlato, poi, del nipote Giacomo Ravasco (cl. ’92), indagato anche lui nell’ambito del blitz Kynara, già in carcere dove sta scontando una condanna a quattro anni e mezzo per altri fatti di droga. «(…) io sono uscito l’8 di aprile, quando sono uscito trovo fuori Alberto Bassetta, sempre mio genero, e Giacomo Ravasco, mio nipote, figlio di mio cognato, e trovo questo chiamato lavoro di droga (…) e mi parlano di questa droga. Io, se non mi sbaglio, era giorno giovedì quando sono uscito, la domenica mi incontro a casa a mare al Lido Delfino, mi incontro verso le ore otto e trenta con signor Saverio Zoccoli, e viene presentato da me, viene presentato da me da Bassetta Alberto e lo porta a casa mia Ravasco Giacomo (…) ci siamo presentati e abbiamo discusso. E che succede? Mio genero mi dice: “Questo è lo zio Saverio”, io gli rispondo “Okay”. Mio genero mi dice una cosa: “Papa – dice – qua Saverio è un nostro familiare”, e gli rispondo “Okay, mi fa piacere”. Che succede? Mi prende a me e mi racconta il signor Saverio che ha preso una truffa a Catania di cinque chili di cocaina».

La figura di Zoccoli secondo il pentito

«Che poteri decisionali aveva il signor Zoccoli?» chiede la pm a Vinciguerra, che risponde: «(…) ci parlo del gergo di malavitoso, di mafioso. Se un ragazzo è così, non può prendere cento chili di droga o cinquanta chili di droga. Se un ragazzo è così, può prendere un chilo di droga. Ma un personaggio, per arrivare a cento chili di droga, dove essere personaggio, deve essere affiliato a qualche famiglia calabrese». «(…) io all’istante non capivo chi era, in quanto io ci faccio una domanda a mio genero: “Ma a chi appartiene? Ma chi appartiene?”, “Boh!”». E Vinciguerra, spiega, che lo stesso Zoccoli avrebbe fatto conoscere a suo genere altri personaggi calabresi che avevano a che fare con il traffico di droga. Persone, per altro, di elevato spessore criminale. «Grandissimi personaggi calabresi» spiega in aula Vinciguerra «come lo so? Perché io ero stato invitato, ma essendo che sono sorvegliato, non avevo questo tempo di andare in Calabria e poi scendere, non ce l’avevo più il tempo, e ci va mio genero Bassetta Alberto».

Tribunale di Catania

I viaggi della droga tra Calabria e Sicilia

Alla domanda della pm, poi, il collaboratore di giustizia ha illustrato anche le modalità con le quali la droga viaggiava dalla Calabria alla Sicilia e come si concretizzava, di fatto, l’approvvigionamento. «Il traffico di droga dalla Calabria alla Sicilia avveniva quasi tutti i giorni, e questo compito di prendere la droga dalla Calabria alla Sicilia, o la scendevano a Messina o la scendevano proprio direttamente a Catania, nelle zone di Misterbianco o via Palermo, e aveva un compito di prendere direttamente dai trafficanti calabresi quelli che portano droga, gliela consegnavano tutta a Ravasco. Quest’ultima aveva il compito, tramite i telefonini, quelli che si fanno i messaggi, non ci puoi parlare a voce, e Ravasco aveva questo compito con Saverio Zoccoli di prendere tutta la droga che arrivava». E ancora: «La davano tre chili, quattro, cinque chili a Palermo, Agrigento, Caltanissetta, così veniva tutta divisa».

La droga nei Turbo Daily

Nel corso dell’interrogatorio Vinciguerra, sollecitato dalla pm, ha spiegato anche come – secondo le sue conoscenze dirette – la droga dalla Calabria arrivasse sull’isola siciliana. «Non c’era un mezzo specifico, perché dalla Calabria ci sono delle macchine che nei cruscotti, dove c’è il portacenere, ci sono fatti i lavori» alludendo a delle “modifiche” realizzate sulle auto. «(…) nei parafanghi delle macchine per posare la droga, nei Turbo Daily ci sono fatti anche lavori, e arrivava la droga con a Turbo Daily e con qualunque macchina…». Secondo Vinciguerra, poi, la consegna della droga avveniva «in via Palermo dove c’è l’ospedale, c’è un chiosco, avveniva a Misterbianco dove c’è il Bingo. Avveniva al Torero, al ristorante Torero. Avveniva in tanti posti. Avveniva a casa… direttamente dove c’è il B&B di una cugina di sua moglie, che quella persona del B&B non sa niente poverino di quello che succedeva». (continua)

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