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il processo

Imponimento, le “pressioni” di Rocco Anello sull’imprenditore che in aula prova a smentire: «Mai arrivate richieste strane»

In udienza al Tribunale di Lamezia, l’episodio legato ai lavori sulle barriere a San Pietro a Maida. Il testimone: «Non nego, ma non ricordo»

Pubblicato il: 13/01/2024 – 16:47
di Giorgio Curcio
Imponimento, le “pressioni” di Rocco Anello sull’imprenditore che in aula prova a smentire: «Mai arrivate richieste strane»

LAMEZIA TERME «Era un operaio, eseguiva gli ordini e basta. Ci parlavo poco, io non parlo con tutti gli operai, ne ho duecento ma quando ero in cantiere è normale che se mi avvicina un dipendente, non è che lo posso trattare male, lo saluto, gli stringo la mano». Inizia dai rapporti con un proprio dipendente l’interrogatorio del pm, Antonio De Bernardo, davanti ai giudici del Tribunale di Lamezia Terme, nel corso dell’udienza del processo Imponimento contro la cosca Anello-Fruci. A rispondere, chiamato a testimoniare, è l’imprenditore Nilo Morfù, interrogato – nello specifico – per un episodio al centro dell’inchiesta, ovvero le presunte “pressioni” ed “estorsioni” per la realizzazione delle barriere a San Pietro a Maida, centro dell’hinterland di Lamezia Terme.

I lavori

Secondo l’inchiesta della Dda, infatti, «anche per il tramite dei suoi collaboratori e tecnici impegnati nei lavori» per conto dell’azienda «avrebbero in più occasioni avrebbero interagito «indirettamente per il tramite di Nicola Antonio Monteleone, Daniele Prestanicola, Antonio Talarico o direttamente con Rocco Anello (cl. ’61)». In particolare – sempre secondo l’accusa – il presunto boss Anello «avrebbe individuato le imprese cui affidare le forniture e i lavori per la realizzazione delle barriere antirumore della stazione ferroviaria “San Pietro a Maida – Maida”» e avrebbe esercitato «pressioni su Morfù e i suoi collaboratori perché assecondassero i suoi voleri», utilizzando dunque il tipico metodo mafioso per agevolare la propria cosca e quella dei Bonavota «sulla base di accordi spartitori relativi al territorio di Pizzo Calabro».

«Mai arrivate richieste strane»

L’imprenditore ha chiarito i rapporti con un dipendente in particolare e con il suo geometra, prima che il pm entrasse nello specifico. «Qualcuno dei suoi dipendenti in relazione ai lavori di cui stiamo parlando le ha mai fatto presente che dei soggetti avevano fatto richieste non lecite in relazione ai lavori, richieste di danaro, richieste di fare lavorare talune ditte piuttosto che altre?» ha chiesto De Bernardo. «Assolutamente no, perché non è nella mia struttura. No, mai arrivate». E ancora il pm: «Lei è immune da questo tipo di richieste, per quale motivo?» «Ma a me non sono mai arrivate – risponde ancora l’imprenditore – mai arrivate» «nessuno ha obblighi. Se qualcuno si permette verrà licenziato subito Io lo licenzio, sì. Di portarmi notizie strane, faccio un disciplinare e poi».Il pm De Bernardo, spiazzato dalla risposta, ha chiesto al teste se ha compreso la natura della domanda, riformulandola per evitare equivoci. «Se qualcuno avvicina suoi dipendenti e chiede cose del genere, e questo dipendente glielo viene a dire a lei, lei che fa, licenzia il dipendente?» «No, non mi è mai capitato, una cosa del genere» risponde l’imprenditore «Assolutamente, non mi è mai capitato».

«Mai sentito parlare di questa inchiesta»

L’accusa incalza l’imprenditore e va dritto al punto. «Il suo operaio non le ha mai parlato in relazione a questi lavori di richieste di Daniele Prestanicola e di Rocco Anello, di Nicola Antonio Monteleone? Lei conosce questi soggetti? Lei sa perché è stato citato qui?». «E chi sono? Io mi sono trovato qui come testimone, oggi sono qua e sto apprendendo ciò che lei mi sta dicendo», replica l’imprenditore che spiega di non aver mai sentito nessuno parlare di questa inchiesta, del processo e, soprattutto, non sa nulla dell’estorsione che la sua azienda avrebbe subito. «Io – parlando ancora del suo ex operaio –  so che il 2017 era lì, poi non so se ci ha lavorato un anno o più e poi è stato licenziato, non so neanche la motivazione, perché è stato licenziato, non mi ricordo il motivo».

Le ditte e i fornitori

Il pm chiede, poi, a quali ditte si fosse rivolto per eseguire i lavori a San Pietro a Maida. «C’erano, come forniture, quelle lì, ci stava un impianto lì a San Pietro a Maida che faceva la costruzione delle barriere, che non mi ricordo, come “Prema Sud”, ora non mi ricordo bene. E poi tutto con la mia dipendenza». Per quanto riguarda, invece, la fornitura di calcestruzzo l’imprenditore cita un impianto di Sant’Onofrio, «Siccome ne ho tanti, posso dirti, il padre Rocco me lo ricordo, l’ho visto in cantiere. Non mi ricordo il nome. So che è a Sant’Onofrio» mentre per le trivellazioni «c’erano due ditte, una di Cosenza e l’altra di Lamezia…».

«A me determinate cose non interessano»

De Bernardo incalza di nuovo l’imprenditore, chiedendogli se in questi anni abbia saputo di qualche arresto. «Ma non interessano a me determinate cose. Io non entro in queste cose, in ogni lavorazione chiediamo sempre white list o quanto altro, in ufficio, e poi lì i preventivi che si firmano e via. A me non interessa, io faccio il mio mestiere. «Ho quaranta cantieri in tutta Italia, non è che io mi rapporto con tutti i fornitori o quant’altro. In ufficio c’è chi si occupa dei contratti, subappalti, forniture, quindi arriva la documentazione, se la documentazione è congrua alle nostre richieste, siamo pure in un sistema del 231, quindi prima di dare mano a lavorare a chiunque noi dobbiamo avere tutte le carte a posto».  

imponimento monteleone

«Prestanicola era solo un fornitore»

L’imprenditore, nonostante le sollecitazioni del pm, afferma di conoscere affatto Rocco Anello, Vincenzino e Giuseppe Fruci «E chi sono?», così come Nicola Antonio Monteleone, «no, non li conosco». «Conosce e ha mai avuto rapporti di lavoro con Domenico Prestanicola e Daniele Prestanicola?» chiede ancora De Bernardo. «Rocco Prestanicola, sì. Rocco è il padre, sì, poi ho visto di sfuggita i figli quando andavo io di rado e buttavano il cemento vedevo quelli degli impianti, poi sa che non è che li conosco tanto bene i figli, ma il padre sì, sempre per ragioni lavorative» risponde l’imprenditore che, però, non sapeva del loro arresto. «Ma, no. Lo sto apprendendo adesso». «Io con Prestanicola non è che ci sono andato a mangiare o quanto altro – spiega ancora Morfù – era un fornitore, si parlava di affari lavorativi, un caffè e via».

«Non sto negando ma non mi ricordo»

Il pm, poi, cita un episodio finito agli atti ovvero una intercettazione del 29 novembre del 2017 di un colloquio tra l’imprenditore, il fratello e Daniele Prestanicola. «Lei a un certo punto dice “senti, ascolta a me, sto sentendo troppe tarantelle”, si ricorda di queste tarantelle? “Le tarantelle che mi stanno mettendo un poco di nervosismo”» chiede De Bernardo al testimone che, però, non ricorda neanche questo episodio. «“Cominciamo una guerra. Io comincio una guerra”, non se lo ricorda? “e le guerre fanno male”?». «No, non ricordo» risponde ancora l’imprenditore. Ma il pm insiste: «“se vogliamo andare in guerra che guerra sia. Lo sai che ti dico? Io sono preoccupato e penso che lui sarà più preoccupato di me”, ricorda di aver detto questo?». «Addirittura? Io? Non mi ricordo». E ancora De Bernardo: «Rispetto a questi lavori, non ricorda di questioni che lei possa avere definito tarantelle? C’erano stati problemi su quel cantiere, c’erano state situazioni che la avevano innervosita?». «Assolutamente. Io non ho mai avuto problemi in quel cantiere, di nessun genere e di nessun tipo». Il pm non si arrende e incalza ancora il testimone: «Suo fratello dice “La settimana prima, questa settimana?”, lei dice “Il sabato al cantiere tuo. È possibile da te?” e Daniele Prestanicola dice “Pure a Pizzo, al cantiere mio, per me va bene”. E lei dice “Lo sai perché? Perché vado a un cantiere, perché vado e vengo”, e suo fratello dice “Che va e viene, sì”» «non mi ricordo, sto sentendo, sto ascoltando signor Giudice, però onestamente di questa conversazione sicuramente sarà, però non mi ricordo il concetto della telefonata. Può essere che ho detto queste cose, però non mi ricordo il concetto a che cosa si riferiva. È questo che non riesco a capire e che non ricordo. Perché le telefonate poi partono e si incastrano. Il filo del discorso è tanto. Non sto negando quello che sto sentendo, è che non mi ricordo». (g.curcio@corrierecal.it)

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