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«Mi hanno rovinato, deve succedere una disgrazia». La rabbia del gruppo catanzarese dopo il sequestro di armi e droga

Dalle indagini della Dda di Catanzaro i dialoghi dei presunti capi del sodalizio e la preoccupazione per la merce sparita da un terreno. «Devono saltare in aria»

Pubblicato il: 15/01/2024 – 14:10
di Giorgio Curcio
«Mi hanno rovinato, deve succedere una disgrazia». La rabbia del gruppo catanzarese dopo il sequestro di armi e droga

CATANZARO Un’associazione temuta e pericolosa, dedita al traffico di armi da guerra e comuni da sparo, custodite in grande quantità e destinate alle cosche della ‘ndrangheta calabrese per affrontare in modo adeguato eventuali periodi di conflitti fra gruppi criminali e commettere eventuali omicidi. Lo scrivono nel decreto di fermo di indiziato di delitto i sostituti procuratori di Catanzaro Antonio De Bernardo e Veronica Calcagno, coordinati dal procuratore facente funzioni Vincenzo Capomolla.

Le armi da guerra

A capo del sodalizio, così come è emerso dall’indagine coordinata dalla Distrettuale antimafia di Catanzaro, è stato individuato Domenico Rizza, aiutato dal figlio Vincenzo e da Marco Riccelli. Del gruppo, inoltre, farebbero parte anche Emanuele Le Pera, che si sarebbe prestato a spostare il materiale illecito da un luogo a un altro, e Manuel Argirò, guardia giurata che, secondo l’accusa «aiutava gli altri associati nell’occultamento delle armi e, su incarico di Rizza, acquistava armi e munizioni presso le armerie autorizzate». Quello della detenzione delle armi è uno degli aspetti più significativi dell’inchiesta coordinata dalla Dda del capoluogo, così come ha sottolineato lo stesso procuratore Vincenzo Capomolla questa mattina in conferenza stampa, parlando di «uno dei sequestri di armi più ingenti effettuati nell’area».

Il primo sequestro

Quella, in questo caso, di contrada Cuturelle, zona nord di Catanzaro. Numerosi gli elementi emersi nel corso delle indagini, a cominciare dal primo sequestro risalente al 13 settembre del 2022, in località Cuturelle di Catanzaro, effettuato in un appezzamento di terreno attiguo a quello di proprietà di Antonietta Rizza, figlia di Domenico, ma in uso a quest’ultimo. In quel caso, infatti, i Carabinieri della Stazione di Gagliano, supportati da un’aliquota di Carabinieri Cacciatori, avevano rinvenuto armi, parti di esse, munizionamento e un quantitativo di sostanza stupefacente tra hashish e marijuana pari a circa 18 chilogrammi, tutto occultato all’interno di alcuni bidoni in pvc. «(…) ehh c’è stato un problema Angelè… no no mi sono venuti lì sopra… mi sono venuti i “Cacciatori”, mi sono usciti da tutte le parti stavamo lavorando…». A parlare nel corso di una conversazione intercettata dagli inquirenti è proprio Marco Riccelli con Angelo Posca. «(…) stavamo facendo un tetto sopra, stavamo facendo il tetto nuovo che abbiamo tolto i pannelli vecchi che entrava acqua e abbiamo messo i nuovi… a na vota (di colpo ndr) sono arrivati due in divisa normale “avete il permesso per fare i lavori? qua e là…” di colpo mi sono sbucati da tutte le parti…». «“Cantaru”, ca sa cantau u merulu» risponde Posca.

Le preoccupazioni del gruppo

Qualche giorno più tardi, è il 14 ottobre 2022, Riccelli e Rizza si incontrano e tornavano a parlare del sequestro di armi e droga subìto e formulavano alcune ipotesi su chi, secondo loro, fosse stato a tradirli, parlando di un tale “Rosario”.  «(…) è un approfittatore, è un approfittatore… mi sono pentito che gli ho dato quella cosa che pure che era brutta…» afferma Domenico Rizza. «Ora vedi che se non è ora, lunedì martedì dobbiamo andare a comprare questo bidone… mezzo chilo di fumo… se è che si aggiusta un poco la situazione…». Nonostante l’ingente sequestro subito, le indagini hanno permesso di accertare che il gruppo avesse comunque ancora nella sua disponibilità ulteriori armi e droga, sempre occultate in bidoni in plastica. È il 27 ottobre 2022 quando gli inquirenti intercettano un’altra conversazione rilevante tra Rizza e Riccelli. In questa circostanza, infatti, «Rizza – si legge nel fermo – aveva esternato dei dubbi su un bidone situato più a sud rispetto agli altri, affermando che se fossero entrati nel luogo dove era sotterrato questo bidone, sicuramente le forze dell’ordine lo avrebbero trovato. «Là non mi piace quello sotto… quello dove c’è il fumo non mi piace!» dice Rizza. «(…) si è creato un avvallamento… se si infilano là lo vedono!», replica Riccelli. «(…) ci dobbiamo mettere un poco di terra pure a quelli…».

Il secondo colpo della Squadra Mobile

Altro sequestro di grande importanza è quello del 5 dicembre 2022, effettuato dagli agenti della Squadra mobile di Catanzaro. In un appezzamento di terreno, infatti, in quel caso fu ritrovato un quantitativo considerevole di armi, tra cui una pistola Taurus e una Sig Sauer con annesso oppressore di suono, oltre che 15,6 kg di hashish chilogrammi, di cui sia Rizza che Riccelli avevano fatto riferimento più volte nelle conversazioni intercettate. Dopo il sequestro, gli inquirenti piazzano nei pressi del terreno un sistema di videosorveglianza. E i primi riscontri arrivano il 9 dicembre 2022 quando i due indagati insieme a Emanuele Enrico Le Pera, a bordo dell’autovettura intercettata, arrivano in contrada Cuturelle. I tre vengono così immortalati dalle telecamere. Riccelli, insieme ai complici, raggiunge l’area dove era stato rinvenuto il bidone con all’interno la sostanza stupefacente e, dopo aver aperto il tappo in plastica, segnalava con stupore a Domenico Rizza che non vi era più nulla.

La rabbia di Rizza

«(…) non preoccupatevi, non preoccupatevi… che ora ne succedono disgrazie! Non vi preoccupate a me mi hanno rovinato, mi hanno rovinato… mi hanno rovinato!». E ancora: «(…) se non riesco a vedere, deve morire tutta la famiglia, deve succedere una disgrazia guarda, in modo che saltano tutti in aria, il pezzo più grande quanto un mozzicone di sigaretta deve essere». Una volta capito che della droga e delle armi non c’era più traccia, i tre tornano in auto. I tre discutono e, in particolare, esplode la rabbia di Domenico Rizza che, oltre che lamentarsi di non poter più lavorare in queste condizioni, riferiva che qualcuno l’avrebbe pagata per il gesto compiuto ai loro danni. (g.curcio@corrierecal.it)

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