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‘Ndrangheta, il racconto del blitz: all’alba nella villa di Mancuso e il sequestro del villaggio turistico

“Le Iene” hanno documentato gli arresti di Domenico Cupitò e Francesco Mancuso, coinvolti nell’operazione “Imperium” dalla Dda

Pubblicato il: 17/01/2024 – 16:19
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta, il racconto del blitz: all’alba nella villa di Mancuso e il sequestro del villaggio turistico

VIBO VALENTIA Il blitz scattato all’alba, decine di appartenenti alla Guardia di Finanza che, alle 4 del mattino, bussano alla porta. Inizia da qui il racconto delle Iene nell’ultimo servizio di Luigi Pelazza che è riuscito a documentare alcuni degli arresti effettuati qualche mese fa nell’ambito di un’operazione contro la ‘ndrangheta effettuata nel territorio vibonese. Si tratta, in particolare, di “Imperium”, scattata a luglio del 2023, su impulso investigativo della Distrettuale antimafia di Catanzaro.  

Imperium

Telecamere in mano, “Le Iene” sono riuscite a entrare, insieme agli uomini dello Scico della Guardia di Finanza, in casa di Domenico Cupitò, alias “Pignuni”, classe ’59 di Nicotera, considerato intraneo alla cosca di ‘ndrangheta dei Mancuso di Limbadi. Secondo le accuse della Dda, Domenico Cupitò, «con il ruolo di partecipe, già sotto le direttive di Giuseppe “Peppe ‘Mbroglia” Mancuso, classe ‘49, e poi quelle del boss Luigi Mancuso, si prodigava, quale percettore degli introiti illeciti della cosca, a consegnare personalmente allo stesso Luigi Mancuso le somme di denaro che venivano prelevate, a opera di Assunto Natale Megna, dai soggetti incaricati della gestione del villaggio Sayonara». Per gli inquirenti, inoltre, Cupitò «avrebbe intestato fittiziamente le quote al 33,33% ciascuna ai propri figli della società “A.F.S. INVESTMENT S.r.l.” di Nicotera». Cupitò poi rinviato a giudizio, nelle udienze preliminari del processo ha chiesto di essere processato con il rito abbreviato. 

Le fasi dell’arresto

«Lasciate che mi lavo e che mi vesto» dice Cupitò ai finanzieri una volta entrati nella sua abitazione. «Pentiti di m…., ‘sti cornuti» esclama poi, riferendosi con ogni probabilità al collaboratore di giustizia, Emanuele Mancuso, che ai pm aveva fatto proprio suo nome. «È già due volte che mi arrestate, innocentemente, due volte». E così, mentre lo Scico perquisisce casa sua, Cupitò non perde mai la calma, dà un occhio alle carte giudiziarie, invita la moglie a fargli la valigia con dentro pigiama e medicine, mostrando “rispetto” alle forze dell’ordine: «Voi non c’entrate nulla, fate il vostro lavoro…». Poi però si rivolge ai figli: «Non lavorate più, fate domanda per il Reddito di cittadinanza, che mio figlio pure con il piede rotto è andato a lavorare», sebbene anche loro siano coinvolti nell’indagine. Leggendo le carte, Cupitò individua gli altri indagati e le accuse che gli sono state mosse. «Ma come le avete fatte ‘ste indagini?» chiede ai finanzieri, «io neanche le conosce ‘ste persone… Che sono indagato è normale, esce un pentito e mi nomina». Secondo le accuse, inoltre, grazie ai rapporti con la famiglia Mancuso, Cupitò sarebbe riuscito a entrare nei villeggi per rifornirli di generi alimentari. «Ecco la mafia, fatture di 30 o 40 euro. Faccio un villaggio da 40 anni e fatturavo 5 centesimi a cornetto». «Se questo è reato – chiosa – voglio morire in galera». A proposito di Cupitò, i legali fanno sapere che il Tribunale del Riesame di Catanzaro, in accoglimento delle censure difensive formulate dagli avvocati Massimo Biffa e Massimiliano Riga, entrambi del Foro di Roma, ha dichiarato «inammissibile l’appello formulato dall’ufficio di Procura avverso l’ordinanza cautelare del gip Gilda Romano» che aveva derubricato il reato di partecipazione in associazione mafiosa in concorso esterno. L’inammissibilità è dovuta al fatto che lo stesso Tribunale del Riesame, il 16 agosto 2023, aveva «annullato l’ordinanza cautelare, escludendo anche il reato di concorso esterno in capo allo stesso Cupitò. Pronuncia che non è stata impugnata dalla Dda con formale ricorso innanzitutto alla Corte di Cassazione, come documentati dalla Difesa, si è formato il giudicato cautelare».

A casa di “Bandera”

Stessa sorte spetta a un altro indagato nell’inchiesta della Distrettuale antimafia di Catanzaro, Francesco Mancuso, alias “Bandera”, classe ’71. Anche in questo caso le telecamere delle Iene entrano nella sua abitazione insieme agli uomini della Finanza. Secondo gli investigatori «riciclerebbe i proventi della cosca di ‘ndrangheta Mancuso» e, sebbene sia formalmente un agricoltore nulla tenente, «abita – osserva Pelazza nel servizio – in una villa a due piani da 600 mq su due livelli», dichiarando al fisco 600 euro l’anno. Oltre all’arresto, gli uomini della Guardia di Finanza gli comunicano anche il sequestro delle quote di una società di alimentari dal valore di oltre 2 milioni di euro con sede a Milano e intestata formalmente a un’altra persona, e un ristorante, oltre a conti correnti intestati a una prestanome. «Nonostante gli siano piombati a casa dieci uomini della Finanza per sequestragli tutto e arrestarlo – sottolinea Pelazza – Francesco Mancuso rimane calmo e disponibile». «Mancuso – spiega Pelazza – è un affiliato alla cosca e che, a fine anni ’90, ha sparato contro un altro soggetto senza riuscire a ucciderlo». Il Gico perquisisce la sua abitazione, e trova un fucile da caccia che verrà poi sequestrato. Anche in questo caso, l’indagato prepara la valigia con dentro il pigiama, spazzolino e dentifricio e soldi, per poi essere portato in carcere. 

Il sequestro del villaggio

Infine, le telecamere delle Iene arrivano fino al villaggio “Sayonara”, struttura finita proprio al centro dell’inchiesta della Dda, e documentano il sequestro notificato a Francesco Falsaperla e il relativo capo d’accusa. Secondo l’inchiesta, infatti, Falsaperla – già rinviato a giudizio – «si sarebbe adoperato per assicurare gli interessi economici della famiglia Mancuso all’interno della struttura ricettiva, rapportandosi con gli associati Assunto Natale Megna e Domenico Cupitò, sia per la selezione del personale da impiegare all’interno del villaggio, sia per la scelta delle forniture da imprenditori di riferimento della ‘ndrina». Il tutto avviene all’alba, all’insaputa degli ospiti della struttura, con i finanzieri che ne vanno mentre i turisti non si accorgono di nulla. (g.curcio@corrierecal.it)

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