Negli ultimi tempi gli agricoltori hanno deciso di scendere in piazza in alcuni Stati membri. Diverse le cause alla base delle decisioni.
In Germania, per far fronte alle conseguenze della sentenza della Corte costituzionale che ha ritenuto illegittima la costituzione di fondi fuori bilancio, il governo ha presentato una manovra straordinaria di correzione dei conti pubblici che prevede la soppressione delle agevolazioni fiscali al gasolio agricolo. Finora non è stato possibile raggiungere un’intesa e ulteriori manifestazioni sono già state programmate.
In Francia, nelle scorse settimane, gli agricoltori hanno contestato le proposte governative – poi ritirate – di aumentare il prelievo fiscale sull’acquisto di fitofarmaci e sull’acqua destinata all’irrigazione.
In Polonia, Ungheria e Romania, i produttori sono scesi in piazza per i contraccolpi economici provocati dall’aumento delle importazioni di prodotti agroalimentari dall’Ucraina. Il balzo in avanti è stato di quasi il 90% a livello UE rispetto ai livelli del 2021.
In Spagna, per ora, non si sono verificate manifestazioni pubbliche, ma la tensione è salita dopo l’aumento deciso dal governo del salario minimo interprofessionale del 5% a partire dal 1° gennaio. Il salario minimo si attesta ora a 1.134 euro lordi al mese per quattordici mensilità.
Vanno anche ricordate le proteste degli allevatori nei Paesi Bassi nella primavera dello scorso anno, per le misure del governo tese a ridurre la dimensione degli allevamenti, allo scopo di tagliare le emissioni di azoto. Nel 2019, il più alto tribunale amministrativo olandese ha stabilito che i piani fino ad allora realizzati non erano sufficienti per centrare gli obiettivi stabiliti dalla Ue.
Resta sullo sfondo il disagio del mondo agricolo in tutta l’Unione nei confronti del “Green Deal”, che ha posto, di fatto, il settore primario sul banco degli accusati. Le specifiche proposte della Commissione non hanno fatto tutta la strada prevista. Il Consiglio Ue, ad esempio, deve ancora prendere posizione sul progetto legislativo che prevede il taglio fino al 50% dell’uso di fitofarmaci e il Parlamento europeo ne ha chiesto formalmente il ritiro. Difficile, per non dire impossibile, siglare un’intesa prima delle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea di Strasburgo.
Entro gennaio dovrebbe partire il dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura annunciato dalla presidente della Commissione Ue. Nella circostanza, sarebbe opportuno prendere in esame anche le recenti decisioni assunte nel Regno Unito.
Durante la permanenza nell’Unione, i governi di Londra hanno sempre contestato la PAC ritenuta troppo costosa e burocratica. Ora è stato deciso di aumentare in via immediata del 10% i trasferimenti pubblici agli agricoltori e il varo di un nuovo stanziamento per favorire la transizione energetica e la diffusione delle innovazioni tecnologiche. L’obiettivo, è stato dichiarato, è quello di far coesistere la sostenibilità ambientale con quella economica, salvaguardando la produzione agricola nazionale che copre il 60% del fabbisogno interno.
Un cambio di rotta è indispensabile anche a Bruxelles. Il tema sarà senz’altro al centro della campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo.
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